Primo: le disuguaglianze economiche all’interno dei Paesi parte del sistema neoliberista non sono causate da un’inevitabile legge naturale, ma sono chiara espressione di una volontà politica. Secondo: mentre sui media dominanti si parla di artigiani, piccoli imprenditori e tassisti come degli evasori sistematici che danneggiano il sistema Paese, la realtà ci racconta come il problema stia decisamente più in alto, in quella fascia numericamente esigua di ricchi e grandi aziende multinazionali che detengono ormai gran parte della ricchezza. Sono due verità chiave sancite dal primo Global Tax Evasion Report, uno degli studi più aggiornati, completi e innovativi sull’evasione fiscale globale, pubblicato dall’UE Tax Observatory e presentato a Roma. Secondo il fondatore dell’Osservatorio, Gabriel Zucman, «se osserviamo i dati, vediamo che l’evasione fiscale è uno sport praticato principalmente dai ricchi e dalle grandi multinazionali. Questo aggrava le disuguaglianze e mina la democrazia».

Secondo lo studio, le multinazionali e i miliardari, avendo la capacità economica, strategica e informativa, riescono a spostare i loro patrimoni in conti offshore o in holding finanziarie, creati spesso nei paradisi fiscali, per poter così eludere le tassazioni attraverso pratiche che si trovano ai limiti della legalità.

Come infatti spiega Annette Alstadsater, coordinatrice del gruppo di ricerca, la creazione di varie holding permette a questi gruppi finanziari di risultare direttamente proprietari delle azioni al posto dei singoli individui, sostanzialmente schermando e nascondendo i reali proprietari ed i loro patrimoni. Così facendo il profitto generato non è direttamente riconducibile a una persona e quindi non viene tassato.

Su scala globale, lo stock di ricchezza finanziaria offshore è cresciuto in termini nominali e reali negli ultimi vent’anni, raggiungendo nel 2022 una cifra pari a 12.000 miliardi di dollari (il 12% del PIL planetario), ed il 27% di tale ammontare evade oggi la tassazione, una percentuale comunque 3 volte più bassa rispetto a 10 anni fa.

Ma nonostante l’evasione fiscale tramite conti offshore sia diminuita negli ultimi dieci anni grazie soprattutto al Common Reporting Standard del 2017, che impone lo scambio di informazioni finanziarie tra banche e autorità di controllo, i ricercatori mettono in guardia riguardo nuove frontiere dell’evasione che si realizzano soprattutto attraverso gli investimenti immobiliari. I beni reali, infatti, non sono soggetti all’obbligo sullo scambio di informazioni come avviene, invece, dal 2017, per i beni finanziari. Pertanto, il denaro che un tempo era presente nei conti offshore viene oggi investito in immobili tramite strutture segrete, come società di comodo e trust. “Si pensi alle proprietà a Dubai come ai nuovi conti bancari svizzeri”, dicono gli studiosi nel rapporto. Il problema principale è che della maggior parte di questi casi non si riesce a risalire al vero proprietario.

Tuttavia, secondo i ricercatori, anche l’evasione fiscale offshore continua e permanere perché è ancora “possibile detenere attività finanziarie che sfuggono agli obblighi dichiarativi, sia a causa della mancata conformità da parte delle istituzioni finanziarie offshore, sia a causa delle limitazioni nella concezione del sistema di scambio automatico di informazioni bancarie”. In pratica, recenti ricerche hanno messo in evidenza come alcuni individui, che erano soliti nascondere attività finanziarie in banche offshore, abbiano sfruttato delle scappatoie spostando le loro attività su asset non coperti dallo scambio automatico di informazioni, in particolare immobili.

Un altro dato rilevante che emerge dalla ricerca è che rimane ancora molto alto l’ammontare di profitto che viene spostato dalle multinazionali nei paradisi fiscali: la stima è di 1.000 miliardi di dollari per il 2022. Si tratta dell’equivalente del 35% di tutti gli utili contabilizzati dalle multinazionali al di fuori del Paese in cui hanno sede. Secondo il rapporto, nonostante negli ultimi anni siano state adottate delle misure per cercare di arginare questo fenomeno, il profit shifting globale è rimasto praticamente invariato. Queste pratiche elusive delle multinazionali privano, su scala globale, gli erari degli Stati di risorse equivalenti al 10% del gettito complessivo dell’imposta sul reddito delle società. Questo fenomeno danneggia particolarmente il continente europeo.

Inoltre, attraverso un metodo pionieristico, gli studiosi dell’UE Tax Observatory, hanno evidenziato come l’imposta sul reddito non è progressiva per tutti. Infatti, per i miliardari è regressiva, ovvero più guadagnano meno tasse pagano, mentre per il resto della popolazione è progressiva, ovvero più si guadagna e più è alta la tassazione. Questa ricerca dimostra che i miliardari globali beneficiano di aliquote fiscali sulla persona molto basse, comprese tra lo 0% e lo 0,5% della loro ricchezza, mentre i redditi delle persone normali vengono tassati tra il 20% ed il 50%.

Come afferma in un’intervista Gabriel Zucman, «i livelli di disuguaglianza sono alimentati dalle politiche fiscali. Negli ultimi 40 anni, in tutto il mondo, quando i governi hanno ridotto le imposte sulle imprese e sui ricchi per rimanere competitivi, hanno compensato la perdita di gettito aumentando i prelievi sul lavoro e sui consumi». Le tasse sul lavoro e sui consumi, però, ricadono proporzionalmente molto di più sulle classi basse e medie, e questo ha esacerbato la disparità fiscale, la quale, secondo l’economista Joseph Stiglitz, «mina il corretto funzionamento della nostra democrazia, approfondisce la disuguaglianza, indebolisce la fiducia nelle nostre istituzioni ed erode il contratto sociale».

In pratica, ci troviamo in un sistema finanziario e legislativo strutturato per portare benefici solo alle multinazionali e ai super ricchi, mentre a farne le spese sono soprattutto i normali cittadini, massacrati da un regime fiscale a loro totalmente sfavorevole.

 [di Gioele Falsini]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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