Maurizio Biagiarelli

L‘astuzia del capitalismo di mascherarsi da mercato senza nome, a scivolare via nell’anonimato di un grande flusso come un destino di cui nessuno porta la responsabilità.

Capitalismo e mercato

È vero, oggi il capitalismo si vergogna a utilizzare questo nome per identificarsi. Preferisce farsi chiamare “mercato”, perché allontana da sé l’immagine sgradevole dei robber barons – i capitalisti rapaci – degli albori del capitalismo americano di fine 800-inizio 900.

Il mercato punta a non avere nomi e cognomi, a scivolare via nell’anonimato di un grande flusso che tutti ci avvolge, cittadini e stati, come un destino di cui nessuno porta la responsabilità. Un mercato che dopo aver venduto il passato e il presente si occupa di vendere il futuro, scommettendo indifferentemente sui guadagni e sulle perdite, senza più alcun legame con gli oggetti reali, con gli stessi beni di consumo.

Se ci fate caso negli anni 60 e 70 ancora c’erano i padroni. Agnelli-Pirelli-fratelli-gemelli, erano protagonisti sia nei cortei che nei rotocalchi popolari. La correlazione tra il capitalismo e il lavoro che produceva l’accumulazione capitalistica era visibile e chiara a tutti.

Poi invece tutto è diventato vago, le divisioni di classe sono state date per finite, mentre ahimè nello stesso tempo le disuguaglianze continuavano a crescere in misura esponenziale.

L‘astuzia del capitalismo di mascherarsi da mercato senza nome, il suo nascondersi dentro un gioco di scatole cinesi in cui la proprietà delle imprese si componeva e ricomponeva in forme sempre nuove, ha perfino fatto perdere le tracce di quelli che una volta erano i padroni.

Oggi è spesso difficile sapere con chi bisogna prendersela, chi è il “nemico di classe”, come si usava dire.

Forse che i nemici di classe non ci sono più? No di certo, ci sono eccome, ma sono molto più lontani e poco percepibili. Hanno anche imparato a scompaginare la coscienza di classe dei lavoratori, frammentandola in un caleidoscopio di soggettività intercambiabili, in cui nulla è ormai più come appare.

Il mercato – cioè il capitalismo – si rinnova per non morire, cambia pelle e generi di consumo. E si nasconde sempre di più.

Finché, com’era accaduto in Francia mesi fa, un piccolo errore di sopravvalutazione della propria forza provoca una scintilla che fa scoppiare un incendio. Quella francese non era opposizione alla riforma delle pensioni, è una crisi di sistema in cui vengono al pettine molti nodi del capitalismo. E le giravolte di Macron delle ultime settimane ne sono ulteriore conferma

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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