Fratelli d’Italia è l’ennesimo episodio di redistribuzione dei consensi in un blocco politico-sociale sostanzialmente unitario e persistente nella nostra storia recente
Fratelli d’Italia e la continuità della destra
Di Fausto Anderlini*
La destra, dopo gli squassi del 2013-2018, è tornata sulle sue posizioni storiche mediane, come avviene nel trend economico dopo le crisi, riprendendosi i propri elettori d’appartenenza.
Basta guardare questo grafico che illustra il voto alla destra, per componenti, dal ’94 al 2022. Non c’è alcuna svolta ‘epocale’, se non come riconfigurazione occasionale della composizione interna. Nessuno ‘sfondamento’.
Con il 43,2 (dato Camera) essa avanza di sette punti circa rispetto al 2018, ma resta ben al di sotto dei massimi del ’96 del 2001 e del 2008. Torna perfettamente al 1994, cioè alle origini. Vince, anzi stravince, perchè usa al meglio il sistema elettorale, come già fece Berlusconi nel ’94. Soprattutto stravince per la sciagurata scelta del Pd lettiano, che a quello renziano, con sempre gli stessi totani e altri besughi al seguito ha aggiunto una dose immodica di stupidità
Anche l’esplosiva egemonia dei post-fascisti non è una novità assoluta. Nè si vede lo scandalo. Nel ’96 Alleanza Nazionale toccò quasi il 16 %, a soli quattro punti di distanza da Forza Italia. I fascisti furono sdoganati da Berlusconi nel ’93 davanti a un centro commerciale di Casalecchio. La stessa sinistra si è persa poi in chiacchere sull’equipollenza dei morti della ‘guerra civile’.
In ultimo Sassoli ha istituzionalizzato nell’ultimo scorcio della sua presidenza l’equivalenza di fascismo e comunismo. Nei fatti una giustificazione del fascismo come ‘male indiretto’.
Un anti-fascismo di tipo neo-centrista e liberale, innanzitutto anti-comunista. Se si giunge ad arruolare la brigata Azov nelle formazioni partigiane e si rimuove il contributo dell’Urss e del Pci nella lotta al nazi-fascismo, se si trasforma la resistenza in una irenica lotta ‘democratica’ avulsa dal suo contenuto sociale, così annacquando l’antifascismo in una melassa democraticista sui generis, non si vede con quale credibilità si chiami all’appello un fronte antifascista
In fondo i post fascisti sono intenti alla stessa operazione seppure in senso anti-orario. Il fascismo come difetto in eccesso rispetto alla giusta lotta al comunismo. Un post-fascismo generico che già fu proprio di larghi settori della Dc e che FI ha ripreso per intero, per non parlare dei toni assai più crudi della ‘montata’ lego-salviniana.
Fratelli d’Italia è l’ennesimo episodio di redistribuzione dei consensi in un blocco politico-sociale sostanzialmente unitario e persistente, salvo l’eccezione del quinquennio ’13-’18.
Non per caso ha nel nord, specie nelle aree interne e periferiche della galassia metropolitana la sua più granitica base di consenso. Addirittura accentuando una divaricazione rispetto al Sud prima assai più attenuata se non assente.
Fd’I ha realizzato la sua performance soprattutto nel nord, spiantando Lega e FI, laddove An era una formazione eminentemente meridionale. Facendo un percorso inverso la Lega salviniana ha totalmente dismesso il suo carattere territoriale per residuare come un partito piccolo-medio che racimola consensi random un poco ovunque. Come del resto Fi.
La Lega di Salvini è peraltro tornata col suo 9 per cento scarso sulle medie più alte dei ’90. Piuttosto che imperversare sul povero Salvini, come se i due exploit del 2018 e delle europee fossero la regola, c’è piuttosto da chiedersi cosa sarebbe oggi rimasto della Lega a traino lombardo-veneto qualora Salvini non si fosse inventato la Lega nazionale.
* ripreso da Fausto Anderlini