Non tutti sanno che l’esportazione, l’importazione e anche il semplice transito sul territorio italiano di materiali di armamento sono disciplinati, dal 1990, da una legge che reca il numero 185. E non c’è solo la legge ordinaria. La Costituzione, all’art. 11, afferma in modo categorico che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Soprattutto se la prima parte dell’articolo viene collegata alla seconda parte (l’Italia «consente […] alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni») risulta evidente che l’unica via costituzionalmente legittima per comporre i conflitti è quella dell’intervento degli organismi sovranazionali preposti (ONU) e mai quella dello scontro armato fra contendenti (a cui è funzionale il commercio delle armi). Non a caso la legge 185 prevede (articolo 1, comma 6) che «L’esportazione e il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i paesi in stato di conflitto armato […]».
Quel divieto così perentorio e opportuno è, peraltro, derogabile per effetto di «diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere». E la deroga è stata ed è applicata per fornire armi all’Ucraina. Ma, evidentemente, non bastava. Nel clima di malsana euforia creato dal boom di affari per produttori e trafficanti di armi, il Governo presieduto da Giorgia Meloni – come segnalato dall’Associazione Movimenti-Cambiamenti – ha pensato bene di affossare i principi di trasparenza introdotti con la legge n. 185/1990 per il commercio degli armamenti. Nella relazione allegata al disegno di legge di modifica, presentato al Senato (n. 855 della XIX legislatura), si dichiara che il provvedimento «apporta alcuni aggiornamenti alla disciplina» della legge 185 «al fine di rendere la normativa nazionale più rispondente alle sfide derivanti dall’evoluzione del contesto internazionale». In realtà, come emerge dall’analisi del testo, l’obiettivo è semplificare il traffico di armi, occultandolo all’opinione pubblica e rendendolo funzionale all’attuale clima di guerra.
L’introduzione di un potere insindacabile del Governo sull’export di armi. Il 17 aprile 2023 il Governo Meloni aveva già cancellato il provvedimento del gennaio 2021 con cui era stata disposta, dal secondo Governo Conte, la revoca delle autorizzazioni all’esportazione di missili e bombe verso Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (coinvolti nella guerra in corso nello Yemen). Ora, però, il nuovo disegno di legge prevede chein presenza di un divieto di esportazione di armi posto/proposto dall’Unità per le Autorizzazioni dei Materiali d’Armamento (UAMA), il Comitato Interministeriale per gli Scambi di Materiali di Armamento per la Difesa (CISD, presieduto dal Presidente del Consiglio), può insindacabilmente rigettare il divieto, purché eserciti tale facoltà entro 15 giorni. Il veto governativo (perché si tratta di un vero e proprio “potere di veto”) prevale su quanto proposto dalla UAMA, senza che vi sia la necessità di informare e/o sentire il Parlamento. Il tutto, quindi, avviene al di fuori di ogni trasparenza e tenendo completamente all’oscuro l’opinione pubblica.
Le banche etiche vanno bandite. La Rivista Italiana Difesa del 3 luglio 2023, riportando gli interventi succedutisi all’Assemblea Generale dell’AIAD (Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza), tenutasi a Roma, oltre a sostenere«la necessità di aggiornare la legge 185», indica anche un altro tema, a suo giudizio, nevralgico: la necessità di superare la questione delle banche etiche. Nella stessa assemblea AIAD, infatti, il ministro Crosetto aveva manifestato tutta la propria insofferenza verso, a suo parere, incomprensibili scrupoli morali: «perché una banca non dovrebbe supportare un’operazione che è legale?». Evidentemente sfuggiva e sfugge al Ministro la distinzione tra legge ed etica: non tutto quello che è legalmente consentito è anche conforme alla morale religiosa o laica. Le banche, del resto, rispetto ai finanziamenti alla produzione e/o all’esportazione di armamenti, si fanno portatrici anche di esigenze etiche dei propri clienti, risparmiatori o investitori. Per risolvere il “problema” nel disegno di legge è stato inserito un emendamento, proposto dalla relatrice Stefania Craxi (FdI),che prevede l’abrogazione del comma 4 dell’articolo 27, cancellando dalla relazione annuale del Governo al Parlamento il «capitolo sull’attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano concernente le operazioni disciplinate dalla presente legge» (n. 185/1990, ndr). In sostanza non sarà più possibile conoscere quali banche speculano sulle armi e sulle guerre.
Cancellata ogni ipotesi di conversione dell’industria militare in civile. La proposta governativa prevede, inoltre, l’abrogazione dell’intero articolo 8 della legge n. 185, che affida all’Ufficio costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito, particolarmente importante e delicato, di studiare la conversione a scopi civili delle aziende di produzione di armamenti. Attualmente l’Ufficio deve individuare la possibile «utilizzazione per usi non militari di materiali derivati da quelli di cui all’articolo 2, ai fini di tutela dell’ambiente, protezione civile, sanità, agricoltura, scientifici e di ricerca, energetici, nonché di altre applicazioni nel campo civile». Alcuni senatori del PD avevano proposto un emendamento per mantenere in vita l’articolo 8, ma il disegno di legge è stato approvato dal Senato il 21 febbraio 2024 nel testo integrale sostenuto dalla maggioranza di governo. Il deciso orientamento di cancellare la riconversione delle industrie belliche dal testo della legge manifesta in modo palese che gli intenti di questo Governo sono ben lontani da qualunque orizzonte di pace e che l’unica prospettiva considerata è quella di sostenere e far crescere in ogni modo la proliferazione delle armi e i profitti relativi. Eppure, proprio negli anni ’90, dopo l’approvazione della legge 185, soprattutto per effetto di una coraggiosa iniziativa delle operaie della Valsella Meccanotecnica di Castenedolo (azienda del Gruppo Fiat) la produzione di mine antiuomo fu fermata e l’impresa fu convertita a scopi civili (http://www.mceditrice.it/it/articoli/47-articoli/382-finche-ce-guerra-la-legge-sullexport-delle-armi).
Un caso giudiziario olandese.Oxfam Novib, PAX e Rights Forum, associazioni impegnate per la pace, hanno ottenuto, in Olanda, un’importante sentenza(https://linkeddata.overheid.nl/front/portal/document-viewer?ext-id=ECLI:NL:GHDHA:2024:191). Il 12 febbraio 2024 in sede di appello (in primo grado il Tribunale aveva rigettato il ricorso) una Corte ha deciso che i Paesi Bassi devono fermare entro sette giorni l’esportazione di parti di aerei da caccia F35 verso Israele, a causa degli evidenti rischi di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. La Corte, sulla base dei rapporti di Amnesty e dell’ONU, ha concluso che gli obiettivi civili a Gaza vengono colpiti in modo sproporzionato, causando numerose vittime civili, tra cui molti bambini. È la prima pronuncia giurisdizionale sul traffico di armamenti o di parti di armamenti, ma l’esempio dovrebbe essere seguito dagli altri paesi, quanto meno da quelli europei, come l’Italia, tenuti al rispetto di normative analoghe, che vietano l’esportazione di armi in violazione dei diritti umani. Se pensiamo alle bombe e ai missili costruiti in Sardegna e utilizzati in Yemen, oppure ai cannoni prodotti dalla Oto Melara che colpiscono Gaza, abbiamo evidentemente molto da fare anche in “casa nostra”.
Aggiornamento sul procedimento parlamentare. Come si è detto, il disegno di legge n. 885 è stato approvato, in tutta fretta, il 21 febbraio 2024. Ora spetta alla Camera pronunciarsi (il disegno è in carico alla Camera con il n. C.1730). Il timore è che, stante la maggioranza precostituita, si possa arrivare a un’approvazione definitiva senza dibattito e in tempi ristrettissimi. Poche le voci che hanno denunciato i pericoli della “riforma” della legge vigente. Oltre a Rete italiana pace e disarmo solo il mondo cattolico si è mosso: il quotidiano Avvenire del 5 marzo 2024 ha ripreso l’allarme delle associazioni Ac, Acli, Focolari, Giovanni XXIII, Pax Christi, Agesci, Libera con gli Evangelici e, in particolare, la richiesta di non toccare la legge 185. Il resto del mondo laico e quasi tutti gli altri organi di informazione (eccettuato Il Fatto Quotidiano) non hanno minimamente ripreso o diffuso la notizia di quanto sta accadendo in Parlamento.