Ai nastri di partenza del Gran Premio d’Europa il sistema politico italiano appare percorso da una venatura di follia trasversale che si potrebbe definire come di “personalismo populistico”: addirittura si pretenderebbe che il “clou” della contesa fosse rappresentato da una sorta di plebiscito imperniato sul nome di battesimo della signora presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri.
Sarà bene allora attrezzarci con qualche accorgimento alla lettura dei dati che ci verranno rovesciati addosso nella notte tra il 9 e il 10 giugno prossimo.
Una lettura corretta dovrà partire da due elementi:
1) non tenere in conto le percentuali elaborate sui soli voti validi (il 40% di Renzi, il 34% di Salvini: tutte percentuali fasulle e non soltanto per l’eccessiva volatilità elettorale);
2) il tema centrale della prossima tornata europea ( i cui punti di fondo saranno assolutamente dimenticati nei giorni della campagna elettorale per via dell’impegno spasmodico di affermazione personale da parte dei contendenti) sarà quello della partecipazione al voto.
Da quando, nel 1979, si svolte le elezioni per il Parlamento Europeo queste, nel nostro Paese, si sono sempre dimostrate scarsamente attrattive e il numero di elettrici/ elettori presenti alle urne costantemente al di sotto del numero delle elettrici/elettori partecipanti alle elezioni politiche.
Deve essere chiaro che le sole percentuali che potranno essere prese in considerazione saranno quelle riferite al totale degli aventi diritto: in quel modo si avrà preciso il dato dello scostamento in positivo o in negativo per ogni singola lista.
Inoltre tutti i raffronti dovranno rigorosamente essere eseguiti tra cifre assolute: in questo senso va ricordato come il tetto della maggioranza relativa si sia sempre più abbassato tra elezioni politiche ed elezioni europee partendo dal 2008 (dati riferiti al solo territorio nazionale):
Elezioni politiche 2008, maggioranza relativa PDL 13.629.464 seguito dal PD 12.095.036.
Elezioni europee 2009 maggioranza relativa PDL 10.767.965 seguito da PD 7.980.455
Elezioni politiche 2013 maggioranza relativa M5S 8.691.406 seguito da PD 8.646.034
Elezioni europee 2014 maggioranza relativa PD 11.172.861 seguito da M5S 5.792.865
Elezioni politiche 2018 maggioranza relativa M5S 10.732.066 seguito da PD 6.161.896
Elezioni europee 2019 maggioranza relativa Lega 9.153.168 seguito da PD 6.050.361
Elezioni politiche 2022 maggioranza relativa FdI 7.301.303 seguito da PD 5.348.6876
Queste le relative percentuali calcolate sul totale degli aventi diritto:
Elezioni politiche 2008 PDL 28,97% PD 25,71%
Elezioni europee 2009 PDL 21,91% PD 16,24%
Elezioni politiche 2013 M5S 18,52% PD 18,43%
Elezioni europee 2014 PD 22,68% M5S 11,76%
Elezioni politiche 2018 M5S 23,07% PD 13,24%
Elezioni europee 2019 Lega 18,56% PD 12,27%
Elezioni politiche 2022 FdI 15,86% PD 11,62%
Qualche oscillazione può essere notata anche a causa della differente composizione delle liste degli aventi diritto (inclusive o meno di elettrici/elettori residenti all’estero) ma non è comunque difficile notare come il livello di rappresentatività reale del partito pro-tempore di maggioranza relativa si trovi ormai da qualche tempo in caduta libera, dal 28,97% del PDL alle politiche 2008 fino al 15,86% conseguito da FdI nel 2022: una caduta di saggio che ci fa pensare ad una crescente fragilità del sistema cui si intende dare risposta attraverso il superamento della forma di governo indicata dalla Costituzione per avviarsi verso la strada indicata con il neologismo delle “democrature”.
La considerazione conclusiva riguarda lo spazio che lascia una percentuale di rappresentativa così ridotta della forza di maggioranza relativa: ma questo è un problema dei contendenti che dovrebbero porsi l’obiettivo di recuperare almeno una parte proiettata fuori dalla partecipazione politica a seguito del crollo dell’immaginario disegnato nella seconda metà degli anni ’10 dall’antipolitica eretta a sistema.