(leggi precedente 11.)

12. Il più atlantista del reame

Nel discorso di fine mandato del 1961, il presidente americano Dwight Eisenhower mise in guardia il paese dal peso che l’industria militare era andata acquistando e dalla possibilità che essa avrebbe potuto a lungo andare condizionare la politica estera americana: “Nelle decisioni governative dobbiamo guardarci dall’influenza ingiustificata, sia palese che occulta, esercitata dal complesso militare-industriale. Il rischio di un disastroso aumento di un potere esterno esiste ed esisterà in futuro”.[1] Un avvertimento destinato a rivelarsi quanto mai profetico. Quel rischio si è avverato. Siamo arrivati in quello che, con neologismo quanto mai eloquente, viene chiamato warfare state.[2] Come accade per il settore finanziario, anche per quel che riguarda la Difesa, le lobby degli armamenti sono tanto attive da riuscire spesso a mettere i propri uomini ai vertici decisionali dello Stato.[3]

La nascita della NATO avvenne in contrapposizione al blocco comunista riunito nel Patto di Varsavia (o, per essere più precisi, è quest’ultimo che nascerà dopo in contrapposizione all’alleanza atlantica). È quindi figlia di un’altra epoca, di un mondo diviso da una barriera ideologica. Con la fine della guerra fredda e il crollo dell’Unione Sovietica la sua ragion d’essere veniva dunque meno. Chiudere la NATO, tuttavia, non solo avrebbe messo a rischio la supremazia mondiale degli Stati Uniti, ma sarebbe stato anche un colpo insostenibile per l’intera economia americana. L’impegno bellico, infatti, si era ormai così strettamente intrecciato con l’economia del paese da diventarne uno degli assi portanti. Le fabbriche di armamenti, oltre a costituire uno dei settori fondamentali dell’industria nazionale, alimentano un indotto ancora più grande, dai tantissimi fornitori dell’esercito sparso per il mondo alle industrie informatiche e a quelle aerospaziali.

Quindi la NATO non solo ha continuato ad esistere, ma, come abbiamo visto prima, le lobby degli armamenti si sono adoperate con successo per estenderla. Se dopo la fine della guerra fredda le basi militari all’estero sono diminuite, oggi sono circa 750, il numero dei paesi in cui sono dislocate è raddoppiato, oggi sono un’ottantina.[4]

Senonché, per esistere, un’organizzazione militare ha bisogno di un nemico. Non solo la NATO non può quindi lavorare per la pace, ma, al contrario, deve adoperarsi per alimentare tensioni e aprire nuovi fronti di guerra. Geniale, in questo senso, è stata la trovata della “guerra al terrore”, grazie alla quale per un ventennio non è stato nemmeno necessario che il nemico fosse geograficamente localizzabile, legittimando così gli Stati Uniti a combattere praticamente ovunque. Quanto ai metodi e alle modalità con cui queste guerre vengono condotte, sono state documentate da Julian Assange, che testimonia in prima persona il valore della libertà di informazione nelle democrazie occidentali. Dal carcere.[5]

Un’accurata ricerca dell’Istituto di Studi Internazionali della Brown University di Providence offre invece una raccolta analitica di quali siano stati i risvolti economici delle guerre di questi ultimi due decenni.[6] La guerra in Afghanistan è costata 14000 miliardi, tra un quarto e un terzo dei quali finiti ai fornitori militari. Solo nel 2020 la Lockheed Martin ha ricevuto 75 miliardi, «una volta e mezzo l’intero budget del Dipartimento di Stato e dell’Agenzia per lo sviluppo internazionale per quell’anno, che ammontava a 44 miliardi di dollari».[7] Senza contare le interminabili distruzioni e gli incalcolabili costi umani, le centinaia di migliaia di vittime, i milioni di profughi, i traumi e i suicidi dei soldati e della gente comune, ecc., illustrati dello stesso Istituto. All’Italia, en passant, Iraq e Afghanistan sono costati, secondo lo stesso studio, 15 miliardi di dollari, oltre agli 81 soldati morti.

Nuovi affari, come detto prima, si vanno ora concretizzando in Ucraina e nuovi grandi benefici sono attesi dal recente ingresso nell’Alleanza di Svezia e Finlandia,[8] con buona pace di quanti non si stancano di ripetere la favola dei popoli che decidono democraticamente di entrare nella NATO dei buoni.

La NATO in realtà, per dirla con le parole dell’ambasciatore Sergio Romano[9], è «un’alleanza sui generis». È un’alleanza per modo di dire, di fatto comandano gli USA. Infatti, abbiamo basi americane in Italia, ma non basi italiane in USA.[10] Abbiamo sentito infinite volte leader italiani testimoniare la fedeltà dell’Italia alla NATO, ma non abbiamo mai sentito un presidente americano testimoniare la fedeltà degli USA alla NATO. Nessun presidente americano rilascerebbe mai una simile dichiarazione, perché farebbe ridere, sarebbe un nonsense, come dire gli USA sono fedeli agli USA.

Tutte queste cose un professore di Sciences Po dovrebbe saperle. E se le sa e continua a indossare l’elmetto, significa che con la sinistra non ha niente a che vedere. Un partito di sinistra non può sostenere un’organizzazione che si è trasformata in una diretta emanazione del “complesso militare-industriale” americano, al quale si sono peraltro accodate ben volentieri le industrie militari europee, a cominciare dalla nostra Leonardo che ottiene un lusinghiero primato in ambito continentale e un apprezzabile 12° posto a livello mondiale.[11]

A questo discorso su quella che è la reale natura dell’Alleanza, che già basterebbe da solo a rendere la sinistra del tutto incompatibile con l’atlantismo, se ne aggiunge un altro che attiene agli interessi nazionali (o europei, se li si vuole considerare in una prospettiva più ampia), e che quindi dovrebbe essere pienamente condiviso anche dal punto di vista della destra.

Se nel clima della guerra fredda l’appartenenza alla NATO indicava la prevalenza degli interessi comuni dell’Occidente su quelli dei singoli stati, in opposizione a quelli del blocco sovietico, con la fine di quest’ultimo la situazione è cambiata. Da allora in poi, la NATO è di fatto diventata lo strumento della supremazia mondiale degli Stati Uniti.

Nella nuova realtà venutasi a creare agli inizi di questo millennio, gli interessi nazionali (ed europei) tendono e tenderanno sempre più a differenziarsi e spesso a essere antitetici con quelli americani. Ne abbiamo avuto plastica dimostrazione coi diversi contenziosi commerciali sorti durante l’amministrazione Trump, ma si era già intravisto qualcosa anche durante l’amministrazione Obama. In Ucraina, per esempio, quando l’attuale sottosegretario di Stato manifestò chiaramente il sentimento verso l’Unione Europea e i suoi interessi col il noto «Fuck the EU».[12]

Nel 2011 il presidente Obama – premio Nobel per la pace, ma che avrebbe potuto tranquillamente competere, se ci fosse stato, anche per il premio Nobel per la guerra – ha bombardato la Libia per rovesciare il regime di Gheddafi e poi anche la Siria; il suo predecessore, premio Nobel mancato, ha avviato una guerra in Afghanistan e una in Iraq. Questo per limitarci agli ultimi due decenni. Il “complesso militare-industriale” sarà stato ben soddisfatto degli introiti che le due guerre gli hanno garantito. Meno motivi di soddisfazione, sebbene vi abbia intelligentemente preso parte, ha avuto il nostro paese, che a fronte di una molto più modesta partecipazione agli utili, di quelle guerre si è dovuto sobbarcare il conseguente flusso migratorio.

Stessa cosa dicasi della guerra in Ucraina. Facendo leva sui sentimenti antirussi dei paesi dell’Est, gli Stati Uniti sono riusciti a indebolire politicamente l’Unione Europea. Nello stesso tempo, spezzando i legami commerciali con la Russia, hanno assestato un duro colpo all’economia europea. Il loro gas, per esempio, ha soppiantato quello russo.[13]

Sulla base di questo secondo punto, dunque, non bisognerebbe nemmeno essere di sinistra per essere antiatlantista, basterebbe avere a cuore gli interessi nazionali (e/o europei).

Da dove viene allora il totale asservimento dei leader europei nei confronti della politica estera americana?

Da dove viene quello dei leader italiani potremmo anche capirlo. Gli americani fanno paura e hanno molte frecce al loro arco. Il ricordo di Moro, Mattei e, se vogliamo essere un pochino complottisti, anche di Craxi è ancora vivo.[14]

Quello dei leader europei, invece, appare più difficile da spiegare. Può darsi che preferiscano accontentarsi dei benefici che possono derivare dall’assecondare le politiche americane, ritenendoli il male minore, piuttosto che andare allo scontro. Del resto, lo sappiamo, per gli americani non esistono vie di mezzo, se non sei con loro, sei contro di loro. Come può pure darsi che vi siano altri motivi a noi ignoti. Rimane il dato di fatto che in questa guerra l’UE e le cancellerie europee hanno anteposto gli interessi americani a quelli dell’Europa e dei rispettivi paesi.

­Il PD, da parte sua, ha ingaggiato una particolare sfida per accreditarsi come capofila dei paladini della guerra, come il più atlantista del reame. Non esattamente ciò che ci si aspetterebbe da un partito di sinistra. A coronamento di questo sforzo, molti dei suoi esponenti hanno raggiunto i vertici della Difesa,[15] mostrandosi perfettamente a loro agio nel mondo della produzione e del commercio delle armi.

Non c’erano armi chimiche in Iraq, non c’era Osama Bin Laden in l’Afghanistan e non è stata una buona idea combattere in Libia e in Siria, eppure nel PD ci si guarda bene dal sollevare la minima critica sull’operato della NATO. Non una parola è stata pronunciata contro il suo ulteriore allargamento, non un solo dubbio sulla strategia messa in atto in Ucraina. Come se la storia recente avesse dimostrato che la NATO non può mai sbagliare.

I suoi rappresentanti nei talk-show non si possono sentire. Incapaci di manifestare un pensiero autonomo, di fare un’analisi geopolitica o di articolare un ragionamento che si discosti dalle banalità e dai luoghi comuni. Niente che sia andato oltre il semplice «c’è un invaso e c’è un invasore». Siamo arrivati a sentire qualcuno fare un parallelo tra una provocazione politico-militare della NATO che non giustifica la reazione di Putin e la minigonna che non giustifica lo stupro. Come se Cavour alla vigilia della Seconda guerra d’indipendenza, oltre a disporre i soldati al confine col Lombardo-Veneto, avesse indossato anche abiti osé.

Questo è il livello. Si rimane disarmati e senza parole. Sembra che ormai per diventare dirigente del PD non sia più richiesta non solo una particolare sensibilità e una particolare cultura, ma nemmeno un minimo di intelligenza.

(leggi successivo 12.)


[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Military%E2%80%93industrial_complex (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[2] https://media.nationalpriorities.org/uploads/publications/npp-warfare-state-2023-report.pdf (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[3] “Arms Industry Sees Ukraine Conflict as an Opportunity, Not a Crisis”, di Jonathan Ng, 2/3/2022.

“In the United States, the industry employs around 700 lobbyists. Nearly three-fourths previously worked for the federal government — the highest percentage for any industry. The lobby spent $108 million in 2020 alone, and its ranks continue to swell. Over the past 30 years, about 530 congressional staffers on military-related committees left office for defense contractors. Industry veterans dominate the Biden administration, including Secretary of Defense Lloyd Austin from Raytheon.” https://truthout.org/articles/arms-industry-sees-ukraine-conflict-as-an-opportunity-not-a-crisis/ (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[4] https://www.cato.org/commentary/750-bases-80-countries-too-many-any-nation-time-us-bring-its-troops-home#:~:text=Constitution%20and%20Law,750%20Bases%20in%2080%20Countries%20Is%20Too%20Many%20for%20Any,shutter%20many%20existing%20military%20facilities.&text=This%20article%20appeared%20in%20Anti,com%20on%20October%204%2C%202021. (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[5] https://www.amnesty.it/appelli/annullare-le-accuse-contro-julian-assange/ (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[6] “Costs of war” (Watson Institute).

https://watson.brown.edu/costsofwar/ (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[7] Ibidem.

[8] https://www.forbes.com/sites/jonmarkman/2022/05/23/expanded-nato-will-shoot-billions-to-us-defense-contractors/?sh=3f6eafde3189 (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[9] Che si è perciò visto piovere addosso dagli spalti le invettive dei tifosi della squadra dello Slava Ukraïni. Ma il tifo funziona così. Nella squadra avversaria sono tutti brocchi, anche se vi gioca Ronaldo.

[10] Al momento della ratifica, Togliatti propose un emendamento per condizionare l’adesione alla NATO alla non concessione di basi militari nel territorio nazionale a qualsiasi governo straniero. «”Nessuno ci ha mai chiesto basi militari, e d’altra parte non è nello spirito dei patti di mutua assistenza fra Stati liberi e sovrani, come è il Patto Atlantico, di chiederne e concederne”. È possibile che lo stesso De Gasperi lo pensasse davvero. Sta di fatto che l’emendamento che avrebbe vincolato l’adesione al Patto al preventivo rifiuto di accogliere basi militari sul nostro territorio non fu messo ai voti perché – sostenne De Gasperi – già metterlo ai voti avrebbe significato “insinuare che sia in noi una convinzione diversa!”» Luciano Canfora, Sovranità limitata.

[11] https://it.euronews.com/2022/12/05/sempre-piu-armi-leonardo-prima-azienda-militare-europea (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[12] https://www.youtube.com/watch?v=bdygnTrrGVI (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[13] https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-gas-americano-conquista-lue-svolta-politica-non-ambientale (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

[14] E se vogliamo esserlo ancora un poco di più, potremmo aggiungere l’improvvisa scomparsa di Adriano Olivetti, seguita a breve distanza da quella di Mario Tchou (responsabile del Progetto Elea), e l’altrettanto rapida scomparsa del ramo elettronico della sua industria, traghettato oltreoceano attraverso il sollecito intervento dei fedeli amici dell’appena trapassato Kissinger.

[15] https://www.ilgiornale.it/news/politica/nella-filiera-delle-armi-tutte-poltrone-sono-pd-2022604.html#google_vignette (consultato l’ultima volta il 31-10-2023).

Di Giovanni

"Trascorsi nell'antico Pci, ho lavorato in diverse regioni italiane e all'estero (Francia, Cina, Corea), scrittore per hobby e per hobby, da qualche tempo, ho aperto anche un blog ( quartopensiero ) nel quale mi occupo, in maniera più o meno ironica, dei temi che mi stanno a cuore: laicità, istruzione, giustizia sociale e cose di questo tipo."

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