Viktor Orbán e Jair Bolsonaro

Franncesco Cecchini

VICTOR ORBAN: COME SI UTILIZZA IL CORONAVIRUS PER UN COLPO DI STATO.

Viktor Orbán è uno dei principali alleati ideologici internazionali del presidente brasiliano Jair Bolsonaro, che come lui è un fascistoide. Il suo partito Fidesz (Magyar Polgari Szovetseg, in ungherese) è il modello adottato per l’Alleanza del Brasile di Bolsonaro. E’ stato uno dei leader politici presenti all’ insediamento di Jair Bolsonaro.

Viktor Orbán è il Primo Ministro e ha, con il sostegno del Presidente della Repubblica, il suo alleato, e con il pretesto di combattere l’epidemia* di coronavirus , ha assunto poteri eccezionali per un periodo indefinito. Hanno votato a favore i deputati di Fidesz ed alcuni dell’estrema destra. La legge è passata con 138 voti favorevoli contro 53 contrari. L’opposizione ha cercato di far inserire nel testo una limitazione temporale di 90 giorni, garantendo in cambio il suo appoggio, ma Orban ha rifiutato. D’ ora in poi potrà decidere per decreto, invalidare le forze dell’ordine, sospendere l’ attività parlamentare e congelare il calendario elettorale del Paese. Poteri dittatoriali, in breve. L’opposizione ha affermato che questa nuova legge mette in quarantena “tutta la democrazia ungherese”. Centomila manifestanti hanno tentato nelle strade di impedire il voto, ma la maggioranza in parlamento appartiene a Fidesz, il partito di maggioranza di estrema destra.

*La situazione dell’ epidemia In Ungheria al 7 aprile è la seguente: Il numero delle persone risultate positive al coronavirus in Ungheria raggiunge le 817 unità. Aumenta anche il numero dei morti, che sale a 47 dopo che 9 pazienti anziani e con malattie croniche sono deceduti. I guariti ad oggi sono 71. . Lo riporta il sito del governo ungherese “koronavirus.gov.hu”. I dati reali potrebbero essere però più alti, anche una decina di volte in più. I servizi sanitari effettuano pochissimi tamponi. Negli ospedali mancano tute, guanti e mascherine protettive apparecchi di respirazione, in tutto il paese.

E’ in carica dal 2010, e nel corso di ben tre legislaturee aveva già teorizzato e la necessità di superare la democrazia rappresentativa e messo in pratica costruendo un regime di democrazia illiberale ha varato provvedimenti sulla legge elettorale, sulla limitazione delle libertà di stampa, sempre restando all’interno del formale rispetto delle leggi e sempre con la ratifica da parte del Parlamento delle sue decisioni. Dal 2018, l’Ungheria è stata oggetto di procedimenti giudiziari per violazione dello stato di diritto, dopo una denuncia dell’eurodeputata olandese Judith Sargentini, movimento verde, sulla base di quello che sosteneva essere un rischio manifesto di grave violazione dei valori europei.

Queste sono state le  reazioni al colpo applicato a ciò che rimase della democrazia ungherese l’ultimo giorno di marzo dal suo primo ministro, il fascistoide Viktor Orbán.

I giornalisti ungheresi si sono spaventati per le libertà sospese e si sentono minacciati dalla censura e dalla persecuzione.  I partiti di opposizione, sinistra, centro e destra, hanno reagito debolmente, sono minoritari  e non hanno una base sociale da mobilitare per esercitare pressioni sul governo. Il leader dei socialisti ungheresi Bertalan Toth ha detto: “Oggi inizia la dittatura senza maschera di Orbán”.  Anche il presidente del partito nazionalista Jobbik ha parlato di “colpo di Stato”, affermando che la situazione attuale non giustifica affatto lo stato di emergenza così come si configura nella legge. Victor Orbán li ha liquidati dicendo: “L’opposizione sta dalla parte del virus”. Il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato in una dichiarazione ufficiale che i valori fondamentali dell’Unione europea devono essere rispettati anche in caso di emergenza. Una posizione leggera, mentre Ungheria di Orbán ottiene il record di fondi europei. Perfino i leader conservatori hanno condannato il colpo di stato di Viktor Orbán in Ungheria. Membri del Partito Popolare Europeo (PPE), come il Presidente della Nuova Democrazia e il Primo Ministro greco Kyriakos Mitsotakis, e il leader del Partito conservatore e il Primo Ministro norvegese Erna Solberg, hanno firmato un proclama che chiedeva l’espulsione di Fidesz dal blocco. Dichiarano: “Da qualche tempo stiamo seguendo il degrado dello stato di diritto in Ungheria. Fidesz è attualmente sospeso dal PPE a causa del suo mancato rispetto dello stato di diritto. Tuttavia, recenti sviluppi confermano la nostra convinzione che Fidesz, con le sue attuali politiche, non può essere un membro a pieno titolo del PPE ” Anche il polacco Donald Tusk, presidente del PPE e presidente del Consiglio europeo fino allo scorso anno, ha condannato il colpo di stato con parole dirette, considerando i nuovi poteri di Orbán, un “abuso ingiustificato”. “L’uso di una pandemia per costruire uno stato permanente di emergenza è politicamente pericoloso e moralmente inaccettabile”, ha scritto in una lettera a tutti i membri del gruppo.

Chi ha lodato il colpo di stato di Viktor Orbán sono stati i leader dell’ estrema destra europea come gli italiani Giorgio Meloni e Matteo Salvini e la francese Marine Le Pen. Il leader leghista Matteo Salvini (che lo scorso agosto evocò «pieni poteri»), saluta “con rispetto la libera scelta del parlamento ungherese eletto democraticamente», augurando «buon lavoro all’amico Victor Orban” e “buona fortuna a tutto il popolo di Ungheria”.

Viktor Orbán si conferma, quindi, come punta di diamante dello schieramento populista nazionalista di estrema destra, un vero e proprio Jair Bolsonaro ungherese.

JAIR BOLSONARO: COME IL CORONAVIRUS PUO’ COLPIRE POLITICAMENTE.

Jair Bolsonaro

Al 7 aprile Il numero complessivo di contagi in Brasile è salito a 14.018. Il numero dei morti ha raggiunto la cifra di 686.  Tempo fa, nonostante i numeri del contagio in espansione il presidente di ultra destra del Brasile il fascistoide Jair Bolsonaro definisce il coronavirus una influenzetta, ha criticato lisolamento e non prende misure serie.

Ogni sera, migliaia e migliaia di brasiliani stanno alle finestre delle loro case e tambureggiano rumorosamente con pentole e cucchiai, fanno cacerolazo, contro Bolsonaro.

I governatori di varie regioni del Brasile, che hanno imposto il coprifuoco e restrizioni di viaggio, hanno criticato apertamente la posizione del presidente.

Il coronavirus ha messo all’angolo Bolsonaro, evidenziando  la sua incapacità di gestione e coordinamento. In una dichiarazione inviata alla stampa, diverse associazioni brasiliane di operatori sanitari hanno definito il discorso di Bolsonaro “intollerabile e irresponsabile”. L’ ex presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva ha suggerito le dimissioni o il licenziamento del presidente Jair Bolsonaro, che per giorni è stato oggetto di critiche e di cacerolazos popolari per la sua gestione del coronavirus in Brasile. “O Bolsonaro si dimette o affronta un ‘impeachment’, perché non è possibile che qualcuno sia così irresponsabile a giocare con la vita di milioni di persone.

Comunque Jair Bolsonaro è in serie difficoltà. Il potere si è accentrato  nelle mani del Ministro della Casa Civil, generale Braga Netto, dovuto al catastrofico, criminale negazionismo di Jair Bolsonaro sul Coronavirus, sul punto di licenziare il  popolare ministro della salute Mandetta, poi reintegrato. Fin dall’inizio i generali hanno tenuto sotto stretta tutela il Capitano Bolsonaro. Sia perché non lo consideravano all’altezza, sia perché Bolsonaro stesso era loro succube. Alieno alla democrazia, da militare che non aveva fatto carriera, ma che della cultura militare si alimentava, li riconosceva come suoi superiori e questi non mancavano mai di fargli notare la vera gerarchia. La corruzione sua e soprattutto dei suoi figli è stata fuori controllo dal primo giorno. La famiglia ha fin troppi scheletri nell’ armadio, compreso probabilmente quello di Marielle Franco. Possiamo considerare quindi l’accentramento di potere nelle mani di Braga Netto e l’esautoramento di fatto di Bolsonaro, come una sorta di “rimpasto”.

Correrà in aiuto del suo partner politico latinoamericano, Viktor Orbán? Difficile.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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