Roma Capitale potrebbe decongestionare i ritmi cittadini agendo sulla flessibilità dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti capitolini [Gianni Carravetta*]

Dopo l’emergenza sanitaria, il tema della flessibilità delle prestazioni è entrato di diritto nel dibattito sul lavoro, anche in Italia, fermo restando che nel nostro paese la questione cruciale resta la bassa remunerazione, dato che è l’unico nel panorama europeo in cui il salario medio in 30 anni è diminuito (rispetto al 1990, -2.9%) invece di aumentare.

La centralità del bilanciamento tra vita e lavoro, dunque, è un argomento che si giustappone a quello dei bassi salari, in una sorta di rincorsa verso standard accettabili. Secondo il trend registrato dal 2021 in poi, fattori oggettivi come la retribuzione, difatti, non sono gli unici a rendere un lavoro soddisfacente, in quanto coesistono motivazioni di carattere sociale e psicologico, come evitare un eccessivo carico di stress lavoro-correlato o accedere a misure di conciliazione tra vita di lavoro e vita personale, elementi che, se correttamente interpretati, spiegano fenomeni come le dimissioni volontarie o, in più generale, la marcata tendenza verso una maggiore mobilità sociale alla ricerca di migliori condizioni di lavoro.

Uno recente studio condotto da 14 ricercatori delle università di Harvard e della Pennsylvania, pubblicato sull’American Journal of Public Health, ha dimostrato che l’orario di lavoro flessibile, rispetto a quello tradizionale, riduce il rischio di malattie cardiache di 10 anni. Meno ore di lavoro, orari di ingresso e uscita flessibili, lavoro agile e autonomia delle persone sono elementi fondamentali per conseguire risultati positivi per aziende e lavoratori

Lo confermano anche i risultati della ricerca dell’Osservatorio del Politecnico di Milano: nel 2023 si è assistito ad un consolidamento del fenomeno riguardante la diffusione dello smart working nelle aziende italiane, con una leggera crescita rispetto al 2022 ed un incremento superiore al 541% rispetto ai dati pre-pandemia. L’aumento si deve soprattutto alle grandi imprese e alle PMI, mentre fanno registrare una lieve flessione le micro-imprese e la PA. Lo studio conferma che un modello di Smart Working maturo, che agisca su tutte le leve, ha un impatto positivo sulle persone: gli smart worker fanno registrare livelli più elevati su tutte le dimensioni del benessere e in particolare su quella del benessere psicologico.

Dagli studi, dunque, emerge in modo chiaro che la flessibilità dei modelli organizzativi agisce positivamente sulle persone e sul lavoro, includendo aspetti come la capacità di attrarre talenti, l’inclusività, il livello di engagement dei dipendenti e il miglioramento del loro equilibrio tra vita e lavoro.

Tuttavia, guardando alla PA, seppure con qualche eccezione, i modelli rimangono fortemente ancorati al passato, facendo registrare un’inerzia preoccupante, laddove la perdita secca di risorse (legata a fattori esogeni quali pensionamenti e blocchi assunzioni, etc.) ha coinciso con la perdita secca di attrattività del posto di lavoro pubblico (dimissioni/rinunce all’offerta di lavoro).

Ne sa qualcosa Roma Capitale, il cui organico ormai è talmente ridotto da dover ricorrere ad ogni forma di reclutamento, dall’avvalimento di graduatorie di altre PP.AA. ai contratti a t.d.

Per giunta a Roma, a complicare le cose, ci si mette l’indice della qualità della vita, che colloca la città in una posizione (costantemente) mediocre (35°) nel panorama nazionale e tra le peggiori 10 a livello europeo. Se si guardasse solo a parametri ambientali disaggregati, Roma avrebbe però i massimi risultati per il biossido di azoto e ottimi valori per le polveri inalabili, tralasciando i record negativi per il trattamento dei rifiuti (soprattutto dopo l’ennesimo incendio di Malagrotta). Insomma, Roma appare come una città ostaggio dei cantieri e del traffico privato, dove si vive male, si respira a fatica e si fatica a sopravvivere.

Dunque, lavoro e qualità della vita si incrociano in una spirale discendente che riduce il margine del valore  (pubblico) delle politiche dell’Ente sul livello di benessere complessivo. Che fare? Il lavoro è una variabile dipendente da fattori esterni (leggi e saldi di finanza pubblica), mentre la qualità della vita e del lavoro può essere influenzata da scelte consapevoli. Il Sindaco e soprattutto l’Assessore addetto alla materia (Personale e città dei 15 minuti), dovrebbero promuovere l’unico miglioramento possibile nel breve e medio periodo: decongestionare realmente i ritmi cittadini agendo sulla flessibilità dei tempi di vita e di lavoro, a cominciare dall’emancipazione della (consistente) platea dei dipendenti capitolini. L’impegno deve essere declinato al presente, il futuro del Giubileo e delle grandi opere rischia di essere un ballon d’essai, con l’inevitabile… sic transit gloria mundi.

*Gianni Carravetta è Rsu Cobas al Comune di Roma

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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