Immagine di un massacro, avvenuto durante il genocidio


Francesco Cecchini


Sono trascorsi ventisette anni dal genocidio in Ruanda, uno dei momenti più bui e drammatici del Ventesimo secolo.
Il 6 aprile 1994 l allora presidente del Ruanda Habyarimana e quello del Burundi Cyprien Ntaryamira, entrambi di etnia hutu, muoiono in un misterioso incidente: laereo sul quale viaggiano viene colpito da un missile mentre sta per atterrare allaeroporto di Kigali, capitale del Ruanda. I responsabili non verranno mai scoperti, ma lipotesi più accreditata porta ad estremisti hutu insoddisfatti dallaccordo di pace che avrebbe dovuto mettere fine alla violenza e allodio e far rientrare migliaia di persone di etnia tutsi in Ruanda.
Laccaduto viene preso come scusa per accusare i ribelli tutsi del Fronte patriottico ruandese (Fpr), guidati da Paul Kagame, e cominciare il loro sterminio. Dal giorno seguente, il 7 aprile 1994, ha inizio quello che è stato poi definito genocidio del Ruanda, lepisodio più violento e sanguinoso del Ventesimo secolo dopo la Seconda guerra mondiale: ha portato alla morte di un numero di persone (per la maggior parte tutsi) compreso tra 800mila e 1.071.000 in cento giorni. Uccise a colpi di machete, bastoni e armi da fuoco. Il massacro termina alla metà di luglio 1994 con la vittoria del Fronte patriottico ruandese (Rpf) guidato da Paul Kagame, attuale presidente, sulle forze governative.
A 27 anni di distanza, il Tribunale penale internazionale per i crimini commessi in Ruanda sta ancora portando avanti un lavoro di ricerca per condannare i responsabili anche se si tratta di un processo delicato e complicato. I carnefici, infatti, non sono identificabili facilmente perché ogni persona di etnia hutu avrebbe dovuto partecipare al massacro. Chi si fosse rifiutato sarebbe stato ucciso a sua volta. Per questo motivo si stima che le persone coinvolte nel genocidio sarebbero oltre mezzo milione tra mandanti, esecutori e altri crimini. Delle difficoltà né è prova l’ assoluzione il 31 marzo scorso di Félicien Kabuga, che era, tra l’ altro accusato di aver creato, insieme ad altri, le milizie hutu Interahamwe, le principali organizzazioni armate del genocidio contro i tutsi del 1994. E per aver usato la sua fortuna, proprietario di centinaia di ettari di coltivazioni di tè, di molti beni immobiliari, nonché di una grossa azienda di import-export, per consegnare, tra l’ altro, migliaia di machete ai miliziani. E’ stato l’ ex presidente della famigerata Radio Télévision Libre des Mille Collines (RTLM), che trasmise appelli per l’uccisione di tutsi, che chiamava scarafaggi, e ha contestato con successo tutte le sette accuse contro di lui. Tra le quali figurano genocidio, complicità in genocidio e istigazione al genocidio.
Si parla molto del ruolo della Francia nel genocidio in Ruanda. Il rapporto della Commissione Duclert, nove membri, storici e ricercatori, presieduta dallo storico Vincent Duclert, denuncia le gravi responsabilità politiche e morali di Parigi. “Il fallimento della Francia in Ruanda (…) può essere paragonato a unultima sconfitta coloniale tanto più grave perché Parigi ha avuto una responsabilità politica, istituzionale e morale nel genocidio perpetrato nel 1994”. Al termine di due anni di ricerche, i membri della Commissione Duclert hanno pubblicato il loro voluminoso rapporto sul ruolo della Francia in Ruanda tra il 1990 e il 1994, poco dopo averlo illustrato ufficialmente al presidente Emmanuel Macron, che lo aveva comissionato. Nel 2008, l’attuale governo ruandese di Paul Kagame accusò i francesi non solo di conoscere i preparativi per il genocidio, ma anche di aiutare a formare le milizie, sia l’ esercito regolare che l’ interahamwe. “Gli amici mi avevano spiegato che gli istruttori, in alcuni casi francesi, mostravano loro come uccidere con un’arma, tagliare la carotide o recidere i tendini; mi sono rifiutatadi crederci”, scrisse Colette Braeckman, una giornalista che all’epoca era in Ruanda
Già nel 1995, un anno dopo il genocidio, lo storico Gérarad Prunier, nel suo lavoro History of a Genocide, aveva dedicato un capitolo, una ventina di pagine, allOpération Turqoise. Lanciata il 22 giugno 1994, l Opération Turqoise, francese, oltre a obiettivi umanitari, indubbiamente sono state salvate vite umane, ha avuto anche lobiettivo di combattere il Fronte patriottico ruandese (RPF), la ribellione, essenzialmente Tutsi, che stava combattendo contro le forze governative hutu responsabili per il genocidio. Inoltre la Francia ha riarmato l ex esercito delle Forze armate ruandesi in esilio dopo il genocidio dei Tutsi. Vennero date decine di migliaia di armi, abbiamo trasformato i campi profughi dello Zaire, ora Congo, in basi militari.

Copertina del libro di Gérard Prunier

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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