Rodolfo Graziani, fondatore del MSI

Lo scorso aprile Giorgia Meloni è andata in missione economica in Etiopia e ha annunciato che in autunno il governo presenterà il cosiddetto “piano Mattei ”.  Va detto che Enrico Mattei, partigiano cattolico, non si è mai interessato all’Etiopia, nè tanto meno può essere accostato alla post fascista Giorgia Meloni.

Giorgia Meloni e Enrico Mattei
L’ italiano che operò in Etiopia fu Rodolfo Graziani, che prima fu in Libia.  Quando Rodolfo Graziani, nel 1921, arrivò in Libia, la colonia era  quasi totalmente sfuggita al controllo italiano. Soprattutto in Cirenaica era presente un forte movimento, guidato da Omar al Mukhtar, che reclamava indipendenza. La riconquista della colonia e la lotta contro la ribellione delle popolazioni locali richiesero uno sforzo militare straordinario e il fascismo al potere non indugiò ad autorizzare Rodolfo Graziani all’uso dei sistemi più brutali, come i trasferimenti coatti della popolazione, che venne rinchiusa in campi sorvegliati e lasciata senza risorse. Il bestiame venne abbattuto, donne, uomini, vecchi e bambini furono ridotti alla fame. Il numero delle vittime è altissimo; le offensive di Graziani si spinsero  anche verso l’interno, in pieno deserto, pur di fare terra bruciata intorno all’esercito di Omar al Mukhtar. Questi, soprannominato “leone del deserto”, venne catturato l’11 settembre 1931 durante un trasferimento dei suoi reparti, e impiccato davanti a una folla di ventimila deportati, dopo un processo-farsa.
Dopo la Libia Rodolfo Graziani andò in Etiopia e la insanguinò. Il 13 febbraio del 1937, ad Addis Abeba, due intellettuali eritrei, Abrahm Debocth e Mogus Asghedom, in occasione di una cerimonia improvvisamente lanciarono contro il palco 8 o 9 bombe a mano, uccidendo 4 fascisti italiani, tre etiopi e ferendo una cinquantina di presenti, tra cui, Graziani, colpito  superficialmente da 350 schegge. La risposta fu terribile e violenta: un eccidio. Vennero distrutti interi quartieri di Addis Abeba e il 20 maggio 1937, migliaia fra monaci, preti e pellegrini ortodossi erano radunati per una festività religiosa. Nel corso di una settimana vennero barbaramente trucidati dalle truppe italiane comandate dal generale Pietro Maletti, per ordine del viceré Rodolfo Graziani. La strage di Debra Libanòs è uno dei crimini più efferati e più significativi del colonialismo italiano in Etiopia e non solo.Nella campagna etiopica, Graziani – così come, del resto, lo stesso Badoglio – fece ricorso all’uso sistematico e indiscriminato dei gas, accogliendo le pressanti sollecitazioni di Mussolini e in aperta violazione delle normative internazionali che proibiscono l’uso di armi chimiche. Hailé Selassié, imperatore d’Etiopia, chiese che Graziani sia inserito nella lista dei criminali di guerra e la United Nations War Crime Commission lo collocò al primo posto nella lista dei criminali di guerra italiani. Rimpatriato alla fine del 1937, nel 1939 venne nominato capo di stato maggiore. Nel 1940, entrata l’Italia in guerra, divenne governatore della Libia e fu destinato al comando delle truppe stanziate in Africa settentrionale. Qui, nelle battaglie contro gli inglesi, non si dimostrò all’altezza del mito costruito intorno alla sua figura dalla propaganda del regime, anche se le responsabilità della sconfitta non possono ricadere solo su di lui. Si tornò  a parlare di Graziani solo con la nascita della Repubblica sociale italiana, quando il maresciallo anti-badogliano viene nominato ministro della Difesa e poi delle forze armate della RSI. È a suo nome che vengono emessi i bandi di reclutamento che comminano la pena di morte a chi, in età di leva, non si presenti alle armi in difesa della repubblica alleata dell’occupante nazista; ed è Graziani che, per primo, invita gli internati militari italiani nei campi tedeschi ad accettare le offerte di collaborazione che provengono da Salò. Sarà Graziani, quindi, uno dei principali responsabili del fallimento del reclutamento, così come di tutti i tentativi di costituire le “nuove” forze armate repubblicane. I bandi del ministro finiscono infatti con il rinfoltire le file della Resistenza, e l’unico uso che si fa dell’esercito di Salò, totalmente sottomesso al volere degli alleati nazisti, è quello antipartigiano e di guerra ai civili.  Alla fine del conflitto Graziani si arrende agli Alleati. Dopo qualche settimana agli arresti a Roma, l’ex maresciallo d’Italia viene inviato in Algeria; poi, dal 6 febbraio 1946, è rinchiuso nel carcere di Procida. Nei due anni che precedono il processo scrive tre libri nei quali rivendica la bontà del suo operato, nelle varie fasi (Libia redenta. Storia di trent’anni di passione italiana in Africa, Napoli, Torella, 1948; Africa settentrionale 1940-41, Roma, Danesi, 1948; Ho difeso la patria, Milano, Garzanti, 1948). Mai processato per i crimini di guerra commessi, in Italia è condannato per collaborazionismo a 19 anni di reclusione, dei quali 17 presto condonati. Il tribunale stabilisce che Graziani, nonostante i bandi, le fucilazioni e i rastrellamenti, non era in condizione di incidere significativamente sulle decisioni del governo della RSI. Negli anni cinquanta l’ex maresciallo aderisce al Movimento sociale italiano, del quale diviene presidente onorario nel marzo 1953. Si ritira nella sua proprietà di Affile, per lasciarla pochi giorni prima di morire. Muore a Roma l’11 gennaio 1955. Nell’agosto 2012 il comune di Affile ha inaugurato un sacrario, costruito con fondi pubblici, dedicato al defunto generale Graziani. L’episodio, che ha avuto grande risalto anche sulla stampa internazionale, ha dato il via a una serie di discussioni e dibattiti polemici oggi ancora aperti, e a un procedimento penale, nel quale l’ANPI è stata ammessa come parte civile. All’inaugurazione partecipò con un discorso Francesco Lollobrigida, allora assessore regionale ed oggi ministro e marito di Arianna Meloni, sorella di Giorgia.
Giorgia Meloni non fu iscritta al M.S.I. ma l’organizzazione di Almirante è l’ambiente politico-culturale dal quale discende. Tanto che dichiarò che sia stato il Msi a “traghettare verso la democrazia milioni di italiani usciti sconfitti dalla guerra” o “il Msi avrebbe «avuto un ruolo molto importante nel combattere la violenza politica e il terrorismo”. Fu forse questo il senso del rientro nelle fila missine il 21 novembre 1969 del gruppo (fondato da Pino Rauti) Ordine Nuovo responsabile delle stragi di Piazza Fontana 1969, della questura di Milano 1973, di Piazza della Loggia 1974? Un rientro che “tutto il partito saluta con gioia”, titolò Il Secolo d’Italia. “Era un partito – continua  Giorgia Meloni- che aveva la responsabilità di accompagnare persone che altrimenti avrebbero fatto scelte diverse”. La realtà racconta che il Msi accompagnò questi figuri in ben altri lidi, non democratici.

© GIULIO NAPOLITANO / LAPRESSE 19-03-2004 ROMA FACOLTA’ DI ECONOMIA – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “LA SAPIENZA” – CONVEGNO ORGANIZZATO DA AZIONE GIOVANI IN PROSSIMITA’ DELLE ELEZIONI ALLA PRESIDENZA DEL MOVIMENTO NELLA FOTO GIORGIA MELONI LA PRESIDENTE USCENTE RIELETTA



Giorgia Meloni nel 2004, quando era presidente di Azione Giovani. Azione Giovani (AG) è stato il movimento ufficiale dei giovani che si riconoscevano nelle finalità di Alleanza Nazionale, costituito a Rieti nel 1996, e sciolto con la sua confluenza nella Giovane Italia nel 2009.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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