Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva a lungo promesso l’annessione della valle del Giordano da parte dello stato sionista a partire dal 1° luglio. Pur essendosi conquistato i favori del suo ex rivale Benny Gantz, oramai ministro della difesa di Tel Aviv e futuro premier in ossequio all’accordo fra i due, “Bibi” ha dovuto affrontare una certa opposizione interna al piano, e neppure gli Stati Uniti hanno totale dimostrato convinzione nell’appoggiare i progetti espansionisti israeliani. Inoltre, il piano di annessione israeliano ha suscitato la reazione di re Abdullah di Giordania, che ha avvertito che se Israele dovesse avanzare con i piani per annettere parti della Cisgiordania, ciò potrebbe portare la Giordania a considerare non più valido l’accordo di pace di ‘Amman stipulato tra la monarchia hascemita e lo stato ebraico, con la conseguente possibilità di un conflitto armato di ampie dimensioni.

Tuttavia, siamo certi che Israele tornerà presto alla carica per occupare quello che resta della Palestina, in continuità con le politiche coloniali e di segregazione razziale che vengono portate avanti sin dalla nascita dello stato ebraico, ed in piena violazione di ogni forma di diritto internazionale. Per la precisione, il progetto prevedeva l’annessione unilaterale della valle del Giordano, equivalente al 30% del territorio della Cisgiordania, ed è sostenuto anche cosiddetto “piano di pace” proposto dal presidente statunitense Donald Trump. Nel frattempo, Netanyahu ha pensato di sfogare l’aggressività israeliana contro altri Paesi limitrofi, come la Siria ed il Libano.

Lo scorso 20 luglio, le difese aeree siriane hanno sventato un attacco missilistico israeliano, partito dal territorio occupato delle alture del Golan, che Israele ha illegalmente annesso nel 1967, contro la capitale Damasco. Secondo il governo siriano, diversi missili israeliani sono stati intercettati prima di raggiungere i loro obiettivi. Tale attacco si è verificato proprio nelle ore in cui la Siria andava al voto per le elezioni legislative, che hanno visto la vittoria Fronte Nazionale Progressista (al-Jabha al-Waṭaniyyah at-Taqaddumiyyah), la coalizione capeggiata dal Partito Ba’th Socialista Arabo (Hizb Al-Ba’ath Al-‘Arabi Al-Ishtiraki) del presidente Bashar al-Assad.

Gli attacchi israeliani contro la Siria non sono certo una novità, ma questi si erano interrotti nell’ultimo mese, visto che gli ultimi bombardamenti risalivano al mese di giugno, contro le città di Salamiya e Saburah. Ora il governo sionista sembra essere tornato alla carica, annunciando che tali operazioni si intensificheranno.

Ma a preoccupare è soprattutto l’aggressività israeliana nei confronti del Libano: il 28 luglio, il primo ministro libanese Hassan Diab ha accusato Israele di aver perpetrato un attacco al confine tra i due Paesi, considerandolo una violazione della sovranità di Beirut. Il governo israeliano ha affermato che l’attacco, risalente al giorno prima, sarebbe stato sferrato al fine di prevenire l’attraversamento del confine da parte dei paramilitari di Hezbollah (più correttamente Ḥizb Allāh, ovvero il “Partito di Dio”), che però hanno smentito tale operazione.

Sempre nella giornata di martedì, le forze di difesa israeliane hanno spostato alcune truppe militari al confine con il Libano. “Non consiglio a nessuno di testare l’esercito o Israele, siamo determinati a difenderci”, ha minacciato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Tuttavia, le autorità libanesi hanno sottolineato che Israele ha violato e continua a violare tuttora la sovranità di diversi Paesi arabi, occupando i loro territori militarmente e portando avanti operazioni belliche offensive nei confronti degli stati confinanti.

In risposta all’aggressione israeliana, il presidente libanese Michel Aoun ha dato ordine al Ministero degli Esteri di presentare una denuncia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (ONU), a proposito dell’aggressione, che ha considerato “una minaccia al clima di stabilità nel Libano meridionale“.

Il governo libanese ha richiesto l’intervento delle Nazioni Unite per l’applicazione della risoluzione numero 1701, adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 2006 per porre fine al conflitto con Israele. In questa risoluzione, il Consiglio di Sicurezza “chiede una piena cessazione delle ostilità, basata, in particolare, sull’immediata cessazione da parte di Hezbollah di tutti gli attacchi e l’immediata cessazione da parte di Israele di tutte le operazioni militari offensive” ed “al governo di Israele […] di ritirare le proprie forze”. Inoltre, la risoluzione “sottolinea l’importanza dell’estensione del controllo del governo del Libano su tutto il territorio libanese come previsto dalle disposizioni della risoluzione 1559 (2004) e della risoluzione 1680 (2006), e dalle disposizioni degli Accordi di Taif, per l’esercizio della sua piena sovranità, in modo tale che non possano esserci armamenti senza il consenso del governo del Libano e non possa esserci altra autorità che quella del governo del Libano” e “ribadisce inoltre il proprio forte sostegno, come previsto in tutte le sue principali, precedenti risoluzioni, per l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza politica del Libano all’interno dei confini riconosciuti dalla comunità internazionale, come contemplato dall’Accordo di armistizio generale israelo-libanese del 23 marzo 1949”.

Inutile dire che, tredici anni dopo l’approvazione della risoluzione, Israele continua a violare la sovranità del Libano, occupando ancora oggi parte dei territori del Libano del sud, come retaggio della guerra del 1982, così come continua ad occupare il territorio siriano delle alture del Golan e numerose aree riconosciute dagli accordi internazionali come appartenenti alla Palestina. Tali annessioni non sono riconosciute da nessun Paese del mondo, e sono state dichiarate nulle dalle risoluzioni dell’ONU numero 478 e 497.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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