Lo scorso martedì, malgrado un riflusso, la mobilitazione contro la riforma delle pensioni in Francia è stata ancora una volta massiccia. Ma mentre ci si dovrebbe appoggiare su questa forza per generalizzare lo sciopero e sconfiggere Macron, l’Intersindacale ha moltiplicato gli appelli alla “pausa” e alle “mediazioni”. Di fronte a queste strategie fallimentari, è urgente che il movimento si organizzi alla base.


Martedì 28 marzo “più di 2 milioni” di persone hanno manifestato in tutta la Francia secondo il sindacato CGT. A Parigi, secondo le cifre della prefettura stessa, la mobilitazione ha contato 93.000 manifestanti contro i 119.000 del 23 marzo cioè una mobilitazione molto importante nella capitale con una forte presenza della gioventù, in particolare di nuovi manifestanti. Così, malgrado un riflusso rispetto alla giornata storica del 23 marzo, la mobilitazione è stata comunque molto massiccia e determinata ad ottenere in particolare il ritiro della riforma.

Una giornata contraddistinta dagli appelli alla “pausa” e alle “mediazioni”

La mobilitazione in questa giornata del 28 marzo resta soprattutto eccezionale se la mettiamo in rapporto con la politica dell’Intersindacale. In effetti, da qualche giorno, Laurent Berger [segretario della CFDT, la centrale sindacale più grande e moderata, ndt] non ha cessato di interpellare il governo. Inizialmente, attraverso un appello alla «pausa» sulla riforma, abbandonando de facto la rivendicazione del suo ritiro, l’indomani stesso della potente mobilitazione del 23 marzo. In seguito, attraverso l’appello “ad una grande mobilitazione” che ha portato questo martedì alla richiesta di una “mediazione”.

Questi appelli hanno convinto molto rapidamente l’Intersindacale che ha ripetuto in coro i termini «pausa» e «mediazione» nei cortei di stamattina. Philippe Martinez [segretario della CGT, ndt] spiegava, col sorriso sulle labbra:

come deciso in Intersindacale, abbiamo proposto un’altra volta al governo e soprattutto al presidente della repubblica di sospendere la riforma e di cercare una mediazione.

Così, mentre la mobilitazione ha visto un salto nella radicalità dopo il 49.3 che si è cristallizzato nella giornata storica del 23 marzo, l’Intersindacale ha scelto di concentrare tutta la sua energia nella ricerca di un “compromesso” con Macron piuttosto che mettere tutte le sue forze nel sostegno agli scioperanti che, quotidianamente, fronteggiano le requisizioni come i netturbini e gli operai delle raffinerie, e nell’allargamento dello sciopero.

Macron risponde picche ma Laurent Berger negozierà con Borne

Senza aspettare la giornata di mobilitazione o la lettera che l’Intersindacale intende “scrivere” a Macron, il governo ha risposto agli appelli dell’Intersindacale attraverso una conferenza stampa speciale questo martedì. “Non c’è bisogno di mediazione per parlare, possiamo parlarci direttamente”, “la legge è destinata ad essere applicata a partire dal mese di settembre” ha ribattuto il portavoce del governo Olivier Véran. Una risposta che ha il merito della chiarezza e che conferma – se ciò fosse ancora necessario – che nessun compromesso è possibile con Macron.

Nonostante questa determinazione esibita da Macron, Laurent Berger ha accettato la sera stessa la proposta fatta da Elisabeth Borne di un “colloquio”, ad inizio settimana lunedì, martedì o mercoledì, ossia prima della prossima giornata di mobilitazione intercategoriale del 6 aprile. Se la mail della prima ministra è «lapidaria», Laurent Berger ha affermato all’AFP [l’Ansa francese, ndt] che lui “ andrà a discutere delle pensioni”, soprattutto per difendere la sua “proposta di mediazione” per trovare un compromesso.

Se l’Intersindacale non ha ancora preso una posizione netta nei confronti di questa proposta, l’insieme dei suoi membri ne condividono il fondamento: la necessità di offrire una “via d’uscita” a Macron, a costo di tradire la parola d’ordine di ritiro della riforma, difesa da tanti mesi da milioni di manifestanti. Piuttosto che appoggiarsi sul salto nella determinazione del movimento in seguito al 49.3, l’intersindacale ha dunque preso chiaramente il cammino della “riappacificazione” e delle rinunce, generando una confusione strategica e favorendo la demoralizzazione.

Di fronte al tradimento delle rivendicazioni, è più che mai urgente organizzarsi alla base

È sempre possibile vincere e sconfiggere Macron. Non solo, il movimento conserva la sua vitalità con una mobilitazione crescente della gioventù e il mantenimento in sciopero di settori strategici come il petrolchimico o quello energetico. Mentre l’esecutivo è profondamente indebolito dalla crisi del regime e mentre la violenza della sua politica potrebbe aprire la via a dei nuovi sussulti nel movimento, il 49.3 ha radicalizzato la determinazione dei manifestanti e ha politicizzato il contenuto del movimento, assumendo in maniera sempre più esplicita il suo carattere politico e la sua opposizione al regime incarnato da Macron.

Tuttavia, la politica dell’intersindacale costituisce oggi un ostacolo immenso. Rifiutandosi di allargare le rivendicazioni del movimento da due mesi per ampliare lo sciopero, non portando avanti alcuna politica contro le requisizioni [cioè la precettazione di settori di lavoratori “strategici”, ndt] e passando largamente sotto silenzio la repressione poliziesca, quest’ultima è ben lontana dall’offrire uno sbocco alla collera che viene dal basso. La sua politica non è solo impotente, ma rischia di dilapidare la collera e l’energia dei lavoratori in lotta.

Al contrario di quel che sostiene l’Intersindacale, serve una strategia per rispondere agli obbiettivi all’ordine del giorno. Per prima cosa, sostenere i settori in sciopero a oltranza di fronte all’offensiva del governo che, per spezzare la determinazione degli scioperanti, moltiplica le requisizioni. Queste ultime destabilizzano le mobilitazioni come quella dei netturbini parigini che, in assenza della generalizzazione dello sciopero, potrebbero riprendere il lavoro questo mercoledì. Bisogna sostenere i settori in sciopero ad oltranza che perturbano l’attività economica!

Per sostenerli, una sfida centrale è fra l’altro quella di allargare lo sciopero, discutendo per questo di una lista di rivendicazioni all’altezza della nostra rabbia. Infine, di fronte alla violenza spropositata della repressione, bisogna organizzare la solidarietà di fronte alla repressione che si fa più dura e colpisce non solamente la gioventù ma anche il mondo del lavoro, come hanno dimostrato i ferrovieri che hanno reso omaggio al loro collega accecato questo martedì.

Come abbiamo affermato il 23 marzo:

tutti questi obiettivi implicano di organizzarsi alla base fra lavoratori, sindacalizzati e non, di differenti settori, giovani. Ed è la principale debolezza attuale: sono ancora troppo pochi i quadri attivi per organizzarsi al di fuori delle assemblee generali delle Facoltà e delle aziende . Per affrontare l’insieme delle sfide che si pongono, sarà decisivo risolvere questa questione. È in questo senso che la Rete per lo sciopero generale cerca di costruire dei comitati di azione per prendere in mano i nostri interessi. Come spiegava l’appello votato dalla Rete, questi comitati d’azione sono una prospettiva sia concreta che urgente, per raggruppare in tutte le località i lavoratori e i lavoratori determinati a lottare in un modo che sia all’altezza di ciò che la situazione impone. Questa rete per lo sciopero generale, che mette insieme per il momento qualche centinaio di lavoratori, di sindacalisti e di studenti, deve estendersi in tutto il paese per costruire la generalizzazione dello sciopero attraverso i comitati d’azione

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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