Un soldato americano si uccide dandosi fuoco per protestare per la Palestina davanti all’ambasciata israeliana: “Non sarò più complice di un genocidio”. È il secondo caso ma i media non ne parlano o se lo fanno omettono il motivo del gesto.

Soldato americano si da fuoco davanti ambasciata israeliana

Si chiamava Aaron Bushnell, aveva 25 anni. Ieri Aaron si è ucciso per protesta contro il genocidio a Gaza, dandosi fuoco davanti all’ambasciata israeliana a Washington.

“Era uno dei compagni più retti e onesti che abbia mai conosciuto”, ha detto una persona che ha lavorato con Bushnell per sostenere i senza casa di San Antonio. “Cercava sempre di pensare a come possiamo effettivamente raggiungere la liberazione per tutti, sempre con un sorriso sul volto”.

Il video inizia con Aaron che si presenta come “un membro in servizio attivo dell’aeronautica americana”, indossa un’uniforme e afferma “non sarò più complice del genocidio”. “Sto per intraprendere un atto estremo di protesta “, dice con calma, camminando per strada. “Ma rispetto a ciò che le persone hanno vissuto in Palestina per mano dei loro colonizzatori, non è affatto estremo. Questo è ciò che la nostra classe dirigente ha deciso sarà la nuova normalità.”

È solo, e passa davanti all’ambasciata del Ghana, filmandosi mentre parla, prima di fermarsi sul vialetto che porta all’ambasciata israeliana. Appoggia il telefono a terra puntandolo sul cancello alla fine del vialetto e poi si dirige verso il cancello. Versa un liquido sulla sua testa da una bottiglia di metallo, getta la bottiglia, si mette il cappello dell’uniforme in testa.

Tira fuori un accendino dalla tasca e cerca ripetutamente di accenderlo. È a questo punto che si sente la sicurezza/polizia fuori campo dire “Posso aiutarla?”

Dopo l’accensione, grida ripetutamente “Palestina libera”. Per un minuto intero, la polizia lo vede e dice “Posso aiutarla, signore?” e mentre è in fiamme gli urla di mettersi a terra, ma non fa nient’altro. Si vede un poliziotto che gli punta una pistola addosso e lo tiene sotto tiro anche dopo che cade a terra, consumato dalle fiamme.

Un altro poliziotto (con la camicia bianca, forse è una guardia di sicurezza, non è chiaro) inizia a spruzzarlo con un estintore, l’altro poliziotto rimane fermo e sempre con la pistola spianata. L’uomo in maglietta bianca urla “Non ho bisogno di pistole, ho bisogno di estintori!” Arrivano altri poliziotti, e dei paramedici. Vengono utilizzati 3 estintori.
Il video termina con una maglietta bianca che risponde sollevando il dispositivo e chiedendo “Cos’è questo? Chi è questo?”

La foto del poliziotto che continua a puntare la pistola su Aaron anche quando è a terra avvolto dalle fiamme resterà nella storia della follia disumana come l’emblema dell’abisso in cui sono precipitate le classi dirigenti dell’intero Occidente.

Solo una società egemonizzata da pazzi ossessionati unicamente dal proprio benessere e dalla propria sicurezza può produrre un poliziotto così assurdamente disumano da vedere una minaccia in un uomo che sta bruciando vivo.

Ultima cosa: questo è il secondo episodio in cui una persona si dà fuoco per protesta contro il genocidio israeliano. La prima volta è stata il primo dicembre dell’anno scorso, subito dopo la ripresa del genocidio dopo la tregua di una settimana. Una donna si era data fuoco davanti al consolato israeliano ad Atlanta, riportando gravissime ferite.

Incredibilmente, non conosciamo nulla di quella donna: nonostante il fatto sia avvenuto nel cuore della più grande democrazia del mondo, nessun giornale ha mai diffuso il suo nome e la sua storia.

* Da Alessandro Ferretti Blogspot

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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