Non si placano le polemiche per l’allestimento della mostra Eyes of MariupolUno sguardo negli occhi dei difensori di Mariupol, patrocinata dal Municipio 1 del Comune di Milano, con fotografie di soldati in uniforme appartenenti al Reggimento Azov

L’associazione dei Giovani Ucraini in Italia (UaMi), che ha organizzato l’esposizione con il patrocinio del Consolato generale dell’Ucraina a Milano, è intervenuta per difendere la mostra dal boicottaggio e dallo sdegno collettivo. Come riporta MilanoToday, UaMi ha insinuato che l’Italia è una roccaforte della propaganda russa (che si farebbe, pertanto, manipolare da accuse false provenienti dal Cremlino), spiegando che Azov «non segue alcuna ideologia politica, ha condannato il nazismo» e che i suoi membri sarebbero «Veri patrioti, che da anni difendono l’Ucraina dall’aggressore russo», invitando poi a «fare affidamento su fonti, fatti e informazioni obiettive». Insomma, l’emergenza neonazista di Azov viene liquidata ad arma propagandistica del Cremlino.

Per assecondare questa narrazione, La Stampa è stata vittima di acrobazie lessicali, dopo aver edulcorato il titolo di un articolo in cui si faceva riferimento esplicito ai “neonazisti del Battaglione Azov”, modificato poi in un più neutro “mostra sulla resistenza ucraina”. Da neonazisti a partigiani, il passo è stato breve.

[Il titolo de La Stampa prima e dopo essere stato modificato.]

Prima che la Russia invadesse l’Ucraina, era però ampiamente riconosciuto che il Battaglione – ora Reggimento Azov, riconvertito fra la fine del 2022 e il febbraio 2023 in brigata d’assalto – promuove l’ideologia nazista e ha rapporti con diverse organizzazioni di estrema destra in Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo. 

Già nel secondo dopoguerra, l’Ucraina assurgeva a primato di centro internazionale d’eversione neonazista. Dal pulviscolo dei moti di piazza del 2013, in continuità con la tradizione banderista, tra le organizzazioni della destra radicale, spiccava proprio il Battaglione Azov a guida di Andrіj Jevgenovyč Bіlec’kyj. Al movimento si collegarono un partito il National Corps, una Ong la Azov Civic Corps e una Milizia Nazionale, incaricata di fare pressione sugli ambienti politici, attraverso ronde e scontri con la polizia. Bіlec’kyj intendeva creare una nazione esclusivamente fondata sul “potere bianco”, libera dal “capitale speculativo sionista internazionale” e capace, quindi, di “guidare le razze bianche del mondo in una crociata finale contro i subumani guidati dai semiti”. Oltre alla supremazia della razza bianca, Bіlec’kyj affermava di volere la distruzione della democrazia in Europa, del capitalismo e dell’“internazionale Sionista”, che sarebbe stata sostituita dalla “nazocrazia”. Sotto la sua guida il Battaglione prese parte al massacro della prima battaglia di Mariupol (9 maggio 2014), a omicidi, racket, rapimenti e repressioni politiche. 

È bene ricordare che l’OHCHR (l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU), in due rapporti, ha denunciato che tra il 2015 e il 2016, durante il conflitto contro la Russia nell’Ucraina dell’est, il battaglione si sarebbe macchiato di crimini di guerra, tra cui saccheggi, detenzioni ingiustificate, torture e stupri. Lo stesso emerge nel dossier Osce dell’aprile 2016 e da Human Rights Watch, mentre nel 2018, l’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani ne ha denunciato il carattere «omofobo, sessista, razzista», considerando, tra le altre cose, l’organizzazione di «campi di addestramento per bambini in cui si inocula il culto della violenza e dell’odio anti-russo».

Le fonti e le testimonianze obiettive sono note ed esistono da anni, ma sono state sottoposte a un processo orwelliano di censura, falsificazione e riscrittura per poter legittimare agli occhi dell’opinione pubblica internazionale aiuti a milizie neonaziste. Ora che i governi occidentali armano l’Ucraina contro l’invasore, è stato adottato uno sforzo concertato per nascondere questa scomoda realtà alla vista del pubblico e si è messo mano a un raffinato processo di edulcorazione e falsificazione.

Il peso politico del reggimento Azov è stato minimizzato dai nostri giornalisti e politici, dietro il pretesto che, quando una formazione neonazista viene riconosciuta da un governo democraticamente eletto, perde la sua caratteristica violenta. L’ordine di scuderia per i giornalisti è diventato così che “il Battaglione Azov non è nazista”. 

Sempre La Stampa aveva cancellato un articolo in cui aveva raccontato e deplorato la nazificazione dell’Ucraina. Il titolo dell’articolo, recuperabile negli archivi è I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più “il male assoluto” (per l’Occidente)

Urgeva sovvertire la narrazione ufficiale dal 2014 e con un’operazione di riverniciatura rendere accettabili i neonazisti “che leggono Kant”, ricorrendo a veri e propri virtuosismi (invece che “nazisti”, i soldati vestono “in nero”, sono “ultras” e romantici “irriducibili”), equiparandoli, come ha fatto il Secolo d’Italia, agli “Spartani alle Termopili”.

Abbiamo così assistito all’intervista su la Repubblica a un capitano che legge e cita Kant: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”, per arrivare poi all’esaltazione di un neonazista dichiarato, da parte di Massimo Gramellini. Nel suo programma, Le parole della settimana in onda su Rai 3, televisione pubblica, Gramellini ha elogiato le gesta di Vyacheslav Abroskin, arrivando addirittura, con un colpo di teatro, a paragonare il generale nazista a Schindler e definendolo un “giusto”.

Esempi diversi di come il giornalismo italiano non brilli di imparzialità nell’analisi del conflitto in corso in Ucraina, arrivando persino a sconfessare se stesso e a cancellare le tracce di una piaga che ha radici lontane e che dagli anni Trenta del Novecento arriva fino ai giorni nostri. 

[di Enrica Perucchietti]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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