2367328527

Attraverso alcuni emendamenti presentati ieri da Gianni Berrino, capogruppo di FDI in Commissione Giustizia a Palazzo Madama, il partito della premier Meloni ha proposto che i giornalisti condannati per diffamazione, in certi casi, possano addirittura essere puniti con il carcere. Nello specifico, tali emendamenti richiedono un inasprimento di pene per il reato di diffamazione a mezzo stampa, contemplando la detenzione fino a 4 anni e mezzo di reclusione per i giornalisti e multe fino a 120mila euro per “condotte reiterate e coordinate” legate alla diffusione di notizie false. Si tratta di un intervento controverso, poiché la legge italiana prevede già, in caso di diffamazione, la possibilità del carcere per i giornalisti, ma dal 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato la norma illegittima. Lega e FI hanno espresso perplessità, affermando che la mossa non fosse stata precedentemente concordata in maggioranza. PD e M5S hanno duramente attaccato FDI e sulle barricate ci sono anche la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e l’Ordine dei Giornalisti, che hanno subito reagito con veemenza al blitz del senatore meloniano.

Gli emendamenti presentati da Berrino, relatore del provvedimento sulla diffamazione attualmente in discussione in Commissione Giustizia alla Camera, introducono un nuovo articolo, il 13 bis, il cui testo recita: “Chiunque, con condotte reiterate e coordinate, preordinate ad arrecare un grave pregiudizio all’altrui reputazione, attribuisce a taluno con il mezzo della stampa” fatti “che sa essere anche in parte falsi è punito con il carcere da 1 a 3 anni e con la multa da 50 mila a 120 mila euro”. Se questi ha contezza che l’offeso sia innocente, la pena viene aumentata da un terzo alla metà, alzandosi fino a 4 anni e mezzo di carcere. Le pene sono inoltre aumentate ove l’offesa sia recata “a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza o a una autorità costituita in collegio”. Contestualmente, si prevede la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da tre mesi a tre anni. L’azione del senatore di FDI fa però a pugni con quanto sancito dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n.150 del 2021 aveva dichiarato illegittimo l’art. 13 della legge sulla stampa (la n. 47 del 1948) proprio per il fatto che prevedeva pene carcerarie, ponendosi così in contrasto con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Umani.

Se Partito Democratico e Movimento 5 Stelle promettono battaglia contro principale azionista di governo, parlando di un «retaggio barbaro» e di una «deriva pericolosissima», si mostrano estremamente cauti gli alleati Lega e FI. «Come presidente della Commissione Giustizia ho sempre cercato di far trovare una posizione di mediazione tra maggioranza e opposizione e ho sottolineato l’importanza di focalizzare l’attenzione sui titoli degli articoli e sulla tematica della rettifica», ha commentato Giulia Buongiorno, manifestando la distanza del Carroccio dal merito delle norme presentate da FDI. «Non abbiamo fatto in tempo ad approfondire il contenuto degli emendamenti – ha invece detto il senatore di FI Pierantonio Zanettin -. Lo faremo in maggioranza prima di cominciare a votare. Il carcere per i giornalisti? Bisogna vedere se è conciliabile con la sentenza della Consulta».

«Il carcere per i giornalisti è un provvedimento incivile e denota la paura di questo governo nei confronti della libertà di stampa», ha dichiarato Alessandra Costante, segretaria generale della FNSI. «Parlare di carcere in caso di quella che viene considerata ‘diffamazione grave’ – ha aggiunto Costante – significa voler mettere il silenziatore a molte inchieste giornalistiche. Appare, inoltre, del tutto pretestuosa e funzionale a un disegno liberticida la confusione tra fake news e diffamazione a mezzo stampa. Con queste norme faremo un altro salto indietro nelle classifiche internazionali sulla libertà di informazione. L’auspicio è che in Parlamento anche pezzi della maggioranza sappiano reagire di fronte a questo ennesimo sfregio all’articolo 21 della Costituzione». Sulla medesima linea d’onda anche Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, il quale ha affermato che lo scenario prospettato dalle norme in discussione «sarebbe un grave passo indietro», trattandosi di «posizioni inaccettabili» che costituiscono il «frutto di pulsioni autoritarie».

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy