Alberto Asor Rosa, anni fa.

 “Giochi di carte. Le carte ci hanno insegnato che non si gioca per divertirsi ma per vincere.”                         Alberto Asor Rosa, dal libro: L’ultimo paradosso.

Lo scorso 21 dicembre è morto Alberto Asor Rosa, critico letterario, storico della letteratura, saggista e politico italiano. Da una decina di giorni era ricoverato nella clinica Villa Margherita. Negli ultimi due anni l’intellettuale ha sofferto di ripetuti problemi cardiaci e polmonari. Aveva 89 anni ed era nato a Roma il 23 settembre del 1933.
Docente universitario per molti anni, ma le sue foto con i baffoni cadenti e la chioma danno l’immagine di un intellettuale militante, quale era.
In un suo articolo pubblicato su MicroMega così Alberto Asor Rosa racconta il primo incontro con comunisti:“Nell’ottobre del 1951 misi piede per la prima volta nella facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma. Sarà lì che entrerò in contatto con un’organizzazione di sinistra. I vari gruppi studenteschi avevano dato vita a organismi di rappresentanza di diverse tendenze: il gruppo Intesa (cattolico-democristiano), il gruppo Rinascita (social-comunista) e il gruppo fascista, che si chiamava Caravella. Fu in quel contesto che cominciarono a manifestarsi conflitti di carattere politico e sindacale. Poi – di lì a qualche mese, un anno – comparirà sulla scena il grande conflitto nazionale e internazionale tra conservazione e progresso, nel quale il progresso sarà rappresentato dal Partito comunista. A instradarmi verso il gruppo studentesco di sinistra e il Pci stesso (contatto che penso sia stato pressoché contemporaneo) furono alcuni miei colleghi, studenti di rilevante spessore che erano già schierati in simaniera molto più decisa ed erano iscritti al Partito: Mario Tronti, Umberto Coldagelli, Gaspare De Caro (che poi sparì dalla circolazione), Bianca Saletti (che più avanti diventerà mia moglie).”
E la sua crisi: “Io comunque non entrai in Rifondazione, non essendo persuaso da queste insorgenze di sinistra, e non lasciai il Partito. Restai in questo segmento della storia del Pci fino a quando Massimo D’Alema – altro personaggio importante di questa storia – da presidente del Consiglio non mandò gli aerei italiani a fare azioni di bombardamento in Bosnia-Erzegovina. Ci sarebbe da piangere: cinquant’anni di storia che finiscono con i bombardamenti italiani in Bosnia-Erzegovina. Quello che è venuto dopo appartiene ancora alla storia della sinistra ma con improvvisazioni e rotture che fanno spavento, come quelle a cui abbiamo assistito in occasione della formazione del governo Draghi.”

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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