La Bulgaria andrà alle urne per la quinta volta nell’arco di due anni. Intanto il governo provvisorio cerca di barcamenarsi tra le pressioni di NATO e UE e la necessità di avere rapporti con la vicina Russia. Importanti rivelazioni dimostrano infatti che Sofia avrebbe segretamente fornito aerei, munizioni e carburante all’Ucraina.

La crisi della politica bulgara sembra non avere fine. Dopo le elezioni dello scorso 2 ottobre, i partiti hanno impiegato quasi quattro mesi a tentare di trovare un compromesso per la formazione del governo. Il presidente Rumen Radev, seguendo la carta costituzionale, ha assegnato il mandato per la formazione dell’esecutivo a turno ai tre partiti più votati, ma tutti i tre tentativi sono finiti un fallimento.

Il 5 dicembre, infatti, il presidente Radev ha affidato il mandato per la formazione del governo all’uomo designato dal primo partito, il GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria; in bulgaro Граждани за европейско развитие на България, traslitterato Graždani za evropejsko razvitie na Bălgarija), Nikolay Gabrovski, la cui proposta è stata bocciata dal parlamento di Sofia nelle sedute del 12 e del 14 dicembre. Successivamente è stato il turno di Continuiamo il Cambiamento (Продължаваме промяната; Prodalžavame promyanata, PP), il partito dell’ex primo ministro Kiril Petkov, che però a sua volta ha dovuto alzare bandiera bianca il 9 gennaio. Infine, Radev ha provato ad affidarsi alla coalizione di centro-sinistra guidata dal Partito Socialista Bulgaro (Българска Социалистическа Партия, БСП; Bălgarska Socialističeska Partija, BSP), ma sempre senza successo, venendo costretto ad indire nuove elezioni per il 2 aprile.

Le elezioni del 2 aprile saranno le quinte nell’arco di due anni per la Bulgaria, a dimostrazione della profonda crisi politica che vive il Paese dell’Europa orientale. Al momento, dunque, resta in carica il governo ad interim guidato dall’indipendente Galab Donev (in foto), ex ministro del Lavoro, nominato lo scorso 2 agosto dopo la caduta del governo Petkov. Il governo in carica deve gestire una situazione per nulla semplice, visto che la Bulgaria si trova schiacciata tra le pressioni russofobe provenienti da NATO e Unione Europea e la necessità pragmatica di mantenere rapporti positivi con un partner importante come la Russia.

Negli ultimi mesi del 2022, il governo Donev ha annunciato la sospensione delle sanzioni nei confronti dei fornitori russi di carburante fino alla fine del 2024, al fine di affrontare la crisi energetica che sta colpendo il Paese, suscitando le scomposte reazioni di Washington e Bruxelles: “È autorizzato stipulare nuovi contratti governativi e accordi quadro con i fornitori di carburante per motori della Federazione Russa a partire dal 10 ottobre 2022“, si legge nella nota stampa rilasciata allora dal governo di Sofia. “L’eccezione è introdotta in relazione alla necessità di fornire carburante per motori per le normali operazioni delle autorità governative e di altre agenzie allo scopo di proteggere l’ordine pubblico, la vita e la salute dei cittadini bulgari e la sicurezza nazionale. È in vigore fino al 31 dicembre 2024“.

Di recente, anche il presidente Radev è intervenuto per opporsi all’ulteriore invio di armi all’Ucraina: “Chi non è d’accordo con questa posizione dovrebbe non solo studiare bene le radici storiche del conflitto, ma anche condurre un’analisi di tutti i rischi. Questa è un’escalation fino all’esaurimento non solo dell’Ucraina ma anche dell’Europa”, ha tuonato il capo di Stato bulgaro in un’intervista a Darik Radio.

Tuttavia, il parlamento bulgaro ha anche passato una legge che, secondo i suoi critici, aprirebbe le porte alla nazionalizzazione dell’impianto Lukoil di Burgas, sul Mar Nero, il cui funzionamento è per ora garantito solo fino al 3 marzo. Il disegno di legge prevede la possibilità di introdurre la gestione esterna dell’impianto Lukoil in circostanze che minacciano la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico e la fornitura di risorse critiche. Gli autori del disegno di legge, provenienti dalla coalizione liberale Bulgaria Democratica (Демократична България, ДБ; Demokratična Bălgarija, DB), hanno sottolineato che la Bulgaria dovrebbe garantire l’attività economica legata alla lavorazione del petrolio e dei prodotti petroliferi, tenendo conto delle misure restrittive nei confronti della Russia. Gli oppositori, invece, hanno affermato che si tratterebbe di un atto ostile nei confronti di Mosca, volto al fine di togliere definitivamente il controllo dello stabilimento all’azienda russa.

Come se non bastasse, alcuni media hanno rivelato negli ultimi giorni che Sofia avrebbe sostenuto l’Ucraina soprattutto nella prima parte dell’operazione militare speciale russa. Il 15 gennaio, Bloomberg ha riportato che 14 jet Su-25 di fabbricazione sovietica e di proprietà bulgara erano stati acquistati dalla NATO per inviarli in Ucraina. A sua volta, il quotidiano tedesco Die Welt ha portato a conoscenza del pubblico le prove secondo le quali, ad inizio 2022, la Bulgaria avrebbe fornito segretamente munizioni all’Ucraina, coprendo circa un terzo del fabbisogno dell’esercito ucraino, passando per intermediari esteri.

Secondo quanto riportato da Die Welt, lo smistamento delle munizioni bulgare sarebbe avvenuto attraverso Polonia, Ungheria e Romania. Le indiscrezioni sono state confermate addirittura dall’allora primo ministro Petkov, che ha dichiarato: “Secondo le nostre stime, circa un terzo delle munizioni necessarie all’esercito ucraino nella prima fase della guerra provenivano dalla Bulgaria“. Tale versione ha trovato il sostegno anche del ministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Kuleba, che lo scorso aprile ha visitato Sofia, incontrando Petkov e mettendosi d’accordo per la fornitura attraverso intermediari.

Sempre la testata tedesca ha affermato che, dopo l’inizio dell’operazione militare speciale russa, “la Bulgaria è diventata uno dei maggiori fornitori di gasolio dell’Ucraina, coprendo occasionalmente fino al 40% del fabbisogno del Paese“. Tali dichiarazioni sono state rilasciate dall’ex ministro delle Finanze bulgaro Asen Vasilev. Anche in questo caso, le forniture sono state effettuate in segreto tramite ditte intermediarie straniere.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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