Francesco Cecchini

L’11 giugno 2017, al primo turno delle legislative, l’astensione ha raggiunto la percentuale record del 51,29%, molto al di sopra del 42.78% del 2012.

RISULTATI.

Republique En Marche 28,21 % 6.390.797 voti MoDem 4,11 % 932.229 voti REM + MoDem 32.32 % 7.323.026 voti 

Les Républicains (LR) 15,77 % 3.573.366 voti;Front National 13,2 % 2. 990.592 voti; Parti socialiste 7,44 % 1. 685.773 voti; Partito Ecologista (Verdi) 4,3 % 973.739 voti; UDI 3,03 % 687.219 voti; Destre varie 2,76 % 625.395 voti; Vari 2,21 % 500.458 voti; Vari sinistra 1,6 % 362.328 voti: Debout la France 1,17 % 265.433 voti; Partiti regionali 0,9 % 204.078 voti; Estrema sinistra 0,77 % 175.387 voti; Partito radicale di sinistra 0,47 % 106 287 voti; Estrema destra 0,3 % 68.319 voti; Voti nulli 1,53 % 354.391 voti

La France Insoumise 11,02 % 2.497 661 voti Parti Communiste Français 2,72 % 615.503 voti FI + PCF 13,74 % 3.113.164 voti

La vittoria di Emanuel Macron ha dimensioni notevoli, ma non è senza precedenti. Nel 1993 la destra, l’UDF di Giscard d’Estaing e il RPR di Chirac, conquistò 472 deputati su 577. Nel 2002 Jaques Chirac contro Jean-Marie Le Pen ottenne 398 seggi su 577. In entrambi i casi con livelli di astensione molto minori.  Inoltre la vittoria di Macron è relativa. Il livello di astensione sottolinea il discredito enorme e crescente delle istituzioni della Quinta Repubblica ed è anche indice, tutto sommato, della poca popolarità di Macron: per esempio meno popolare di quanto lo fossero Sarkozi o Hollande al loro tempo. Le riforme che il suo governo sta preparando non aumenterà la popolarità, nonostante l’indecente propaganda dei media di regime.

Per il Partito socialista, è stata una Caporetto o una Beresina, come dicono i francesi. Nemmeno nel 1993 la sconfitta è stata così forte. Esponenti del partito come il segretario Christophe Cambadélis o Benoit Hamon, candidato alle presidenziale, sono già stati eliminati. Le proiezioni danno al Partito Socialista una quindicina di deputati.

Sconfitta anche per il Front national che continua il suo periodo di grande difficoltà, dopo anni in cui sembrava alle porte del potere o comunque in grado di conquistare un numero di seggi sufficiente a contare parecchio nel dibattito in Assemblea, il risultato non si discosta da quello del 2012, quando raggiunsero il 13.6%. Nessun passo in avanti, quindi.

I repubblicani (LR), subiscono un forte arretramento rispetto al 2012.Le difficoltà politiche sono le seguenti: come opporsi a una maggioranza presidenziale guidata da un uomo di destra, che in materia di economia e lavoro condurrà politiche da anni richieste dalla destra e con   uomini di destra al governo.

Approssimativamente i confronti elettorali che si terranno al secondo turno sono i seguenti: un solo triangolare tra un candidato En Marche!, un repubblicano e uno del Front National; 273 confronti tra un candidato En Marche! e un repubblicano; 134 tra un candidato En Marche! e un candidato della France Insoumise; 99 confronti tra En Marche! e Front National; 20 confronti tra un repubblicano e France Insoumise; 6 confronti tra un candidato socialista e Front National; 4 confronti tra un  candidato repubblicano e Front national; 2 confronti tra un candidato socialista e Front National, un solo confronto tra France Insoumise e Front national.

Dal punto di vista della borghesia francese, la sconfitta dei Repubblicani e del PS non è una buona notizia. Per decenni, il capitalismo francese si è basato sul bipartitismo e l’alternanza destra e “sinistra”, conservando il potere sia economico che politico; in entrambi i casi, gli interessi della classe dominante sono stati protetti, con sostanziale stabilità. Il trionfo di Macron ha radunato molti socialisti e repubblicani ha distrutto la finzione di alternanza. Esso mostra chiaramente che macronisti, socialisti e repubblicani sono fondamentalmente d’accordo su una politica di reazionaria e antisociale. Come risultato, la vittoria del “centro” è solo il preludio di una ulteriore accelerazione della polarizzazione della politica francese.

La France insoumise e il PCF.

Anche France Insoumisele (FI) e il Partito Comunista Francese ( PCF)  hanno sofferto dell’astensione.  Dei 7 milioni di elettori di Mélenchon, più della metà non hanno votato. Nella popolazione degli sfruttati e degli oppressi non sempre la mobilitazione è in armonia con l’agenda elettorale borghese. Tuttavia il potenziale della sinistra radicale è notevole. La politica economica liberale e di diminuzione delle libertà individuali comporterà una radicalizzazione, anche a destra, ma innanzitutto a sinistra.

La competizione tra candidati di FI e PCF ha avuto un ruolo sulla smobilitazione degli elettori di Jaques- Luc Mélenchon. C’è un confronto in corso sulla responsabilità della divisione. Sta però prevalendo l’opinione che la responsabilità è del PCF, nonostante quanto afferma il suo segretario Pierre Laurent. Il PCF doveva accettare, per radicamento e spessore politico, il ruolo leader di FI.

Candidati della FI e del PCF sono presenti al secondo turno in circa 80 collegi elettorali. Una mobilitazione unitaria di queste forze deve operare sul terreno per eleggere domenica prossima il massimo dei deputati.  Non ci sarà nessun’ altra opposizione reale alla politica di Macron nell’Assemblea Nazionale, se non quella di FI e del PCF.

FI e PCF devono inoltre rifiutare gli appelli di un fronte repubblicano di unirsi alla destra contro il FN.

La lotta contro la destra di Macron e il FN, in generale, deve articolarsi su tre livelli: 1) L’impegno a eleggere il massimo di deputati di FI e del PCF. 2) Organizzare grandi mobilitazioni sociali contro il programma di Macron. 3) Trasformare la France Insoumise in movimento politico più strutturato capace di integrare molti militanti, anche del PCF, con un programma di rottura con il capitalismo in crisi.

La France Insoumise, l’11 giugno, ha dato istruzioni di voto ai suoi elettori.  Jean-Luc Mélenchon ha chiamato a votare al secondo turno per i candidati di FI qualificati, ma anche per quelli del Partito Comunista e in alcuni casi per candidati del Partito Socialista. Inoltre ha detto di non permettere mai l’elezione di un candidato del Fronte Nazionale.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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