Pasqualina Napoletano

Siamo ancora in tempo per offrire agli elettori, soprattutto quelli che negli ultimi anni non sono andati a votare, una proposta chiara ed unitaria contro la guerra? Non lo so, so che le divisioni indeboliscono l’intento di far pesare politicamente la posizione del ripudio della guerra fino al rischio del non raggiungimento del quorum necessario per eleggere deputate/i al Parlamento Europeo.

La guerra, ancora una volta nella storia, si afferma come unico mezzo per definire nuovi equilibri e informa di sé l’intera economia. L’Europa, e più precisamente l’Unione Europea, seppure nata dalle ceneri della più devastante guerra che il mondo abbia conosciuto, non sembra volersi sottrarre a questa logica. Essa, da oltre due anni, insegue la via illusoria della sconfitta militare della Russia in Ucraina, preconizzando in un futuro non meglio definito uno scontro diretto con la Russia, e ciò a giustificazione delle scelte economiche e industriali che già oggi privilegiano gli investimenti in armamenti.

Questa tendenza è apparsa evidente nel rinnovato Patto di stabilità il quale, ripristinando le politiche di bilancio restrittive dell’epoca pre-covid, esclude gli investimenti per la difesa dal calcolo del rapporto deficit-Pil. D’altronde, molti esponenti delle Istituzioni Europee hanno parlato di economia di guerra e del fatto che la guerra sia sempre più nell’ordine delle cose possibili. Tutto ciò anche al fine di influire, poco alla volta, negli orientamenti delle opinioni pubbliche ben poco inclini ad accettare questa prospettiva. Le stesse posizioni del Parlamento Europeo, lungi dal rappresentare gli orientamenti dei cittadini europei nella maggioranza favorevoli a negoziati tra Russia e Ucraina, hanno assecondato le attitudini belliciste dei Governi e dell’UE, a volte, persino anticipandole.

Il riesplodere contemporaneo e non casuale del conflitto in Medio-Oriente – in cui l’UE non riesce a svolgere alcun ruolo significativo e che vede la perversa dinamica azione/ritorsione estendersi di giorno in giorno con costi umani inaccettabili – rende ancor più urgente che la politica, anche a livello mondiale, riprenda il suo ruolo ed abbia la capacità di sostituirsi a questo uso insensato della forza.
Tutto ciò contribuisce ad aggravare lo scollamento crescente tra cittadini e istituzioni che fino ad oggi, particolarmente in occasione del voto per il Parlamento Europeo, si è espresso attraverso la rinuncia al voto.

Se questo è vero in generale, è ancor più vero per la sinistra, nel cui campo questo scollamento rischia di essere esiziale stanti le posizioni dei partiti socialisti e socialdemocratici europei i quali hanno condiviso, sia dal governo che dall’opposizione, le scelte politiche dell’UE coincidenti con quelle assunte dalla NATO guidata dal laburista norvegese Stoltenberg.
Non sfugge, infine, che le destre europee, in crescita di consenso, possano indirizzare i sentimenti diffusi nelle popolazioni in proprio favore, vista anche la prateria lasciata dalla sinistra socialdemocratica. Sintomatiche, a questo proposito, la posizione dell’AFD (Alternative for Deutschland), della Le Pen, della stessa Lega di Salvini in disperata ricerca di consensi e per contrastare le quali non è sufficiente denunciare sospette o reali connivenze con Mosca.

Tornando a noi, non penso che una eventuale rappresentanza della sinistra italiana contro la guerra possa sovvertire queste tendenze, tuttavia, poiché si tratta di tendenze di lungo periodo capaci di riplasmare lo stesso progetto europeo e le sue politiche, sono convinta che la sinistra non possa eludere questo confronto perché ne va della sua stessa esistenza anche a causa delle implicazioni che porta con sé.

Il progetto della lista Pace, Terra e libertà può sembrare estemporaneo per chi lo ha promosso e perché non si propone di dar vita ad un impegno politico duraturo o,persino, ad un ennesimo partito; ma proprio per questo esso ha il merito di dare alla guerra la centralità che merita qui ed ora perché la guerra cambia tutti i paradigmi ed è illusorio pensare che traguardi economici, sociali, di libertà e diritti possano essere raggiunti anche solo pensando che essa sia possibile. Ed è proprio ciò che è emerso nel congresso dei Socialisti Europei svoltosi a Roma lo scorso Marzo; quello che maggiormente colpisce è il fatto che potessero pensare di proporre un programma avanzato negli obiettivi sociali e ambientali senza partire dalla premessa del ripudio della guerra. “Business as usual” la guerra non lo consente perché essa è in grado di stravolgere ogni programma e di restituire macerie e morte dopo essersi nutrita di tutte le risorse materiali, intellettuali e morali.

Detto tutto questo, se nella scadenza elettorale europea del prossimo giugno potessimo evitare la triste esperienza già vissuta di non avere alcun rappresentante della sinistra critica in quel Parlamento, sarebbe già un primo passo nella direzione giusta.

Pasqualina Napoletano

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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