A Makallé i tigrini festeggiano il cessate il fuoco.


Francesco Cecchini


Sotto il cielo dell’ Etiopia grande è la confusione e ancor più grande è la sofferenza delle popolazioni, in particolar modo quelle del Tigray. Assassinii, carneficine, come quella di Aksum, spostamenti forzati in Sudan, miglia di persone ridotte alla fame, migliaia di donne e bambine vittime di stupri. Inoltre la presenza di soldati eritrei e somali fanno pensare a pulizia etnica. Inoltre dallinizio del conflitto, sono morti 12 operatori umanitari, tra i quali 3 Medici Senza Frontiere, Maria Hernandez, coordinatrice dell’emergenza nella regione, spagnola, Yohannes Halefom Reda, etiope, assistente coordinatore, e Tedros Gebremariam Gebremichael, autista etiope
Il conflitto nel Tigray iniziò 4 novembre 2021. La ragione ufficiale fu un attacco delle forze tigrine a una base federale, in realtà la vera ragione furono le elezioni convocate a settembre 2020 dalle autorità tigrine contro il confinamento nazionale imposto da Addis Abeba, a causa della pandemia.

Mappa dell’ Etiopia e del Tigray
Dopo circa 7 mesi, lo scorso 28 giugno il governo dell’ Etiopia ha deciso di fare una tregua. Il testo è il seguente: “Affinché gli agricoltori possano coltivare pacificamente, che gli aiuti umanitari possano essere distribuiti al di fuori di ogni attività militare, che le forze residue del TPLF possano riprendere il cammino della pace (…), da oggi è stato decretato un cessate il fuoco unilaterale e incondizionato” In realtà il motivo non è umanitario da come risulta da testo del comumunicato, ma è dovuto alla difficoltà del governo centrale etiope di controllare politicamente e militarmente il Tigray. Infatti sembra che il TPFL (Tigray Peoples Liberation Front) e il suo braccio armato il TDF Tigray Defense Forces siano entrati in una Makallé in festa prima del cessate il fuoco. Inoltre TPLF e TDF avevano già riconquistato alcune città tigrine, prima del 28 giugno.
E’ importante che la tregua non sia un ritiro tattico che fa comodo al governo etiope in difiicoltà, ma diventi pace permanente, non solo per i popoli del Tigray, ma per tutti i popoli del Corno d’ Africa. Per questo obiettivo ha un ruolo fondamentale l’ ONU, che deve intervenire. Significative sono le recenti dichiarazioni del suo segretario generale, Antonio Guterres: ” E’ essenziale che i civili siano protetti, che gli aiuti raggiungano le persone bisognose e che si trovi una soluzione politica”.

Abiy Ahmed, premio Nobel per la pace, in divisa militare.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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