L’assemblea “Oltre le disuguaglianze, per una nuova coalizione dei popol”, promossa dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris rappresenta non tanto una novità nel panorama politico italiano, quanto un…

L’assemblea “Oltre le disuguaglianze, per una nuova coalizione dei popol”, promossa dal sindaco di Napoli Luigi de Magistris rappresenta non tanto una novità nel panorama politico italiano, quanto un ennesimo tentativo di aggregazione di forze sociali e politiche che intendono resistere ad una fase di inasprimento delle politiche liberiste, di progressivo aumento di una incultura che racchiude in sé il peggio della xenofobia, del razzismo, del disprezzo per le minoranze di questo Paese.

Provo a scriverlo senza troppi giri di parole: assemblee come quella di stamane ne ho viste a decine. In tutte ci si prometteva un rilancio della sinistra, delle forze progressiste o anche soltanto la ripresa di una coscienza collettiva che fondasse la sua critica sull’opposizione sistemica ad una rete di poteri economici e politici, legati fra loro, che avevano sviluppato malaffare e corruzione, che avevano, nel nome della concordia nazionale, aumentato i disagi per gli sfruttati e protetto i privilegi degli sfruttatori.

Dunque, l’assemblea promossa da de Magistris mi regala come prima impressione l’essere qualcosa di già visto, ma non per questo le si deve riconoscere meno valore rispetto alle precedenti.

Il timore è che ciò che si ripete in positivo rischi di ripetersi anche in negativo e, quindi, dia vita ad un semplice tentativo di unità di ciò che il sindaco partenopeo non cita esplicitamente nel suo incipit di appello: la sinistra.

Dovrebbe essere una “coalizione civica” che preveda anche la partecipazione dei tanto vituperati partiti (Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana) e del movimento stesso di de Magistris (Dema), ma già in questa fase interlocutoria si stabilisce una gerarchia negli interventi dal palco: prima le realtà aggregative sociali, le istituzioni coraggiose come quelle di Riace, tante altre esperienze anche singole espressione di lotte per la casa, la scuola, l’ambiente, il lavoro. Evidentemente si chiede ai partiti un passo indietro per evitare che producano il rischio di una identificazione troppo marcata con la “forma-partito” e magari anche con la “forma-coalizione” o “cartello-elettorale” in vista delle elezioni europee.

De Magistris sostiene di voler creare un progetto che punti non tanto alle europee, passaggio comunque dirimente, ma alle prossime elezioni politiche. Ma i partiti, che serviranno nei territori come strumento di fattiva collaborazione e organizzazione, già dall’inizio sono relegati al ruolo di comprimari.

E’ un aspetto forse secondario quando si vuole costruire un nuovo assemblaggio delle tante culture che dimorano a sinistra, ma sarebbe bene che si parlasse chiaramente di sinistra e che lo si facesse in contrapposizione alle etichette che forze come il PD si sono date cercando di mascherare i grandi cambiamenti di rotta dai valori di uguaglianza e libertà civili e sociali che avrebbero (in teoria) dovuto rappresentare e che invece sono state trasformate in un trampolino di lancio per un consenso tradito nelle aspettative appena giunti a Palazzo Chigi.

Le definizioni sono le chiavi che aprono le prospettive programmatiche di un movimento o di un partito: apprezzo molto il puntare, già dal titolo dell’assemblea, al recupero dell’uguaglianza come elemento strutturale di una riformulazione coscienziosa delle rivendicazioni di diritti cancellati selvaggiamente in questi trenta e più anni di governi liberisti.

Una sinistra moderna, se proprio ha paura nel definirsi “comunista”, se ciò non appartiene alla sua storia, il cui futuro si viene formando sulla base del ricongiungimento di esperienze profondamente diverse (seppure simili), deve esprimere una forte sagacia nel ripristinare l’uguaglianza sociale e civile come bussola dell’azione e del saper fare politica.

L’uguaglianza, in quanto bisogno sociale e singolare, trascina con sé la necessità di una sinistra che la reclami: senza domanda di uguaglianza non esiste domanda di sinistra nella classe degli sfruttati.

Ciò che l’assemblea di Roma ha espresso è una sequela nobile di esperienze prodotte in questi mesi e anni in difesa di valori che rischiano di scomparire, in difesa di persone in carne e ossa, in difesa di territori aggrediti dalle mafie e dal liberismo anche attraverso la malavita organizzata, ma se non si crea un contesto culturale-politico di classe, una rivalutazione della lotta stessa fra le classi, se tutto ciò non viene trasmesso attraverso una visione dell’oggi con le lenti di una critica senza appello al capitalismo, rischia di trasformarsi in una politica che si ferma all’effetto senza indagare la causa.

Una “coalizione dei popoli” che si batta, come scrive de Magistris “…per la civiltà dell’amore contro le comunità dell’odio e del rancore. Con la volontà possiamo arrivare dove oggi sembra impossibile. Per costruire una coalizione pronta per ogni sfida per realizzare libertà, uguaglianza, solidarietà e giustizia” non può prescindere da un contesto culturale che interpreti la società e la definisca non semplicemente come un contesto da modificare cambiando qualche singolo aspetto che genera ingiustizia, ma comprendendo il problema delle disuguaglianze nel senso più profondo: riunendo tutte le critiche dentro una rinnovata critica marxista del tempo moderno, partendo dall’economia e non dall’essere umano come punto di partenza dell’ingiustizia.

Mafia, corruzione, malavita, liberismo sono frutto del capitalismo. Senza un soggetto politico anticapitalista, marcatamente di sinistra proprio perché tale, non si potranno ottenere spazi nella stagnante normalità di un consenso elettorale e sociale che vira a destra perché non ha più speranze di cambiare il mondo. Consciamente o inconsciamente che sia (“classe per sé” o “classe in sé”), il grande dilemma del ripristino dell’uguaglianza al centro della politica pone il problema indissolubile dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Combattere e oltrepassare le disuguaglianze non può voler dire altro: non è un semplice accorciamento delle distanze tra ricchi e poveri, tra “mercanti e servi” moderni. Combattere e oltrepassare le disuguaglianze vuol dire oggi fondare un nuovo grande movimento che si batta contro la contraddizione massima, contro il capitale, battendosi così quotidianamente contro le ingiustizie che produce.

Auguriamoci che alla necessità politica dell’organizzazione di liste elettorali si accompagni una necessaria ridefinizione culturale dell’ambito in cui si intende agire: una rialfabetizzazione di tutte e tutti noi per avere valori comuni, sentimenti comuni e passioni comuni.

Sconfiggere la “normalità” proposta dai sovranisti è possibile se si sconfigge anche la normalità proposta dai liberisti: più o meno moderati che siano.

MARCO SFERINI

Superare le disuguaglianze nel nome dell’anticapitalismo

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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