Abiy Ahmed, presidente dell’Etiopia, premio Nobel per la pace in tenuta da guerra contro il Tigray.


Francesco Cecchini

 Riprende la guerra nel Tigrai, la regione nel nord dell’Etiopia, sconvolta dal conflitto scoppiato nel novembre 2020.
“Le forze etiopi, insieme alle forze speciali e alle milizie Amhara, hanno iniziato un attacco su larga scala intorno alle 5 (di oggi 24 agosto) in direzione di Alamata, nel Tigrai meridionale” afferma un comunicato delle forze tigrine. Accuse respinte dal governo etiope che confermando la ripresa dei ha però affermando che sono stati i tigrini ad attaccare. “Ignorando le numerose offerte di pace presentate dal governo etiope le forze ribelli del Tigrai hanno lanciato un attacco oggi alle 5 in un’area situata nel sud del Tigrai rompendo la tregua” afferma la nota del di Addis Abeba.
Ieri, 23 agosto, l’esercito federale etiope aveva accusato le forze tigrine di propagare notizie false affermando invece che erano i tigrini a prepararsi ad attaccare le posizioni etiopiche.
I combattimenti interrompono la tregua decisa a fine marzo e finora rispettata.
Dopo due anni di guerra, che ha causato oltre 500mila morti e migliaia di feriti, milioni di sfollati interni e oltre 70mila all’estero; che ha provocato una crisi umanitaria senza precedenti, mettendo a rischio sicurezza alimentare milioni di persone in tutto il nord del paese (regione Ahmara e Afar comprese) un’uscita politica e diplomatica dal conflitto si allontana ancora una volta.
Ciò che è chiaro è che la mediazione dell’Unione Africana e della Comunità Internazionale non ha sortito alcune effetto tra le parti in causa.
Ancora una volta, l’arrivo degli aiuti umanitari e la ripresa dei servizi essenziali nella regione, passa in secondo piano. La guerra si riprende il palcoscenico, e la gente muore. Il Comitato norvegese del Premio Nobel per la pace  ha rilasciato tempo fa una dichiarazione inusuale: ha chiesto al  vincitore nel 2019 del Nobel, il primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, di porre fine alla guerra da lui stesso dichiarata nella provincia settentrionale del Tigray il 5 novembre. Il Comitato reagito con profonda preoccupazione per lo scoppio del conflitto nel Paese africano e ha affermato che è responsabilità di tutte le parti coinvolte porre fine all’escalation di violenza e risolvere disaccordi e conflitti con mezzi pacifici.


Mappa dell’Etiopia con il Tigray in rosso

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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