Per la prima volta lo yuan ha superato il dollaro nel commercio bilaterale cinese nell’ultimo trimestre, secondo quanto riportato dal settimanale economico dedicato all’Asia, Nikkei Asia: si tratta di un ulteriore passo avanti in quel processo graduale di de-dollarizzazione intrapreso dalle principali potenze emergenti per ridurre lo strapotere del dollaro a livello internazionale. La Cina, in particolare, ha dichiarato esplicitamente che l’obiettivo è quello di espandere il ruolo dello yuan nei pagamenti transfrontalieri. Sebbene la quota dello yuan nei pagamenti globali rimanga piccola rispetto alle dimensioni dell’economia cinese, essa sta crescendo registrando un aumento dell’1,81% rispetto a circa cinque anni fa. A livello globale la quota del dollaro rimane la più grande pari al 42,02% secondo quanto riferito dalla Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, meglio conosciuta come SWIFT. Lo yuan si è classificato al quinto posto assoluto dopo l’euro, la sterlina britannica e lo yen giapponese.

Tuttavia, i pagamenti internazionali denominati in yuan nell’ultimo trimestre sono cresciuti dell’11% su base annua a 1,51 trilioni di dollari, mentre i pagamenti in dollari sono diminuiti del 14% a 1,4 trilioni di dollari: si tratta del primo trimestre in cui la valuta cinese ha superato i dati risalenti al 2010. Lo yuan ha acquisito un peso maggiore nel commercio internazionale a partire dal 2009, quando la Cina ha consentito per la prima volta che i pagamenti commerciali fossero regolati nella sua valuta. Inoltre, il governo cinese ha aperto la porta agli investitori stranieri per negoziare azioni e obbligazioni denominate in yuan tramite Hong Kong, con il programma Stock Connect lanciato nel 2014, seguito da Bond Connect nel 2017. Questa apertura dei mercati dei capitali insieme all’allontanamento dal dollaro ha permesso la crescita dello yuan, ora incentivata ulteriormente dagli scambi bilaterali con la Russia per l’acquisto di petrolio. Mosca ha cominciato ad utilizzare di più la moneta cinese da quando le sanzioni occidentali l’hanno tagliata fuori dalle reti di pagamento in dollari ed euro: secondo la Banca centrale russa, a marzo lo yuan ha rappresentato il 39% del volume totale nel mercato dei cambi in Russia.

Dopo l’inizio nel 2009, ora Pechino vuole portare avanti una strategia più “strutturata” per promuovere l’utilizzo globale dello yuan: al riguardo, il presidente Xi Jinping ha detto al congresso del Partito comunista, lo scorso ottobre, che l’internazionalizzazione dello yuan sarebbe stata promossa «in modo ordinato», preannunciando un approccio più proattivo rispetto alla precedente formulazione «costante e prudente». A tal fine, Pechino sta firmando importanti accordi bilaterali: la Cina e il Brasile, che considera la nazione asiatica come uno dei principali mercati di soia, hanno raggiunto un accordo a marzo che consente scambi diretti tra lo yuan e il Real brasiliano senza utilizzare il dollaro USA come intermediario. L’Argentina ha dichiarato ad aprile che passerà dai dollari allo yuan per pagare le importazioni dalla Cina. Nello storico viaggio del presidente cinese in Arabia Saudita nel dicembre 2022, inoltre, le due nazioni si sono dette d’accordo nell’usare il renminbi per il pagamento delle forniture energetiche a Pechino, ponendo così le basi per la nascita del petroyuan a scapito del petrodollaro. Infine, molte economie emergenti stanno cercando di smarcarsi dall’orbita finanziaria statunitense e sono quindi propense a passare alla valuta cinese. L’utilizzo strumentale del predominio del biglietto verde da parte di Washington per le sanzioni contro la Russia ha ulteriormente accelerato questo processo. Pechino inizia ad erodere il potere del dollaro sui mercati delle materie prime anche con le società occidentali grazie al suo immenso potere d’acquisto: a marzo, la società statale China National Offshore Oil Corp. (CNOOC) e la francese TotalEnergies hanno completato il primo acquisto cinese di gas naturale liquefatto denominato in yuan.

Il tutto potrebbe portare alla formazione di blocchi valutari costituiti dalle grandi democrazie che continueranno a usare il dollaro, da un lato, e dai Paesi “emergenti” o non allineati alle politiche di Washington che si sposteranno verso l’uso dello yuan, dall’altro. Non sorprendono, dunque, le tensioni diplomatiche e geopolitiche che si registrano tra USA e Cina poiché la prima si sente minacciata nel suo ruolo di potenza globale dall’ascesa economica e tecnologica della seconda che potrebbe anche comportare un cambiamento sostanziale nell’ordine internazionale. Si tratta della lotta per la sopravvivenza del “Nuovo secolo americano” o per l’ascesa definitiva del “secolo asiatico”.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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