Siamo alla fine della nostra prima estate in condizioni di libertà per alcuni, ma ancora in esilio per altri. Questo tempo di ricongiungimento familiare è anche accompagnato da un nuovo corso politico che sarà diverso per molti aspetti e forse, purtroppo, abbastanza uguale per altri. Da un lato, sarà diverso perché lavoreremo con ancora maggiore determinazione e forza, e – perché no? – con speranza, di fronte alle grandi sfide, come il negoziato con lo Stato spagnolo, l’internazionalizzazione del caso catalano, e la risposta alle sfide sociali ed economiche. D’altra parte, sarà un corso come i precedenti perché, nonostante alcuni di noi godano già della libertà, la repressione dello Stato spagnolo, lungi dal cessare, continua.

di Oriol Junqueras e Marta Rovira*

Abbiamo ancora molta strada da fare, ma sappiamo che siamo pronti a superare gli ostacoli della repressione e della persecuzione politica.
Abbiamo più di 3.300 persone che sono state oppresse per anni nel nostro paese, sia appartenenti all’ambito istituzionale e politico sia esponenti della società civile, attivisti e manifestanti. Abbiamo anche una Corte dei Conti che non ferma la sua persecuzione, pur sapendo che sequestrando le nostre case stanno in realtà sequestrando le case delle nostre figlie e dei nostri figli. Nessuna democrazia al mondo dovrebbe permettersi il lusso di rivalersi sui figli e le figlie della dissidenza politica. Nessuna democrazia al mondo dovrebbe strumentalizzare la giustizia per frenare i rivali politici.
Noi, però, siamo democratici, repubblicani e indipendentisti, e vogliamo mettere il futuro di questo paese nelle mani della democrazia, di cui siamo i garanti. Ecco perché non vogliamo rinunciare all’amnistia e al referendum sull’autodeterminazione. Non ci rinunceremo perché lottare per la libertà del nostro popolo è, allo stesso tempo, lottare per la libertà del nostro paese, e perché lottare, a sua volta, per l’indipendenza è un dovere che abbiamo verso la società se vogliamo che sia pienamente libera, giusta e dignitosa.
Quattro anni fa fummo capaci di mettere sul piatto della bilancia i voti che, in qualsiasi democrazia, sarebbero stati una ragione convincente per vincere. Ma poi abbiamo anche imparato che lo stato spagnolo era pronto a mettere tutto sull’altro piatto della bilancia: repressione da parte della polizia, prigione e persecuzione, non voti. Per questo, come garanti della democrazia, dalla nostra parte della bilancia ci saranno molti più voti, i voti di milioni di persone, e questo peserà molto più di tutta la repressione dello Stato spagnolo.
E quando le sentenze giudiziarie europee smaschereranno il fatto che sul loro piatto della bilancia c’è solo la repressione, allora potremo usare questa finestra di opportunità a favore della nostra causa. Sappiamo che questo momento arriverà. Siamo convinti che una sentenza della Corte europea dei diritti umani renderà inutile tutto ciò che loro hanno messo sul piatto. E sarà proprio in quel momento che ci troveremo nelle migliori condizioni, perché, nel frattempo, avremo potuto tessere alleanze e avremo potuto lavorare a tutti i livelli e in tutti i territori, senza sosta.

Siamo convinti che questo squilibrio molto evidente farà barcollare la bilancia, perché l’Europa ha già dichiarato, attraverso la sua Assemblea parlamentare, che la soluzione non deve essere altro che la democrazia e il referendum, e propone inoltre la via del “dialogo costruttivo” per raggiungere una soluzione democratica del conflitto politico.
Inoltre, ogni volta che il Consiglio d’Europa, il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite o la Corte europea dei diritti umani si rivolgono a noi, mettono in chiaro che la volontà di negoziare e di dialogare deve essere la nostra bandiera. Questa stessa volontà non può in ogni caso essere letta come una scusa, e nemmeno come uno strumento in più, ma piuttosto come uno strumento indispensabile. Sappiamo che senza il riconoscimento internazionale non c’è indipendenza che possiamo gestire. Tocca quindi a noi essere i campioni della negoziazione.

Ora è il momento di agire alla luce delle lezioni che abbiamo imparato. Dobbiamo essere di più, essere molti e più forti per dimostrare alla comunità internazionale che siamo noi i massimi garanti del negoziato. Perché, se sosteniamo questo negoziato politico, sarà la stessa comunità internazionale ad avallare l’indipendentismo. Cogliamo, quindi, l’opportunità del negoziato come uno dei modi migliori per realizzare il sogno della Repubblica catalana. Perché di fronte alla persecuzione, all’estorsione economica e alla repressione, l’indipendenza è, più che mai, un dovere che abbiamo nei confronti di tutta la società per renderla libera e giusta e per garantire la dignità delle persone, di tutte le persone.

*Presidente e segretaria generale di Esquerra Republicana

http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/la-finestra-di-opportunita-che-si-apre-per-la-catalogna/

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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