Che cosa si sta vedendo in questi giorni sul campo di guerra in Ucraina? Moltissimi droni: e se il loro utilizzo da parte ucraina non è una novità, lo è, e grande, il loro utilizzo da parte russa. Con delle significative differenze di impiego che andiamo a esaminare.

Di Francesco Dall’Aglio*

Guerra in Ucraina, i giorni dei droni

Da una settimana circa l‘Ucraina ha avviato una campagna più mediatica che militare che comporta atti di sabotaggio alle installazioni militari russe in Crimea.

Questa campagna si rende necessaria per due motivi principali: il primo è che l’esercito ucraino non è in grado di sottrarre l’iniziativa strategica a quello russo né di operare contrattacchi efficaci recuperando territorio occupato; il secondo è che le armi arrivate tempo fa, segnatamente i famosi HIMARS, hanno fatto ciò che dovevano fare e, come tutte le altre superarmi fin qui impiegate, si sono rivelate (ma nessuna persona seria ne dubitava) sostanzialmente inutili nell’economia generale del conflitto, fatti salvi alcuni attacchi che hanno avuto successo su singoli obiettivi

I ponti su cui transitano le truppe russe continuano a operare, le linee logistiche non sono state interrotte né rallentate.

La scelta della Crimea è ovviamente una scelta propagandistica, visto il fatto che si tratta della pietra dello scandalo nelle relazioni tra Ucraina e Russia; essendo inoltre considerata dai russi come Russia, questi attacchi vengono considerati a tutti gli effetti come “attacchi sul suolo russo”, con il conseguente ovvio vantaggio propagandistico sia per il morale interno che per l’opinione pubblica occidentale (siamo quasi a settembre, ricordo a tutti).

Le operazioni di sabotaggio però sono rischiose e l’FSB si è messo subito al lavoro con una raffica di arresti sia nei territori occupati che in Crimea e Russia. Resta aperta, quindi, la strada dei droni.

Colpire per il morale più che per l’efficacia

Usare i droni in Crimea consente innanzitutto di scoprire dove sono posizionate le difese antiaeree russe, e di verificare la loro reattività (molto alta); e poi di mettere a segno qualche colpo, come quello a Sebastopoli, di valore militare prossimo allo zero ma di valore propagandistico (per l’Occidente) elevato.

Questi attacchi sono destinati ad aumentare, soprattutto considerando che si avvicina il 24 agosto, festa dell’indipendenza ucraina, e mettere a segno un colpo d’effetto (sempre propagandistico) è probabilmente una necessità (ma attenzione a questi ragionamenti: anche la Russia ci si aspettava facesse chissà che il 9 maggio e niente è successo). Festa o non festa, ad ogni modo, gli attacchi continueranno, perché sono economici (nei limiti) e propagandisticamente efficaci

Sull’efficacia militare, il comando ucraino ha probabilmente perso da tempo le speranze di fare qualcosa di significativo. Ma uno sciame di droni mandati a scaglioni, per attivare le difese antiaeree e mandare altre ondate nelle operazioni di ricarica, qualche effetto anche pratico lo potrebbe avere.

L’uso dei droni da parte russa

Innanzitutto, la contromisure per i droni nemici, oltre ovviamente a un aumento della sorveglianza (in Crimea si stavano rilassando un po’ troppo), è quella di schierare contro i droni sistemi d’arma più leggeri: inutile lanciare un S-400 per un drone da 50 euro con carico bellico equivalente a una bomba a mano.

Il semovente antiaereo Pantsir-S, che è la difesa di elezione per le installazioni militari, è stato appena dotato di un nuovo munizionamento: ognuno dei 12 missili antiaerei di cui è fornito può essere sostituito da quattro mini-missili, portando a 48 il totale dei colpi sparabili senza necessità di fermare le operazioni e ricaricare.

L’efficacia di questi mini-missili su un aereo o su un missile balistico è dubbia, sui droni è invece molto alta.

Per quanto riguarda invece l’impiego dei droni da parte russa, va detto che il gap che aveva tormentato la Russia nei primi mesi del conflitto si è risolto, o almeno è in via di risoluzione.

Un nutrito contingente di operatori è stato formato, un nutrito contingente di droni prodotto o acquistato (basta andare su Alibaba e te li portano a casa), ma l’impiego è molto diverso da quello ucraino. La Russia non ha bisogno di nuovi mezzi per colpire oltre le linee nemiche: ha bisogno di dirigere efficacemente il fuoco a livello di squadra, ed è quello che sta facendo adesso.

Il motivo per cui il comando russo non aveva mai creduto troppo ai droni (ricredendosi subito in occasione dell’ultimo conflitto tra Armenia e Azerbaijan, dominato dagli azeri proprio grazie all’uso dei droni, sia d’attacco che d’osservazione – ma ormai era tardi per cambiare dottrina tattica) è la sua sovrabbondante superiorità in termini di artiglieria e missili.

Perché investire risorse e personale nei droni, ci si è chiesto anni fa a Mosca, quando puoi saturare aree di svariati chilometri quadrati col fuoco dell’artiglieria o dirigere un missile balistico via satellite? Perché questa cosa è sicuramente valida in campo aperto ma non lo è affatto in ambiente urbano o semi-urbano, dove radere al suolo gli edifici non necessariamente neutralizza le posizioni avversarie (per fare un esempio abbastanza noto, considerate l’abbazia di Montecassino prima e dopo i bombardamenti alleati), e dove è necessaria una grande precisione di tiro in tempi brevissimi e su aree ristrette.

Questo è ancora più valido nel Donbas, dove tutti i paesi sulla linea del fronte sono stati fortificati quasi in maniera parossistica.

I droni nello scenario del Donbass

L’utilizzo dei droni consente ora ai comandanti di squadra di richiedere, e ricevere, fuoco preciso non più su un quadrante, ma su un singolo edificio o su parti di esso. Il fermo immagine della foto di copertina ne è una prova.

È un filmato di qualche giorno fa, girato a Marinka: dura alcuni minuti e segue (dai droni appunto) una squadra di fanteria ucraina che prende riparo negli edifici (noterete nella foto che nessun palazzo ha più il tetto ma che sotto il paese c’è un reticolo di passaggi coperti, parte dei quali portati allo scoperto da settimane di bombardamenti.

Uno di questi passaggi taglia perpendicolarmente la strada principale, ma ormai è esposto in più punti). I droni li seguono casa per casa: a ogni sosta, dirigono il fuoco di precisione sull’edificio in questione, obbligandoli a cambiare riparo.

Il frame in questione è l’impatto di un colpo sul muro est di un palazzo: si notano frammenti di parete volare in direzione opposta all’angolo di arrivo, mentre parallelamente si vede l’onda d’urto attraversare la stanza per andare a sfracellare il muro dell’edifico accanto.

Di filmati così ormai ne girano parecchi, alcuni dei quali piuttosto cruenti, come è facile immaginare (tipo uno della settimana scorsa in cui un plotone sloggiato dalle trincee dai colpi incendiari fugge disordinatamente nei campi e viene eliminato dai colpi di mortaio corretti dai droni di osservazione. Non è un bello spettacolo e non lo allego qui).

Questa è la guerra moderna. Propaganda e droni, e venire colpiti da un nemico che non riesci nemmeno a vedere.

* ripreso da Francesco Dall’Aglio ricercatore dell’Istituto di Studi Storici dell’Accademia delle Scienze di Sofia (Bulgaria).

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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