Intanto chiariamo un punto. Questo è un governo di destra. La sinistra è del tutto assente. Il recupero di vecchi strumenti di Forza Italia è compatibile con le misure draconiane che Draghi imporrà al Paese e che necessitano di una maggioranza, oltre che subordinata al Cesare, ampia, in modo da sveltire le pratiche “legislative”, come richiesto dalla centrale di comando europoide. Misure che i “sinistri” accetteranno non solo per amore delle poltrone ma perché, una volta che son stati ben ideologizzati e ammaestrati, ne saranno veramente convinti. E ne saranno “responsabili” e “solerti”, continuando a definirsi di sinistra, per meglio gabbare meglio gli ingenui e gli svagati di quello che approssimativamente potremmo chiamare popolo di sinistra.
Ne siano testimonianza giornaletti che si definiscono “quotidiano comunista”, riviste on line, tipo”Sbilanciamoci” che tra l’altro annovera, al suo interno, personaggi “pacifisti” che hanno fomentato la distruzione della Libia. Ne siano testimonianza i tanti sproloqui di “intellettuali” e di sindacalisti “radicali” nei talk show sulle nuove opportunità che si aprono con il nuovo governo, sugli interventi di miglioria che si potranno fare all’interno della coalizione Draghi. Demagoghi, che non informano sui reali processi in atto di spoliazione, che creano, a favore del potere della grande finanza, illusioni per sedare la popolazione, in modo che essa arrivi a fatti compiuti, mentre ascolta il piffero magico che la conduce verso un fossato dove si potrà usufruire di elargizioni “generose”, in forma di modesti sussidi, di elemosine, di qualche consistente appannaggio per chi saprà inchinarsi con maggiore devozione. Naturalmente a scapito di una vita vera, di libertà di espressione autentica, a scapito della perdita di dignità.
Ma facciamo parlare i numeri per avere una idea ancora più chiara ed articolata dello sfascio sociale ed economico verso cui i condottieri europeisti ci stanno portando.Ci chiedono di ridurre il rapporto debito-PIL dai livelli attuali (attorno al 160%) entro il 2030 al 135%, il che significa un avanzo primario del 2,5% annuo, un’enormità, con un forte aumento della tassazione (entrate) e una contrazione radicale della spesa pubblica (uscite). Terreno privilegiato il lavoro (bassi salari e bassi stipendi e relativa diminuzione dell’occupazione) Non saranno certo risparmiate le pensioni (aumento dell’età pensionabile e riduzione della pensione). Verrà tassata anche la prima casa mentre assisteremo a parole di fuoco contro l’evasione fiscale che non riguarderà le multinazionali (in primis il big tech) e che riguarderà invece il lavoro autonomo come target preferenziale. E innanzitutto la cancellazione del contante, pallino fisso della grande finanza, con il pretesto di combattere l’evasione fiscale e con l’obiettivo fondamentale di toglierci anche la libertà di spesa e di finire sotto il dominio assoluto delle banche e dei politici di governo che potranno, a loro piacere, chiudere i rubinetti, inventandosi stati di emergenza o di eccezione.
Appare ovvio perciò che gli investimenti pubblici, come già previsto nei piani di ripresa e di resilienza, saranno ridotti all’osso, nel settore ospedaliero come anche nell’istruzione e nella ricerca pubblica. Al diavolo l’idea di una medicina territoriale e di una scuola allargata ai piccoli comuni. Opere infrastrutturali sì ma quelle inutili e preziose per i gruppi di malaffare finanziario e politico, mentre sarà implementato il rafforzamento militare con ulteriori aumenti di spesa come imposto dall’alleato americano.
Per ritornare ai numeri, ricordo che l’Italia con i suoi contributi all’Unione Europea risulta creditrice e non debitore, favola di marca nord Europa, che la pioggia di denaro osannata dal giornalismo mainstream che giudica parte dei fondi del recovery a fondo perduto non è a fondo perduto e dovrà essere restituita e che la parte più consistente, da restituire con interessi, sarà concessa con forti discrezionalità sulle scelte e sulle modalità di spesa che, grazie al proconsole Mario Draghi dovranno essere effettuate, favorendo le grandi imprese, le privatizzazioni, il fallimento di gran parte delle medie e piccole imprese e l’ulteriore marginalizzazione dello stato.La Banca d’Italia prevede per i prossimi 4 anni una crescita annua del PIL dello 0,5%, mentre sarebbe ovvio che, per operare una reale risalita, la crescita dovrebbe essere superiore almeno al 5%, con scelte razionali in favore della popolazione e non della speculazione privatistica che con Draghi, Colao, Cingolani, Giorgetti… veleggerà senza pudore.
Diranno i tanti stupidi che inquinano stampa e televisione che non ci sono soldi, che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, che non possiamo non ricorrere all’austerity per affrontare l’abisso del debito.A costoro dico che vi è una grande richiesta dei BPT, soprattutto dal mondo asiatico e che potremmo venderne a tassi bassi più di 100.000 miliardi. Non solo, dato che i frugali cittadini italiani hanno 4.000 miliardi di risparmi in banca (bottino succulento per le banche d’oltre Alpe), potremmo vendere in patria ed avere quella capacità di spesa, tramite una sovranità politica ed economica riconquistata. Secondo l’Istat, 16,4 milioni di italiani sono a rischio povertà ( 27,3%). Forse rientrano nell’agenda del governo Draghi e della grande maggioranza acquisita?
Così come non ce ne facciamo niente del MES, altrettanto dicasi del Recovery Fund.Così come non ce ne facciamo niente dell’Unione Europea. Ma quanto ancora dobbiamo essere presi a calci in faccia, subire lo scherno, l’umiliazione di essere giudicati dei nullafacenti? E, soprattutto, accettare di essere governati da individui ostili ai diritti sociali e alle aspirazioni alla democrazia e alla pace?

Di Antonello Boassa

Contro le guerre imperiali innanzitutto, contro le guerre valutarie e del debito, contro le politiche neoliberiste. Contro lo sfruttamento dei lavoratori e dei popoli, contro la devastazione del pianeta, in difesa dello stato sociale e della libertà e dell'uguaglianza sociale di tutte e di tutti, in difesa del mondo animale, Antonio scrive anche per L'Interferenza

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