Nel pomeriggio di ieri, a Damasco, in Siria, le forze aeree israeliane hanno colpito l’edificio dove ha sede il consolato iraniano, uccidendo almeno sette persone che si trovavano al suo interno, tra cui due generali del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (IRGC) e due comandanti e consiglieri militari di alto profilo. Non è la prima volta: Israele ha già attaccato in passato forze militari iraniane sul territorio siriano, tuttavia rappresenta un deciso innalzamento del livello dello scontro la decisione di attaccare un edificio diplomatico che, in base al diritto internazionale, è da ritenersi come parte integrante dello Stato che rappresenta, ovvero una extraterritorialità. In altre parole, l’attacco al consolato iraniano in Siria, ai sensi del diritto internazionale, è da ritenersi un attacco diretto all’Iran. Il governo di Teheran ha già commentato il fatto, promettendo una rappresaglia «a tempo debito» e precisando di ritenere responsabili dell’attacco anche gli Stati Uniti. Mentre la Russia ha chiesto una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

I vertici delle Guardie della rivoluzione iraniana hanno affermato che il “regime sionista” ha commesso il crimine di aver attaccato il consolato iraniano a Damasco in seguito alla sua frustrazione «di fronte alla ferrea determinazione della resistenza islamica nella regione». L’identità delle vittime è stata confermata dalle stesse autorità iraniane: si tratta dei generali Mohammad Reza Zahedi e Mohammad Hadi Hajirahimi, e di cinque tra comandanti e consiglieri militari di alto livello: Hossein Amanollahi, Mahdi Jalalati, Mohsen Sedaqat, Ali Aqababaee e Ali Salehi Ruzbehani.

«Condanniamo fermamente questo atroce attacco terroristico che ha preso di mira l’edificio del consolato iraniano a Damasco e ha ucciso un certo numero di innocenti», ha detto il ministro degli Esteri siriano, Faisal Mekdad, intervenuto sul posto insieme al Ministro dell’Interno siriano. Il portavoce delle Forze di Difesa israeliane, il contrammiraglio Daniel Hagari, intervistato dalla CNN, ha affermato: «Secondo la nostra intelligence, questo non è un consolato e questa non è un’ambasciata [..] Si tratta di un edificio militare delle forze Quds camuffato da edificio civile a Damasco». Il Ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir Abdollahian, ha dichiarato in un post su X che l’Iran ha convocato l’ambasciatore svizzero e ha chiesto che venisse consegnato un messaggio importante agli Stati Uniti che, come principale alleato di Israele, «devono rispondere delle azioni dello Stato sionista». La Svizzera, infatti, in assenza di relazioni diplomatiche tra Teheran e Washington, funge da ponte comunicativo tra i due governi. L’Arabia Saudita ha affermato che l’attacco è una violazione delle leggi internazionali e delle regole riguardanti l’immunità diplomatica. Anche il Segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo, Jasem Mohamed Al-Budaiwi, ha denunciato l’attacco.

La forza libanese Hezbollah, stretta alleata iraniana nella regione, ha condannato l’attacco israeliano promettendo di vendicare i compagni della resistenza islamica: «Questo crimine non passerà senza che il nemico riceva punizione e vendetta». La missione iraniana presso le Nazioni Unite ha descritto l’attacco come una «flagrante violazione della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e del principio fondamentale dell’inviolabilità delle sedi diplomatiche e consolari». Di conseguenza, l’Iran ha proclamato il suo diritto di rappresaglia, specificando che questa sarà dura e condotta al momento opportuno.

Nel gennaio scorso, quando in Iran un attacco terroristico uccise un centinaio di persone durante la cerimonia dell’anniversario della morte del generale Qasem Soleimani, sebbene l’ISIS avesse rivendicato l’attacco, le autorità iraniane ritennero responsabili USA e Israele. In quell’occasione, le forze di Teheran condussero attacchi di rappresaglia in Siria e Iraq colpendo obiettivi legati ai due Stati. L’azione fu condotta contro una base dei servizi segreti israeliani e contro un Consolato statunitense in costruzione nella città di Erbil, in Iraq, oltre che contro roccaforti dell’ISIS e di altre organizzazioni islamiche anti-iraniane a Idlib, in Siria.

Difficile capire quale potrebbe essere la risposta iraniana questa volta, oltre che i tempi entro cui sarà messa in essere. Da capire anche se la rappresaglia sarà condotta solo contro Israele o se saranno colpiti anche obiettivi statunitensi. L’Iran, che non potrà rimanere inerte, dovrà comunque calibrare bene i bersagli della propria rappresaglia, al fine di salvare la propria immagine senza scatenare un vero e proprio allargamento del conflitto. Questo infatti sembra fino ad oggi l’intento iraniano, che si è ben guardato da cercare escalation militari contro Israele e gli USA, cosa che invece pare cercare Tel Aviv. Certo è che questo attacco israeliano segna un nuovo punto importante nell’innalzare il conflitto regionale già riacceso dalla guerra di Gaza, e la risposta iraniana andrà a costituire necessariamente un ulteriore tassello nella guerra allargata che si svolge in Medio Oriente.

[di Michele Manfrin]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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