Per milioni di utenti, si sa, il Black Friday rappresenta l’occasione per una maratona di acquisti compulsivi, offline come sul web. Ma è anche una data fortemente simbolica per attuare importanti azioni contro lo sfruttamento del lavoro e, in particolare, contro le politiche interne delle grandi piattaforme di vendita online. Per questo motivo, i dipendenti di Amazon – che quest’anno pubblicizza dieci giorni di sconti festivi, dal 17 al 27 novembre – hanno organizzato in circa 30 paesi del mondo una serie di eventi di protesta con la finalità di rallentare gli acquisti e la distribuzione dei prodotti. Oggi lo sciopero ha coinvolto i lavoratori di molti Stati europei: le proteste più partecipate e vibranti sono andate in scena in Germania, Spagna e Francia e significative mobilitazioni si sono verificate nel Regno Unito. A scioperare sono stati anche i dipendenti di Amazon in Italia dello stabilimento di Castel San Giovanni, in Emilia-Romagna, da mesi in prima linea per chiedere maggiori diritti all’azienda.

La campagna di mobilitazione globale è stata chiamata “Make Amazon Pay” ovvero “Amazon deve pagare”. L’attacco è riferito a quelle responsabilità e a quei debiti che vengono attribuiti al colosso del commercio sul web nei confronti dei propri dipendenti, dell’ambiente e della società tutta. In Germania, che rappresenta il secondo mercato di Amazon per numero di vendite nel 2022, i lavoratori dei centri di distribuzione di Dortmund, Coblenza, Lipsia, Bad Hersfeld e Rheinberg stanno portando avanti uno sciopero di 24 ore per ambire all’ottenimento di un accordo salariale collettivo. Il sindacato spagnolo Ccoo ha invece indetto uno sciopero chiedendo ai dipendenti di incrociare le braccia un’ora per ciascun turno nel corso del Cyber Monday, ovvero del lunedì che segue il Black Friday, in cui vengono proposte offerte speciali nell’ambito degli acquisti online. In Francia, ad animare le iniziative è l’organizzazione no-global Attac, che sta spronando gli attivisti a tappezzare con nastro adesivo e manifesti i punti di ritiro degli ordini Amazon – gli “Amazon Locker” – così che corrieri e clienti non riescano ad aprirli. In Inghilterra, in cui si sono succeduti scioperi anche il 7, 8 e 9 novembre per il rinnovo del contratto, i sindacalisti hanno organizzato una manifestazione presso la sede londinese di Amazon a Londra. Inoltre, nel magazzino Amazon di Coventry sono coinvolti nello sciopero un migliaio di lavoratori.

In Italia, lo stabilimento di Castel San Giovanni – primo hub aperto da Amazon nella Penisola – ha costituito l’epicentro delle odierne proteste. Qui i dipendenti chiedono da mesi un dignitoso adeguamento di stipendi e buoni pasto, l’avvio di una discussione sul welfare aziendale, il rinnovo del contratto (che solo a Piacenza è quello del Commercio e non della Logistica) e una maggiore attenzione da parte dell’azienda sul tema della sicurezza sul lavoro. In seguito al fallimento delle trattative, ad inizio ottobre le sigle sindacali Filcams Cgil, Nidil Cgil, Fisascat Cisl, Felsa Cisl, Uiltucs Uil e Uiltemp di Piacenza avevano proclamato uno sciopero di 24 ore, seguito a stretto giro da altri due scioperi in poche settimane. Non essendosi mossa foglia, in occasione del Black Friday Filcams-CGIL e dall’UGL hanno proclamato un nuovo sciopero. E oggi la maggior parte dei 400mila pacchi in consegna ai clienti Amazon sono rimasti sugli scaffali. «In Italia siamo abituati a difendere i nostri diritti e questa volta non è diverso – ha dichiarato Giampaolo Meloni, membro della federazione sindacale italiana Filcams Cgil -. Lavorare in Amazon ci ha mostrato la necessità di un fronte unito per lottare per salari equi e condizioni di lavoro sicure. Questo sciopero del Black Friday è più di una protesta: è un messaggio che siamo tutti insieme, oltre i confini, lottando per ciò che meritiamo».

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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