Il marketing politico da sempre presenta un’immagine idealizzata dei “protagonisti”, ma nel servizio su Olena Zelenska emerge una concezione di casta che mette distanza.

Il marketing politico e Olena Zelenska

Di Andrea Zhok*

In guerra la propaganda l’ha sempre fatta da padrona, e della propaganda fa parte naturalmente anche il presentare un’immagine idealizzata dei “protagonisti”, in modo da venire incontro alle aspettative e al gusto del pubblico.

Guardando al servizio predisposto su Vogue per glorificare la sig.ra Zelensky non deve fare particolarmente specie che si tratti di un’ovvia operazione di marketing politico. Certo, che a farlo sia una rivista patinata americana per una “first lady” ucraina qualche domandina geopolitica la porrebbe, ma tant’è, oramai solo una manciata di pasdaran della disinformazione fingono ancora di credere che quella in Ucraina sia una guerra russo-ucraina e non una guerra per procura tra USA e Russia.

No, ciò che colpisce e lascia basiti è come durante una guerra che macina centinaia di cadaveri ogni giorno da mesi e che sta facendo dell’Ucraina un cumulo di detriti tra i campi di grano, l’autorevole sguardo propagandistico occidentale pensi ovvio proporre un’immagine glamour e posh della “first Lady” (e simultaneamente del marito).

Ciò che colpisce è come non vi sia la minima percezione del fatto che un servizio fotografico come questo sia come un plotone di unghie sul polistirolo per chiunque non abbia un’anima già completamente plastificata.

Siamo di fronte ad una cacofonia spirituale pazzesca e che ci sia chi non la percepisce è un indice angosciante dei tempi in cui viviamo.

Durante la seconda guerra mondiale la principessa Elisabeth, destinata ad ascendere al trono, venne anche naturalmente immortalata più volte in compiti e ruoli atti a comunicare un’immagine della monarchia e dunque dei vertici del potere britannico che fosse all’altezza delle aspettative. Era propaganda anche quella naturalmente.

Solo che la principessa veniva immortalata quando cambiava le gomme dell’auto o riparava motori o svolgeva altri compiti riservati all’Auxiliary Territorial Service cui era assegnata per dare il proprio contributo al paese in guerra.

Il messaggio di quelle foto di propaganda britannica era, più o meno: “I nostri capi sono con noi, sono tra di noi, sono parte del grande sforzo comune e sono tenuti a sostenerlo.”

Il messaggio del servizio su Olena Zelenska è, più o meno: “Guardate quanto sono fighi i nostri superiori, quanto conducono una vita esclusiva e patinata, quanto sono inarrivabilmente superiori a voi, plebe.”

L’appello motivazionale del primo tipo comunicava la necessità anche per i ceti superiori di esibire una dimensione di appartenenza, comunanza, partecipazione, pena non essere credibili.

L’appello motivazionale del secondo tipo ritiene invece di comunicare anche per i “ceti inferiori” l’idea di aspirare all’”esclusività”, alla separazione, in un mondo ideale in cui tutti, se solo abbastanza motivati, potrebbero rivestire i panni di duchi, marchesi o monarchi: un mondo di soli comandanti iperborei.

Che si sia persa la consapevolezza che – mentre, ogni minuto che passa, uomini comuni vengono mutilati o seppelliti al fronte – è indecente proporre un’immagine di leadership come casta superiore, beh questo è segno chiaro di un’epoca di decadimento senza fondo.

Andrea Zhokfilosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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