Ferdinando Pastore

Sia in politica internazionale che nella gestione delle misure economiche, Giorgia Meloni risponde con solerzia alle raccomandazioni sovranazionali, in perfetta sovrapposizione con Mario Draghi. Altro che sovranismo.

La sosia di Draghi

Gli ultras neoliberali de “Il foglio” spiccano per la loro candida sincerità. Offrono un bel panegirico a Giorgia Meloni, dipingendola come la perfetta sosia del loro generale in mimetica Mario Draghi.

Si discostano dunque dalle ipocrite critiche dei liberali di sinistra, concentrate sul nuovo avvento delle marce su Roma, e affrontano le questioni con cinica lucidità. Sia in politica internazionale che nella gestione delle misure economiche, la Meloni risponde con solerzia alle raccomandazioni sovranazionali. Altro che sovranismo.

Ma ovviamente le critiche democratiche si concentrano su questioni di costume, di maleducazione istituzionale o di impresentabilità morale. Elly anzi si premura di telefonare all’amica di governo per sincerarsi della fedeltà atlantica.

Il reale nemico della Seconda repubblica, dichiarato apertamente con la nascita dell’esecutivo a guida Draghi, oltre ai movimenti socialisti e comunisti (che però si sconfiggono da soli), sono i 5 Stelle e la loro propensione democristiana in politica estera e redistributiva sul piano sociale.

Stucchevoli dunque appaiono le accuse illuminate sulla nostalgia fascista delle forze di governo. Non perché il problema non esista. Ma perché è affrontato con lo strabismo tipico dei liberali.

Né da un lato si pone l’accento sulle conseguenze sociali della globalizzazione dei mercati, sulla tracotanza degli interessi privati nella dialettica tra capitale e lavoro e della ragionevole rabbia impolitica degli sconfitti (si pensi alla gestione “imprenditoriale” degli enti locali progressisti); né si accenna ad alcuna critica culturale e istituzionale sulla Seconda repubblica, con il suo sondaggismo maggioritario, con la sua verticalizzazione politica e con il suo disprezzo per le organizzazioni partitiche solide e di massa. E soprattutto con la sua manomissione costituzionale che ha esaltato la preminenza dei Trattati mercantilistici dell’Unione Europea.

Ma in più con l’avvento del nuovo corso costituzionale del 1992 si è scientificamente provveduto a sdoganare i fascisti per donargli legittimazione istituzionale.

Dall’inchino nei confronti dei vinti, tanto per cancellare la portata della Resistenza, al revisionismo storico imperniato sul concetto di guerra civile, come se a fronteggiarsi fossero due fazioni moralmente equivalenti, all’equiparazione tra nazismo e comunismo racchiusi nel contenitore asettico di “dittature”, così come rappresentato dal Parlamento Europeo.

In questo modo gli eredi del Movimento sociale italiano, ex repubblichini che nel dopoguerra godevano di legittimazione atlantica ma non di quella costituzionale, si sono potuti riciclare senza scorie, con orgoglio rinnovato, sorvolando sulla storia eversiva di quel partito, che, ricordiamolo, non ha solo avuto una corrente perbenista in doppiopetto ma anche una, maggioritaria, di manganelli e relazioni pericolose con ordinovisti e avanguardisti, i quali partecipavano attivamente alla militanza come braccio armato di Almirante nelle dispute correntizie.

Questo per confermare l’assoluta irrilevanza dell’antifascismo liberale il quale è molto attento al decoro ma poco incline nel riconoscere la contiguità tra americanismo e fascismo. Se Mario Draghi è la quintessenza culturale di questa assonanza la Meloni ne rappresenta un manufatto di laboratorio.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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