Centinaia di persone rimaste uccise e decine ancora disperse sotto le macerie, quasi 2.000 scuole distrutte e oltre 165.000 civili che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni: è questa la fotografia di ciò che sta accadendo in Kenya, devastato dalle forti piogge e dalle inondazioni che hanno colpito diverse aree in tutto il Paese. Nel silenzio del grosso dei media mainstream che hanno trattato la notizia con articoli di colore riguardanti il caso di una persona salvata dopo essere rimasta aggrappata per 5 giorni su un albero, Kenya, Tanzania e zone limitrofe stanno affrontando piogge, inondazioni ed il ciclone Hidaya, il quale nonostante fosse già atteso tramite evacuazioni di decine di contee, secondo alcuni giornalisti e reporter direttamente sol posto avrebbe già provocato un blackout totale in tutto il Paese keniota lasciando 54 milioni di persone completamente al buio a causa delle piogge.

Il bilancio ufficiale in Kenya è di 210 persone decedute e oltre 125 ferite, 90 scomparse e decine rimaste sotto alle macerie, circa 3.100 famiglie sfollate e almeno 1.967 scuole distrutte. «Ci sono molte persone che non possono essere trovate. Molti dei miei vicini non possono essere trovati», ha riferito una sopravvissuta alle inondazioni. Altri residenti, invece, hanno accusato il governo di trascurarli: «Il governo afferma di aver dispiegato l’esercito e il servizio nazionale giovanile e di aver intensificato le missioni di ricerca e salvataggio, ma dove sono? È passata una settimana e dove sono? Non ho visto nessuno qui a Mathare. Nessuna persona del governo è venuta ad aiutarci». Inoltre, secondo altri keniani gli effetti delle piogge e delle inondazioni sarebbero stati aggravati dalla mancanza di risorse idriche e di investimenti efficaci da parte del governo: «Ciò è stato causato dalla Corporazione nazionale delle ferrovie statali. Sono loro che hanno costruito il canale sotterraneo a valle e il tunnel a monte. Dovrebbe essere loro responsabilità mantenere il sistema».

Tali dati, riferiti all’ultimo aggiornamento di giovedì 3 maggio, sembrano destinati ad aggravarsi ulteriormente dopo l’arrivo del ciclone Hidaya e alcuni giornalisti e reporter sul posto hanno già lanciato l’allarme: Nicolò Govoni – scrittore, giornalista, attivista per i diritti umani e CEO dell’organizzazione no-profit Still I Rise – ha rivelato che il Paese ha affrontato un blackout nazionale, come confermato anche dall’azienda di elettricità Kenya Power Lightning: «Non ho mai visto nulla del genere in tutta la mia vita. Scrivo dall’oscurità di un Paese completamente al buio. Blackout nazionale. Cinquantaquattro milioni di persone al buio a causa delle piogge. Eccetto, naturalmente, l’élite rinchiusa nelle sue torri di cristallo, cullata dal picchiettare delle gocce sui vetri e dal ronzio dei generatori a benzina. Loro sì, delle alluvioni, se ne fregano. Ma non solo loro. Il mondo intero se ne frega. E non è mica solo il Kenya, no, è anche la Tanzania, l’Uganda, il Sud Sudan, la Somalia e l’Etiopia – più di 300 morti e 350.000 sfollati a causa dalle intemperie ma, a parte i soliti titoli di giornale lanciati nel vuoto e subito dimenticati, l’indifferenza generale regna sovrana». Lo scrittore ha poi pubblicato un post di aggiornamento, dove si legge: «Sono passate ormai 14 ore, e il Paese è ancora in gran parte privo di elettricità. Mai visto nulla del genere nei quattro anni da che vivo qui. Ho caricato il cellulare usando il portatile, ma anche questi stanno per esaurirsi. Presto dovrò trovare una struttura avente un generatore a benzina, così da tenere in vita i miei dispositivi. La nostra Scuola ha resistito, incrollabile, anche stanotte». E infine: «È tornata l’elettricità, è uscito il sole e, sebbene le previsioni diano ancora pioggia stanotte, c’è una felicità innegabile nell’aria. Finalmente! Ma non siamo ancora fuori pericolo. La stagione delle piogge continua, e noi ci stiamo organizzando per una distribuzione alimentare d’emergenza a centinaia di persone colpite dalle alluvioni».

[di Roberto Demaio]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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