Da qualche mese a questa parte vari gruppi di studentesse e studenti di tutta Italia stanno portando avanti una protesta contro il muro costruito da buona parte dei rettori e professori universitari contrari al proseguimento della didattica mista a prescindere dalla pandemia.

Il Covid ha portato un’enorme rivoluzione tecnologica in tantissimi settori. All’Università ha portato alla didattica online, che ha permesso a tantissime persone, impossibilitate a seguire lezioni in presenza, di usufruire di quello che dovrebbe essere un diritto inalienabile, ossia il diritto allo studio. Grazie alla DAD studenti lavoratori, caregiver, in condizione di malattia temporanea o permanente, di invalidità, genitori, giovani con difficoltà economiche, studenti pendolari, hanno avuto accesso alle lezioni e quindi alle spiegazioni dei/delle docenti, potendo così sostenere gli esami da frequentanti ed essendo molto agevolati nello studio. Nei vari gruppi di studenti, di cui Unidad è il fulcro a livello nazionale, sono tante le testimonianze, ad esempio, di genitori con figli piccoli, disabili, studenti e studentesse che vivono all’estero o lontano dalla sede universitaria, malati oncologici, che in questi due anni di DAD sono riusciti a sostenere molti esami e con risultati eccellenti, cosa che non sarebbe stata possibile prima dell’introduzione della DAD.

Un enorme passo avanti verso una vera inclusione, che però viene rifiutata categoricamente da molti rettori e professori, che avanzano diverse obiezioni.

Alla richiesta di studenti e studentesse a favore della didattica mista, che in questi mesi si sono uniti in comitati e associazioni varie, il no categorico è stato giustificato con le seguenti motivazioni:

– Esistono le università telematiche: a questo è facile rispondere che le università telematiche sono università private, con costi altamente proibitivi per studenti con difficoltà economiche, che non possono quindi usufruire delle agevolazioni economiche su base ISEE. Inoltre, molti corsi di studio non sono attivati nelle università telematiche.

– L’università è sempre stata così, perché prima della pandemia andava tutto bene? In realtà non andava tutto bene, ma non si era ancora arrivati a capire quali potessero essere le enormi potenzialità di uno strumento come quello che è stato prontamente attivato in fase emergenziale. Quando si scopre qualcosa che porta benefici, perché tornare indietro? Anche questa è evoluzione, è modernità. Tra l’altro, i costi sono già stati sostenuti, le strutture già implementate: che senso ha abbandonarle?

– L’università è socializzazione, interazione: lo è e deve continuare ad esserlo, per chi può frequentare, ma una cosa non esclude l’altra. In mesi e mesi di DAD si sono sperimentate varie forme di interazione anche online, e il beneficio di pochi non può escludere il beneficio di molti.

Tra l’altro la didattica mista risolverebbe alcuni problemi che in oltre vent’anni ancora persistono:

– Scarsa capienza delle aule: le foto rappresentano situazioni all’ordine del giorno. Queste sono state scattate ieri in alcune aule di Unibo. Molti studenti in questi giorni hanno ricevutomail simili a questa in cui si specifica che “non saranno ammesse presenze al di là della capienza prestabilita delle rispettive aule, coincidenti col numero di posti a sedere. In caso di sovraffollamento, i/le docenti, che sono responsabili della sicurezza d’aula, dovranno invitare chi è in soprannumero ad abbandonare l’aula”. Di conseguenza, studenti che pagano le tasse, che hanno preso un treno o pagano un affitto per poter frequentare, possono diventare un “soprannumero”. Sarebbe molto più semplice attivare la didattica integrata e permettere a tutti di seguire, ma perché questo non viene fatto?

– Affitti astronomici e difficoltà di trovare appartamenti: in particolare Bologna negli anni è diventata città sempre più a vocazione turistica, con il risultato che i numerosi appartamenti che un tempo venivano affittati agli studenti, ora vengono affidati a siti di gestione di case vacanza. Inoltre, l’aumento generale del costo della vita, ha fatto salire i prezzi degli affitti alle stelle, e la costruzione di nuovi campus non riuscirebbe a soddisfare la sempre crescente richiesta.

– Aumento dei costi dell’energia e inquinamento: sappiamo che ci aspetta un inverno duro dal punto di vista economico, in cui si chiedono sacrifici a tutti, privati e aziende, per risparmiare sugli approvvigionamenti energetici. La didattica mista porterebbe un enorme risparmio, senza contare l’aspetto ambientale, perché molti pendolari potrebbero evitare di muoversi.

– Sovrapposizione degli orari di lezione: in molte facoltà, prime fra tutte quelle di lingue straniere, gli orari delle lezioni si sovrappongono; le lezioni registrate permetterebbero di non dover essere costretti a scegliere quali materie seguire e organizzarsi con appunti di altri.

Resta dunque, per tanti giovani con difficoltà varie e tanti adulti che vogliono riprendere gli studi, un grande punto interrogativoche davvero è senza una risposta plausibile: perché un rifiuto così netto della didattica mista?

In allegato il manifesto di studentesse e studenti di Bologna.

Un esercizio di scrittura che ha tentato di circoscrivere in poche pagine, molte grida

MANIFESTO PER IL MANTENIMENTO DELLA DIDATTICA IBRIDA


“Se la vita si allontana dallo studio, lo studio si avvicina alla vita”

Le origini
Le studentesse e gli studenti universitari di Bologna si sono raccolti in gruppo (telematico) per poter dare voce ai propri pensieri per quanto concerne un tema sempre più vessato e messo nel mirino dalla critica: la didattica blended.
L’abolizione dello stato di emergenza sembra dover revocare in automatico tutte le soluzioni messe in atto per ovviare alle difficoltà della didattica durante il periodo pandemico, senza però tenere in considerazione che le soluzioni adottate risolvono problemi strutturali che nulla hanno a che vedere con il contesto emergenziale.
Partiamo da un dato: è di dominio pubblico il fatto che, dall’inizio della pandemia ad oggi, i numeri delle immatricolazioni sono aumentati anziché scemati. Per quanto possa sembrare paradossale, in una situazione ostica e spinosa come quella in cui ci ha scaraventato il Covid-19, sempre più giovani (e non solo) hanno deciso di prendere il meglio dal peggio.

Ustat.miur.it
È dunque come risposta ad uno stato di cose temporaneo che diversi atenei a livello globale hanno optato per una brillante soluzione, che permettesse a qualunque studente lo volesse di fruire ovunque ed in qualsiasi stato egli fosse dei servizi universitari. Lo strumento adottato è stato la didattica ibrida (in presenza e da remoto) che ha ampliato l’orizzonte fisico oltre i suoi stessi limiti di spazio e tempo.
Arrivato maggio 2022, riusciamo finalmente a tagliare un fondamentale traguardo, ma non con la stessa espressione felice con cui l’atleta vince le olimpiadi: cessato lo stato di emergenza, si crede cessata anche la necessità della didattica mista, ma noi non condividiamo quest’ultimo punto.
Dopo l’accadersi di un avvenimento, con le sue corrispettive dinamiche, non è possibile tornare indietro, pena la regressione. Intendiamo dunque negare la polverosa tesi secondo cui se la direzione tenuta da un ateneo è sempre stata quella di presenziare fisicamente, sempre e per sempre così dovrà essere.
Gli studenti di oggi non mirano al reset, bensì a sfruttare e ottenere valore dal progresso ottenuto nell’era del digitale e dell’informatica.
Affiancare la didattica online a quella in presenza è uno strumento che serve a tutelare il diritto allo studio di tutti i cittadini e dunque non ha come suoi interessati solo alcune categorie; tuttavia, è chiaro che alcuni ne traggono maggiore beneficio essendo a loro altrimenti completamente precluso il diritto ad assistere alle lezioni.
Con l’abolizione della didattica mista, molti di questi saranno costretti a cambiare ateneo o, peggio ancora, ad abbandonare il proprio percorso scolastico. Riteniamo particolarmente a rischio le seguenti categorie che noi qui ed oggi vogliamo rappresentare:

Studente con difficoltà economiche e pendolare

La Costituzione prevede che a tutti, anche chi è privo di mezzi, sia garantita la possibilità di raggiungere i più alti gradi degli studi.
Se è vero che ci sono “fortunati” che riescono a trovare un lavoro degno di questo nome ed altrettanti che non ne necessitano grazie alla propria famiglia, quelli che vogliamo rappresentare in questo momento sono le studentesse e gli studenti che non riescono a trovarlo, quelli che lo trovano ma sono schiacciati da esso, e quelli che decidono di completare il ciclo di studi per poi realizzare sé e le proprie ambizioni professionali.
Molte studentesse e studenti ricorrono al pendolarismo nel tentativo di attutire, anche se non azzerare le spese, escludendo l’affitto nella città universitaria, anche se spesso a discapito della propria indipendenza.
Chi fatica a coprire una lunga distanza da casa all’università sarà quindi costretto a non frequentare buona parte delle lezioni.
La didattica a distanza è in grado di entrare nelle case di chiunque, portare cultura, conoscenza, sapienza e speranza, indipendentemente dalla propria fascia di reddito.
Da fonte ISTAT emerge che nel 2022 il 10% degli italiani è in povertà ASSOLUTA, mentre un altro 15% è in povertà relativa. Noi riteniamo che le borse di studio non possano soddisfare il fabbisogno di vitto, alloggio e trasporto; non esiste mezzo per far studiare il povero se non la didattica ibrida.

Studente lavoratore

Raro nella nostra società è trovare il giovane in grado di autosostenersi. Estremamente raro è trovare il medesimo in un lavoro certo, stabile, in regola ed in equilibrio tra i poli estremi, ma sempre più diffusi, di una remunerazione che non permette l’autosostentamento e di una remunerazione che lo permette, senza però lasciare spazio a nient’altro.
Ciononostante, è possibile che le studentesse e gli studenti lavoratrici e lavoratori, emblema di una gioventù che si rimbocca le maniche per il proprio ed altrui futuro, trovi una dimensione lavorativa ottimale.
Questa è una luminosa possibilità che però porta le studentesse e gli studenti a diventare sempre meno frequentanti e, nella peggiore ipotesi, li conduce ad un bivio: “scegliere” tra un lavoro e lo studio, tra il presente oppure il suo futuro.
Chi lavora è costretto a non frequentare quanto vorrebbe, o a non seguire affatto le lezioni. Non sempre il contratto di lavoro (se esiste) garantisce un effettivo diritto allo studio. Non sempre la sede di lavoro è vicina all’aula universitaria.
La didattica mista rompe questo circolo vizioso e restituisce dignità allo studente-lavoratore, emancipandolo da una condizione di studente di serie B.

Studente genitore e genitore/lavoratore

Gestire la prole, soprattutto senza una rete di supporto alle spalle (partner, famiglia) può diventare estremamente stressante e demotivante. I genitori che si trovano a doversi occupare non più solamente del sé, ma di un’intera famiglia, sono purtroppo sempre più indotti a non investire nel proprio futuro, e ad accettare per necessità un lavoro non altrettanto necessario.
La genitorialità comporta il dedicare molte ore al giorno ai propri figli, in momenti non sempre programmabili, cosa che rende impossibile al genitore recarsi fisicamente in facoltà. Il difficile accesso agli studi per i genitori può avere ripercussioni negative sulla crescita culturale, sociale ed economica dell’intera famiglia. Inoltre, ancora troppo spesso le responsabilità della cura dei figli ricadono sulle spalle delle madri: l’uso sensato della tecnologia può contribuire a raggiungere un’effettiva parità di genere.
La didattica ibrida permette di trovare il giusto compromesso nella vita di un genitore, senza dover rinunciare allo studio.

Insegnante/ Ricercatore
L’insegnante è una figura in costante evoluzione, soprattutto sotto il profilo intellettuale. Per poter insegnare è necessario un aggiornamento continuo. Chi insegna/fa ricerca mentre prosegue il percorso di studi può essere agevolato dalla possibilità di fruire di lezioni online, in modalità sincrona e asincrona. I mezzi che offre una didattica mista aprono nuovi orizzonti a chi ha incentrato la propria vita intorno allo studio, abbattendo qualsiasi limite.

Studente con malattia/fragilità psicologica/BES

La didattica a blended è nata per supportare studentesse e studenti in malattia.
Vogliamo rendere però il quadro più ampio rispetto alla positività da Covid-19.
La depressione, ad esempio, è un fenomeno molto registrato tra i Millennial ed altissimo nella Generazione Z: questo fantasma porta a diverse declinazioni come asocialità, isolamento, ansia (sociale e non), paranoia, ecc. che alimentano un altro fenomeno in crescita: gli hikikomori.
Numerose sono le testimonianze di ragazze e ragazzi che per diversi motivi, specie psicologici, hanno dovuto abbandonare gli studi, per poi nel corso degli ultimi tre anni riprenderli.
Avere la possibilità di ritagliare nell’ambito della propria quotidianità qualcosa che esula da una routine stressante o malata, come il caso della didattica ibrida può offrire, è un ottimo modo per riuscire gradualmente ad uscirne ed infine riprendere contatto con le persone e con le istituzioni.
Ad oggi sono tantissimi gli studenti e le studentesse con problemi di salute fisica o mentale a cui è preclusa la frequenza di persona. Poter assistere alle lezioni da remoto, oltre a rendere l’apprendimento più efficace rispetto ad uno studio solitario sui libri, può davvero cambiare in meglio la qualità della vita durante un ricovero ospedaliero, una lunga terapia, una convalescenza domestica.
Per lo studente con bisogni educativi speciali la certezza di non dover fare coincidere il flusso dei suoi appunti in una prestazione puntata sulla velocità durante la lezione può essere di grande conforto se supportato da un utile mezzo quale la registrazione.

Studente con disabilità

Le studentesse e gli studenti con disabilità hanno trovato nella didattica blended numerose soluzioni ai loro problemi. Le disabilità motorie, ad esempio, sono spesso incompatibili con la vita universitaria, soprattutto da fuori sede. Gli atenei italiani non sono ancora purtroppo pienamente accessibili né bastano i servizi di trasporto/accompagnamento dedicati alle persone con disabilità. Va inoltre considerato che per i fuori sede, alle spese ordinarie per l’affitto e ogni altra necessità, bisogna aggiungere i costi dell’assistenza domiciliare, che nel nostro paese è quasi totalmente a carico delle e dei richiedenti. È purtroppo irrealistico considerare questi costi, che salgono a svariate migliaia di euro per ogni studentessa/studente con disabilità, nei piani economici riguardanti le borse di studio e le altre agevolazioni economiche. La stragrande maggioranza di persone con disabilità riesce a crearsi un sistema di assistenza a casa propria grazie non solo ai professionisti pagati o all’assistenza fornita dalle istituzioni, ma soprattutto per merito di amici e parenti.
Poter studiare da casa, senza dover doversi scontrare quotidianamente con i problemi sopra citati, è una grandissima opportunità per tutte quelle persone che, in condizione di disabilità fisica, hanno dovuto rinunciare allo studio perché una vita da soli, in un’altra città, è spesso fisicamente ed economicamente impossibile da affrontare.
La possibilità di studiare anche da remoto ha realizzato il pieno diritto agli studi superiori anche per queste studentesse e questi studenti.

Studente caregiver

Ci sono momenti nella vita in cui siamo chiamati a dare. Le studentesse e gli studenti caregiver, impegnati nel lavoro di cura, oltre ad essere vincolati alla vicinanza fisica rispetto alla persona di cui si occupa, sono soggetti a un enorme dispendio energetico ed umano.
La possibilità di seguire le lezioni da remoto può aiutarli a conciliare i loro impegni e lo studio.

Le innovazioni insite nella didattica ibrida
Sostanzialmente, la didattica blended aggiunge due enormi innovazioni rispetto al precedente e limitato paradigma: la non fisicità, e la non sincronicità.

La possibilità di studiare da remoto permette di ovviare ad una coercizione dettata dalla distanza, come nel caso degli studenti genitori, o dei pendolari che alla fine della giornata hanno sulle spalle 200 km.

A differenza di qualsiasi precedente periodo accademico, grazie alla didattica mista, per la prima volta si ha la possibilità di registrare qualsiasi insegnamento. La non sincronicità giova estremamente sia allo studente lavoratore (che altrimenti avrebbe perso un’importante lezione) sia allo studente fisicamente presente (che avrà un vantaggioso mezzo per poter assimilare al meglio il contenuto di quanto sedimentato post lezione).

Inoltre, i vantaggi a livello ecologico per quanto concerne la diminuzione di inquinamento dovuta ai mezzi per un routinario e lungo spostamento sono delle considerazioni non da poco, per noi.
Sul lungo termine questa innovazione porterebbe ad una consistente diminuzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente.
Altra lacuna che verrebbe colmata trova forma nella politica di anti-affollamento, che altrimenti troverebbe le aule dell’ateneo (come sempre è stato) stracolme e non sicure.

OSS
I nostri occhi sono aperti e vedono quali promesse vengano propinate da UniBo in nome della logora effige dello sviluppo sostenibile, definita dalla Organizzazione delle Nazioni Unite.
L’appello posto all’ateneo di Bologna, che ad oggi ci volta le spalle, è un monito di coerenza.
Noi riteniamo che adottando una misura drastica, per nulla elastica e totalmente indifferente verso le minoranze, gli ultimi e le fasce in difficoltà, UniBo non si mostri solidale verso 5 dei 17 obbiettivi comuni posti nell’agenda 2030, di cui il primo corrisponde a “Sconfiggere la povertà”; l’ottavo a “Promuovere una crescita economica inclusiva, sostenuta e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti”; il quinto a raggiungere la parità di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze (“Il raggiungimento della parità di genere richiederà delle normative vincolanti che promuovano l’emancipazione femminile e l’inoppugnabile necessità di un’educazione secondaria per tutte le ragazze. I traguardi di questo obiettivo mirano alla scomparsa della discriminazione di genere e all’emancipazione delle donne anche attraverso la tecnologia”); il quarto a “Promuovere un’educazione di qualità, inclusiva e paritaria e garantire opportunità di apprendimento permanente per tutti”; infine, il tredicesimo obbiettivo corrisponde alla “urgente lotta contro il cambio climatico”.

Conclusioni
Le nostre ragioni ci portano a vedere la didattica ibrida sia come mezzo indispensabile per le fasce meno agevolate, sia utile per qualsiasi studente. Si tratta di uno strumento ormai consolidato e, come tutte le innovazioni, passibile di miglioramento. Non toglie nulla a nessuno, ma aggiunge ed include molti.
Chiediamo dunque il mantenimento della possibilità di assistere da remoto alle lezioni e di fruire delle relative registrazioni: vogliamo che chi è impossibilitato a frequentare in presenza possa partecipare alle attività didattiche alla pari di chi può essere regolarmente e fisicamente in aula.
Ribadiamo che frequentare a distanza è molto più spesso una necessità che una libera scelta: gli studenti di Bologna non ambiscono a sostituire la lezione in presenza con l’aula virtuale, non vogliono che la didattica venga stravolta o modificata, ma chiedono di non essere completamente cancellati dal diritto allo studio.

Le studentesse e gli studenti di Bologna

Di Luna

Giornalista pubblicista, ha condotto giornali radiofonici. Attiva nel mondo delle associazioni di stampo culturale, parla 6 lingue. Fervente antirazzista e femminista è blogger di AFV dal 2012

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