Il 29 novembre si sono tenuti in Svizzera due referendum, denominati “Imprese responsabili – per proteggere gli esseri umani e l’ambiente” e “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico“. In entrambi i casi, l’esito del voto non ha permesso una svolta che sarebbe stata storica.

Il primo referendum aveva lo scopo di rendere le multinazionali con sede nel Paese responsabili delle violazioni dei diritti umani e dei danni ambientali commessi dalle loro filiali all’estero. La proposta formulata dalla Responsible Business Initiative (BRI) ha in realtà ottenuto una maggioranza di voti favorevoli, pari al 50.7% dei votanti, ma è stata bocciata in quanto la maggioranza dei cantoni che compongono la Confederazione Elvetica ha votato contro. Per tradursi in una modifica costituzionale, infatti, il referendum avrebbe avuto bisogno sia della maggioranza popolare che della maggioranza dei cantoni.

L’iniziativa, del resto, ha subito una importante campagna mediatica di denigrazione portata avanti dalle imprese e dal governo, secondo i quali tali regole avrebbero danneggiato le aziende svizzere in un contesto già caratterizzato dal rallentamento economico legato alla pandemia di coronavirus. Ora, il governo dovrebbe impegnarsi a far passare una legislatura meno stringente rispetto a quella proposta dalla BRI, mentre altri Paesi europei, come il Regno Unito o la Francia, già applicano una legislazione abbastanza stringente alle proprie imprese per quella che viene definita “responsabilità sociale”.

Andreas Missbach, direttore di Public Eye, una delle organizzazioni che ha preso parte all’iniziativa, ha affermato che è un peccato che le proposte più dure non siano state approvate, considerando che la maggioranza degli elettori svizzeri ha dato un parere favorevole. Oltretutto, il quesito referendario ha ottenuto vittorie abbastanza nette nelle quattro principali città della Confederazione: Zurigo, Ginevra, Basilea e la capitale Berna. Al contrario, Missbach ha bocciato la legislazione proposta dal governo, giudicata insufficiente e non in grado di risolvere i problemi messi in evidenza dalla BRI.

Nel corso della campagna referendaria, gli attivisti delle circa 130 organizzazioni non governative che hanno aderito alla BRI hanno portato diversi esempi di crimini commessi dalle multinazionali elvetiche all’estero, come nel caso di alcuni pesticidi tossici a lungo vietati in Svizzera che tuttavia vengono ancora venduti dal gigante dei prodotti agrochimici Syngenta nei Paesi in via di sviluppo. Un altro caso che ha avuto importante eco mediatica riguarda invece l’inquinamento da microparticelle causato da un cementificio di proprietà della multinazionale LafargeHolcim in Nigeria.

Diverso il parere di Vincent Simon, dell’associazione svizzera dei datori di lavoro EconomieSuisse, che ha accusato i promotori del referendum di aver “offuscato la reputazione della nostra economia”. Lo stesso Simon ha aggiunto di essere “convinto che le aziende svizzere siano piuttosto esemplari nel loro insieme”. Se sono così esemplari – viene da chiederci – perché allora hanno osteggiato in maniera così dura questo referendum?

Il secondo referendum, quello “Per il divieto di finanziare i produttori di materiale bellico“, invece, ha subito una sconfitta ancora più netta, visto che solamente il 42.55% degli elettori si è espresso favorevolmente rispetto al quesito. Se approvata, la proposta avrebbe impedito alle istituzioni svizzere, compresa la banca centrale, di investire in società che generano più del 5% dei propri ricavi dalla produzione di materiale bellico.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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