Riceviamo e pubblichiamo

 di Franco Astengo

In precedenza all’ingresso nella fase “calda” della campagna elettorale va posto, alle compagne e ai compagni che stanno proponendo la formazione della lista “Potere al Popolo” almeno un tema tra i tanti che sarebbe necessario sollevare, da discutere a fondo al fine di capire la questione che, almeno a mio giudizio, risulta decisiva rispetto ad una prospettiva possibile per la sinistra d’alternativa in Italia.

Si tratta, infatti, di comprendere se siamo di fronte ad una semplice aggregazione elettorale oppure se, prendendo abbrivio da questa contingente evenienza, è possibile pensare non soltanto ad una riaggregazione stabile dell’area dell’opposizione e ell’alternativa, ma anche nella costruzione di un soggetto strutturato al fine di riconoscere e aggregare la “classe”.

Una riaggregazione della classe che è necessario avvenga all’interno di un concreto progetto politico sulla base del quale rappresentare –almeno in Italia – l’opposizione al regime della sopraffazione capitalistica.

Un regime  i cui confini – almeno sul piano politico – oltrepassano di gran lunga quelli classicamente assegnati alla destra.

E’ evidente come non sia sufficiente l’immediatezza nella rappresentazione dei bisogni emergenti nella modernità: è certo che rappresentazione e rappresentanza a questo livello debbano intrecciarsi esigendo una complessità di pensiero molto difficile da realizzare nella pratica politica proponendo una visione complessiva per il futuro.

La questione della riconoscibilità della composizione di classe impone oggi la comprensione dei meccanismi di allargamento nei termini di sopraffazione e di sfruttamento imposti dalla gestione del ciclo capitalistico.

Ci collochiamo ben oltre le contraddizioni storicamente affrontate dal movimento operaio: e non semplicemente in termini di riconoscibilità di un’alienazione complessiva.

Risiede in ciò il punto del rinnovamento, tante volte auspicato ma mai riflettuto fino in fondo, dell’identità comunista rispetto ai temi classici del ‘900 e ben oltre i dilemmi e i tormenti causati dal fallimento dell’inveramento statuale realizzato attraverso fraintendimenti dell’etica marxiana.

Dobbiamo anche oltrepassare i termini concreti assunti dalle cosiddette “eresie” ristrette nel minoritarismo: da questo punto è necessario recuperare una qualità di pensiero che ci faccia “volare alto”.

Si tratta di temi già sollevati in diverse occasioni,ma non ancora affrontati appieno: ambiente, questione di genere, utilizzo dei nuovi strumenti cognitivi, sfruttamento del lavoro, rapporto centro / periferia (comprendente anche, ad esempio, il tema della sovranità nazionale e quindi – nel nostro specifico – la questione europea), pace / guerra.

 Questi sei titoli  rappresentativi di contraddizioni reali materialiste e post – materialiste formano, nel cuore della società di oggi, sei “cleavages” da considerare ciascuno per sé proponendo loro una rappresentanza immediata che, poi, una volta realizzata (anche sul piano istituzionale) trovano mediazione semplicemente attraverso l’utilizzo della “autonomia del politico”?

 Oppure possono essere riunificati in una nuova “contraddizione principale” denominabile della “ complessità della contraddizioni” .

Complessità delle contraddizioni da portare all’interno di una proposta di progetto di trasformazione complessiva (l’antico “abolire lo stato di cose presenti”) ponendosi anche la domanda di quale tipo democrazia dell’uguaglianza.

Una domanda, quella sulla democrazia, necessaria da porsi per affrontare proprio la questione che si cerca qui di porre come decisiva riguardante la risposta politica da fornire all’evidente allargamento della platea sociale sottoposta all’intensività dello sfruttamento globale.

Si potrà così realizzare – attraverso l’elaborazione di una proposta politica precisa- una dimensione assieme internazionalista e nazionale, nel solco della migliore tradizione del movimento operaio italiano innovando, finalmente, il tronco principale rappresentato da una ormai dimenticata “solidarietà di classe”.

Cerchiamo dunque di ritrovare così la via della risposta collettiva in modo da opporci concretamente al meccanismo ormai egemone di  una società fondata su individualismo e spettacolarizzazione ( fenomeni ormai pervasivi anche nel rapporto tra personale e politico).

E’ evidente che porsi questo livello di interrogativi e di ricerca , alla fine, debba sfociare in  una nuova (e per certi versi inedita almeno nelle forme) soggettività politica; ed è altrettanto certo che un procedimento del genere non possa, semplicisticamente, nascere da una campagna elettorale nel corso della quale si possono costruire occasioni di incontro assolutamente significative.

Mettersi al lavoro, però, su di un onda di riflessione della dimensione appena indicata potrebbe rappresentare quel momento di salto di qualità nella proposta politica ,tale da far superare l’idea (probabilmente perdente) di un movimentismo illusoria panacea di tutti i mali perché raccolto nell’idea di una autosufficienza dell’immediatezza  nella rappresentazione dei bisogni,.

La rappresentazione dei bisogni oggi come oggi ci è assolutamente richiesta dall’avanzare dei processi drammatici di vero e proprio “schiacciamento sociale” in atto ma non può rappresentare il cerchio ristretto del nostro orizzonte.

Oggi, più che mai, serve la politica : una politica esercitata a pieno titolo e a tutti i livelli.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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