Giovanni Caprio

Siamo abituati (ci hanno abituati) a buttare ciò che si rompe o quel che riteniamo sia vecchio e superato, per rimpiazzarlo con qualcosa di nuovo, più alla moda. Eppure, non è stato sempre così. C’è stato un tempo in cui tutto si riparava e rammendava. Un tempo in cui gli oggetti (dagli elettrodomestici, ai vestiti o alle scarpe) duravano il più a lungo possibile e si cercava sempre di “dare una seconda vita alle cose”. Non tanto e non solo per una questione di risparmio, quanto per un diverso valore che si dava agli oggetti delle nostre vite. E la tendenza all’usa e getta, oltre a renderci schiavi di un consumo forsennato (se non addirittura compulsivo), ha aumentato rifiuti e inquinamenti.

Qualche tentativo d’invertire la rotta c’è stato in Italia in questi anni. Pensiamo, per esempio, ai Repair Café / Caffè delle Riparazioni (https://www.facebook.com/repaircafeitalia/), luoghi dove è possibile portare un elettrodomestico (o altro) rotto e trovare qualcuno che, tra una chiacchiera e l’altra, lo aggiusti o che ci insegni a farlo. Non solo, anche a livello istituzionale qualcosa si è mosso in questi anni: in Emilia-Romagna, per esempio, sono nate le Aree di Riuso (Second Life), luoghi dove gli oggetti acquistano una seconda vita: i cittadini (tutti i residenti nel territorio comunale e scuole, associazioni, enti no-profit autorizzati) possono scambiarsi liberamente e gratuitamente qualunque oggetto di casa purché sia in buono stato. E i Centri comunali del riuso in pochi anni sono cresciuti a dismisura: https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/it/rifiuti/temi/rifiuti/economia-circolare/centri-del-riuso/elenco-centri-comunali-del-riuso.

Ora qualcosa sembra finalmente muoversi anche a livello comunitario, con le nuove norme che introducono un nuovo diritto alla riparazione e mirano a ridurre i rifiuti e a potenziare il settore rendendo la riparazione dei prodotti più facile ed economica. Il Parlamento europeo ha approvato infatti pochi giorni fa in via definitiva, con 584 voti favorevoli, 3 contrari e 14 astensioni, la direttiva sul cosiddetto “diritto alla riparazione” per i consumatori (Testo approvato 23.04.2024). Le norme forniscono chiarimenti sull’obbligo per i fabbricanti di riparare i beni e incoraggiano i consumatori a prolungare il ciclo di vita di un prodotto attraverso la sua riparazione.

I fabbricanti di prodotti al consumo sono obbligati d’ora in avanti a fornire servizi di riparazione tempestivi ed economici e a informare i consumatori sul loro diritto alla riparazione e le merci in garanzia legale beneficeranno di un’ulteriore estensione di un anno, incentivando ulteriormente il consumatore a scegliere la riparazione anziché la sostituzione. Una volta scaduta la garanzia legale, il produttore sarà comunque tenuto a intervenire sui prodotti domestici più comuni, che sono tecnicamente riparabili ai sensi della normativa UE, come lavatrici, aspirapolvere e smartphone (l’elenco delle categorie di prodotti potrà in seguito essere ampliato) e i consumatori potranno anche prendere in prestito un dispositivo mentre il loro è in riparazione o, in alternativa, optare per un apparecchio ricondizionato.

I consumatori saranno opportunamente informati e aiutati a valutare e confrontare i servizi di riparazione (specificando la natura del difetto, il prezzo e la durata della riparazione) e per facilitare il processo di riparazione, verrà creata una piattaforma online europea con sezioni nazionali per aiutare i consumatori a trovare facilmente negozi di riparazione locali, venditori di beni ricondizionati, acquirenti di articoli difettosi o iniziative di riparazione gestite dalla comunità, come i repair caféLe norme mirano anche a rafforzare il mercato delle riparazioni dell’UE e a ridurne i costi. I produttori dovranno fornire pezzi di ricambio e strumenti a un prezzo ragionevole e non potranno ricorrere a clausole contrattuali, tecniche hardware o software che ostacolino le riparazioni. In particolare, non potranno impedire l’uso di pezzi di ricambio di seconda mano o stampati in 3D da parte di riparatori indipendenti, né potranno rifiutare di riparare un prodotto solo per motivi economici o perché è stato precedentemente riparato da qualcun altro. E per rendere le riparazioni più accessibili, ogni Paese membro dovrà attuare almeno una strategia per promuovere le riparazioni, ad esempio buoni d’acquisto o fondi per la riparazione, campagne di informazione, corsi di riparazione o sostegno agli spazi di riparazione gestiti dalla comunità.

La direttiva dovrà ora essere formalmente approvata anche dal Consiglio e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Successivamente gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepirla nel diritto nazionale. Avremo così la possibilità per estendere la durata di vita dei prodotti, ridurre i rifiuti e promuovere un’economia più sostenibile e circolare.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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