I 312 operai lasciati senza lavoro dalla Whirlpool lo avevano dichiarato ormai quattro anni fa, all’indomani della notifica della chiusura della fabbrica: «Sarà guerra». E così è stato, fino alla vittoria. Una lotta cominciata nella primavera 2019 e che, dopo quattro anni e mezzo, finisce con un lieto fine. Una lunga battaglia portata avanti dal basso, dai lavoratori, dove le sigle sindacali hanno seguito la linea dettata dagli operai. Quattro anni in cui i lavoratori hanno rifiutato i compromessi al ribasso (inclusa la proposta di una liquidazione da 85mila euro lordi ciascuno e la possibilità di essere assunti a Varese) per ribadire la loro lotta per avere un lavoro nella propria città, senza accettare mance di disoccupazione né di sradicarsi dalla loro terra per ottenere il diritto costituzionale al lavoro. Le forme adottate sono state anche radicali: proteste, picchetti, manifestazioni, occupazione della fabbrica, blocchi stradali e cortei non autorizzati in autostrada. Alla fine la tenacia ha pagato e oggi tutti e 312 sono stati assunti nella nuova fabbrica che sorgerà al posto della Whirlpool: si chiamerà TeaTek e produrrà elementi per i pannelli solari. «La lotta paga. Napoli non molla», hanno scritto in una nota gli ex lavoratori della Whirlpool.

L’acquisto dello stabilimento da parte di TeaTek risale allo scorso 26 aprile. Fin dal principio, la società si è impegnata ad assumere i 312 dipendenti con le medesime condizioni contrattuali ed economiche che avevano maturato con la ex Whirlpool. Il progetto, presentato a luglio, prevede l’abbattimento e la ricostruzione dello stabilimento – nell’arco di una fase che durerà 24 mesi – con l’obiettivo di renderlo una «fabbrica sostenibile 5.0», ha dichiarato la Uilm. Una serie di incontri di monitoraggio andranno in scena nei prossimi mesi, fino ad arrivare alla definizione di un accordo di programma. A settembre, a varcare i cancelli di via Argine è stato lo stesso ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che ha parlato dello stabilimento come di un «modello di sviluppo per il Mezzogiorno». Il sito tornerà ufficialmente operativo nel 2025. Gli operai affronteranno un percorso di formazione per essere preparati a svolgere le nuove mansioni, poi verranno progressivamente assorbiti nelle linee di produzione della TeaTek.

La battaglia dei lavoratori Whirpool era ufficialmente iniziata il 31 maggio 2019, lo stesso giorno in cui, in occasione di una riunione con i sindacati, l’azienda comunicò lo smantellamento del polo campano di via Argine. Whirlpool annunciò infatti di voler procedere con la riconversione del sito e la cessione del ramo d’azienda a un’altra società “in grado di garantire la continuità industriale allo stabilimento e massimi livelli occupazionali, al fine di creare le condizioni per un futuro sostenibile del sito napoletano”. Eppure solo sette mesi prima la multinazionale, sottoscrivendo un accordo redatto e firmato dal MISE, si era impegnata a investire 17 milioni di euro tra il 2019 e il 2021 nello stabilimento in questione. L’allora ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio dichiarò che «stracciando l’accordo del 25 ottobre i nuovi vertici di Whirlpool hanno mancato di rispetto ai lavoratori, ancor prima che al ministero dello Sviluppo Economico e al governo stesso», chiedendo che venisse «puntualmente fatta chiarezza» e minacciando, se ciò non fosse avvenuto, di «rimettere in discussione l’intero piano industriale e a verificare l’utilizzo che è stato fatto degli ammortizzatori sociali fino ad oggi». Lo stesso Di Maio aveva firmato gli incentivi per convincere Whirlpool a rimanere in Italia, successivamente revocati nella cornice di un aspro scontro con i vertici dell’azienda. Il 25 giugno, al Mise, si era poi tenuto un incontro che sembrava preludere a una chiarificazione. Davanti al Palazzo di via Molise, si erano riuniti 300 dipendenti che, indossando magliette con la scritta “Whirlpool Napoli non molla”, avevano gridato «Dignità, dignità!». Eppure, né Di Maio né il successivo numero uno del dicastero, Stefano Patuanelli, riuscirono ad andare oltre le rassicurazioni. Lo stabilimento, infattichiuse ufficialmente i battenti il 31 ottobre 2020. In seguito a un’assemblea in fabbrica, quel giorno gli operai formarono un corteo seguendo il perimetro dello stabilimento ed effettuarono un blocco stradale di un’ora.

Nel luglio 2021, la multinazionale americana annunciò il licenziamento collettivo dei lavoratori impiegati nello stabilimento della città partenopea, i quali si trovavano in cassa integrazione. Un centinaio dei lavoratori del sito di via Argine manifestarono al Molo Beverello di Napoli esponendo striscioni e bloccando le operazioni di imbarco per le isole. Proteste veementi che sono proseguite, senza soluzione di continuità, per i due anni successivi. I lavoratori non hanno mai abbassato la testa, fino ad abbracciare l’ultima svolta. «Quattro anni di paura, di delusioni e molte promesse mancate – hanno raccontato questa mattina alcuni dei 312 in fila per firmare i nuovi contratti con il gruppo TeaTek – ma oggi finalmente possiamo tornare a casa dalle nostre famiglie con lo stesso sorriso che avevamo prima che la Whirlpool ci lasciasse in mezzo alla strada, oggi abbiamo ritrovato la nostra dignità».

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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