In Israele un gruppo composto da più di duecento studenti riunitosi presso la scuola superiore Herzliya Hebrew Gymnasium, nel centro di Tel Aviv, ha dichiarato pubblicamente che, in segno di protesta contro le recenti riforme giudiziarie proposte dal Governo e la continua oppressione ai danni dei cittadini palestinesi, non presterà servizio nell’esercito. «Diciamo no alla dittatura in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Ci rifiutiamo di arruolarci nell’esercito finché la democrazia non sarà assicurata a tutti coloro che vivono sotto la giurisdizione del governo israeliano» hanno congiuntamente dichiarato i ‘Giovani Contro la Dittatura’ – come si fanno chiamare i 230 studenti che hanno aderito al boicottaggio.

Questi, sostenuti perfino da alcuni politici, ritengono che quello che il ministro – e leader di una formazione considerata di estrema destra sionista – Benjamin Netanyahu sta tentando di portare a termine è un vero e proprio colpo di stato, volto a rafforzare il potere del Parlamento e indebolire quello della magistratura.

Infatti la riforma della Giustizia, presentata dal ministro (della Giustizia) Yariv Levin, ha come obiettivo quello di rafforzare l’autorità dell’esecutivo – una parte del testo, prevede, ad esempio, che a dichiarare decaduto il Primo ministro, a seguito di una condanna, potrà essere solo il governo, mentre il Parlamento dovrà limitarsi a ratificare la decisione. Ma, per riuscire nel suo intento, il pilastro che Netanyahu dovrà demolire sarà quello che regge il potere della Corte Suprema, il vertice del sistema giudiziario israeliano. In parte, in realtà, ci è già riuscito.

Lo scorso luglio il Parlamento ha approvato la prima parte della riforma, quella cioè che toglie alla Corte la possibilità di bloccare (e in certi casi abolire) i provvedimenti approvati dal governo giudicati ‘irragionevoli’ – un principio riconosciuto dalla legge. Si tratta, a parere degli esperti, di un grave attacco alla democrazia: l’istituzione ha un ruolo molto importante perché serve a controbilanciare il potere del governo che – oltre alla Corte – ha pochi contrappesi. Essa, negli anni, ha assunto il ruolo di principale organo di controllo del potere dell’esecutivo con una serie di sentenze che le hanno dato il potere di abolire qualunque legge approvata dalla Knesset. E, oltre a impedire alle normative contrarie alle Leggi fondamentali di entrare nell’ordinamento, come fa per esempio la Corte costituzionale italiana, ha avuto fino ad ora un potere molto ampio di revisione della legislazione, secondo precisi criteri.

Con la riforma giudiziaria, contestata dalla maggioranza dei cittadini israeliani, invece, una proposta di legge giudicata non conforme alle Leggi fondamentali dalla Corte, deve essere rinviata dai giudici alla Knesset e, se i deputati la rivotassero a maggioranza semplice, supererebbe ogni opposizione della Corte, depotenziandola.

Inoltre, la riforma, se approvata nella sua interezza, comporterebbe anche una modifica nella composizione della Commissione che elegge i giudici, sia quelli della Corte sia quelli “inferiori”. Attualmente, la Commissione è composta da nove membri: tre giudici della Corte suprema stessa, due rappresentanti dell’associazione forense israeliana, due membri del parlamento e due ministri del governo. Già ora, dunque, sono presenti quattro membri di nomina governativa che influenzano il potere giudiziario. Ma l’esecutivo vorrebbe addirittura portare i membri della Commissione a undici, di cui ben nove scelti dal governo, ottenendo così un forte potere d’indirizzo sulla componente giudiziaria e facendo di fatto cadere la separazione tra i poteri, principio cardine dei sistemi che si definiscono democratici.

Ma, eliminando l’indipendenza dei giudici, si favorirebbe la corruzione e si priverebbe la Corte israeliana di credibilità, mettendo a rischio i diritti delle minoranze, tra cui gli arabo-israeliani e i palestinesi. L’attuale formazione di governo, tra l’altro, è già caratterizzata da una forte componente religiosa ed estremista sionista che distingue i propri cittadini su base etnica e religiosa. È anche per protestare contro tale discriminazione che gli studenti hanno rifiutato l’arruolamento obbligatorio, previsto in Israele per tutti gli uomini e le donne che abbiano compiuto diciotto anni – ad eccezione, per esempio, degli israeliani ultraortodossi.

Ci opponiamo al regime «più estremista della storia israeliana», hanno concluso.

[di Gloria Ferrari]

https://www.lindipendente.online/2023/09/13/israele-i-giovani-rifiutano-la-leva-contro-il-governo-e-loppressione-dei-palestinesi/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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