La tribù indigena incontattata degli Shompen dell’isola di Gran Nicobar in India rischia di scomparire per via di un progetto del governo indiano che prevede l’urbanizzazione dell’isola: i membri di questa tribù non hanno mai avuto contatti con il mondo esterno e ciò li rende, tra le altre cose, particolarmente vulnerabili alle malattie. Secondo un gruppo di 39 studiosi internazionali che si è espresso contro il progetto, «il semplice contatto tra gli Shompen, che hanno poche, o nessuna, difese immunitarie verso le malattie infettive importate e coloro che provengono dall’esterno porterà con certezza a un forte crollo della popolazione. Ne seguirà la morte di massa dell’intero popolo». A minacciare la loro sopravvivenza è un piano da nove miliardi di dollari del governo di Nuova Delhi chiamato “Great Nicobar Project”, il quale prevede la deforestazione dell’area per far posto ad una metropoli con grattacieli, un porto, un aeroporto a duplice uso civile e militare, centrali elettriche a gas, diesel e solare. Successivamente è previsto anche il trasferimento di 650.000 coloni, che aumenterebbe la popolazione dell’area di quasi l’8000%. L’obiettivo è trasformare la piccola isola nella “Hong Kong dell’India” per fini economici e di potenza. Oltre alle ragioni meramente economiche, infatti, vi è anche la posizione strategica dell’isola: situata in una porzione di oceano Indiano oggetto da tempo delle mire espansionistiche cinesi, Nuova Delhi vorrebbe rivendicarne l’appartenenza.
L’isola è nota per la sua natura incontaminata ed è riconosciuta dalla più alta legge indiana sulla protezione ambientale. L’UNESCO ha dichiarato che il territorio, che fa parte della Rete Mondiale delle Riserve delle Biosfera, copre “ecosistemi di foreste tropicali sempreverdi unici e minacciati. Ospita ecosistemi molto ricchi […]. In termini di fauna, si contano oltre 1800 specie, alcune delle quali endemiche di questa zona”. Ciò non ha impedito, però, di dare il via libera a un progetto che potrebbe distruggerla. Paradossalmente, il comitato di valutazione degli esperti del Ministero indiano dell’Ambiente, delle Foreste e dei Cambiamenti Climatici ha raccomandato la concessione dell’autorizzazione alla Zona di Regolazione Ambientale e Costiera (CRZ) per il via libera del piano. Quest’ultimo impatterà certamente non solo sulla popolazione Shompen, che è una delle tribù più isolate della Terra, ma anche sulla natura del luogo. Per questo si sono moltiplicati gli appelli degli attivisti, dell’ong Survival International e dei 39 studiosi internazionali di genocidio. Questi ultimi in particolare hanno indirizzato una lettera alla presidente indiana Droupadi Murmu: «Noi, come studiosi esperti sul crimine di genocidio, scriviamo per esprimere la nostra massima preoccupazione per il fatto che il popolo indigeno Shompen della Grande Isola Nicobare in India si troverà ad affrontare un genocidio se il piano per trasformare la loro isola nella “Hong Kong dell’India” andrà avanti», si legge nella missiva.
Gli Shompen vivono nella foresta pluviale che copre circa il 95% dell’isola, la più grande delle isole che compongono l’arcipelago delle Nicobare nell’Oceano Indiano, 150 chilometri a sud delle isole Andamane con le quali formano il Territorio indiano delle Andamane e Nicobare. Per secoli questa tribù ha rifiutato il contatto con altri popoli e da diecimila anni vive nelle foreste di Gran Nicobar, nella parte Orientale dell’Oceano Indiano. I nativi sono cacciatori-raccoglitori nomadi e vivono in piccoli gruppi, in territori delimitati dai fiumi che attraversano la foresta pluviale. Costruiscono generalmente accampamenti temporanei nella foresta, in cui vivono per qualche settimana o qualche mese prima di spostarsi di nuovo. La loro popolazione conta tra le 100 e le 400 persone e hanno solo contatti saltuari con i loro vicini indigeni Nicobaresi e con coloni e funzionari governativi, ma la maggior parte di loro resta isolata nella foresta con pochi o nessun contatto con gli esterni. I membri della tribù che hanno eventuali contatti con gli esterni, una volta tornati nella comunità, vengono messi in quarantena in case speciali, fuori dai loro insediamenti. L’amministrazione delle isole Andamane e Nicobare ha testimoniato che «i nostri tentativi di raggiungere l’accampamento principale a circa 50 metri dalle case esterne sono stati bloccati dal lancio di frecce, a cui siamo sfuggiti per un soffio, poiché gli Shompen di questa regione sono fermamente convinti che gli esterni portino malattie».
Il progetto indiano, oltre a minacciare la salute degli indigeni, devasterebbe quattro loro insediamenti insieme ai loro territori meridionali di caccia e raccolta. Per queste ragioni l’ong Survival International ha chiesto all’opinione pubblica internazionale di mobilitarsi “per garantire che questo progetto altamente distruttivo sia cancellato”. Anche il partito di opposizione indiano, l’Indian national congress party, è contrario alla trasformazione e all’occupazione dell’isola che ha descritto come “incubo ecologico”. Nonostante ciò, secondo Survival International, “il Ministero per l’Ambiente, le Foreste e i Cambiamenti Climatici ha già rilasciato permessi per l’abbattimento di 800.000 alberi senza il consenso degli Shompen e dei Nicobaresi”.
[di Giorgia Audiello]