La Costituzione prevede un sofisticato meccanismo che, anche in stati di emergenza, concilia l’urgenza del provvedere con la collegialità della decisione e il controllo democratico. Nulla di più lontano da quanto è accaduto in questi mesi e quanto sta accadendo ancor oggi

L’Osservatorio Permanente sulla Legalità Costituzionale, istituito presso il Comitato Popolare Difesa Beni pubblici e Comuni Stefano Rodotà, insieme al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, alla Rete solidale in Difesa della Costituzione, all’Esecutivo nazionale per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’unità della Repubblica e per la rimozione delle diseguaglianze e a tutti quei Comitati che sostengono il NO al referendum costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari manifestano la propria preoccupazione rispetto a una situazione pericolosamente vicina ad un punto di non ritorno, che, facendo leva sul sentimento di paura che attanaglia tutto il Popolo italiano per la pandemia da Covid19, fa dell’emergenza la causa giustificatrice di qualunque deroga al dettato costituzionale.

Eppure, anche lo stato di crisi ha le sue regole chiare in Costituzione, che non ammettono fraintendimenti, e ciononostante le norme costituzionali sono sistematicamente violate e disattese. Abbiamo assistito, infatti, ad una costante, sistematica, ininterrotta, gravissima lesione di tutte le libertà e i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione, posta in essere attraverso Decreti del Presidente del Consiglio e/o ordinanze di altri soggetti istituzionali, che altro non sono che atti amministrativi, in totale spregio del dettato Costituzionale.

Facendo leva sul più atavico sentimento umano, quello della sopravvivenza, il Governo, e in particolare il Presidente del Consiglio dei Ministri, sta abusando del proprio ruolo: più volte abbiamo sentito il Presidente Conte affermare che è sua la responsabilità di adottare le misure dell’emergenza. Tuttavia, la Costituzione prevede, al contrario, un sofisticato meccanismo che, anche in stati di emergenza, concilia l’urgenza del provvedere con la collegialità della decisione e il controllo democratico. Nulla di più lontano da quanto è accaduto in questi mesi e quanto sta accadendo ancor oggi.

Siamo diventati soggetti passivi e silenti di questa “democratura”, gestita da task force di tecnocrati, che le forze di governo mandano avanti per non assumersi alcuna responsabilità. Nella sospensione della democrazia e dello Stato di diritto, esposti ormai a continue e imprevedibili compressioni dei diritti fondamentali, assistiamo impotenti a un totale caos normativo tra Stato, regioni ed enti locali, tutti in guerra uno contro l’altro per motivi politici, non certo per la salus rei publicae. Con un Parlamento che non c’è, che ha abdicato il proprio ruolo costituzionale, senza possibilità di dialogo o di sintesi tra maggioranza e opposizione e senza che svolga alcuna funzione di controllo sul Governo.

E intanto, si profila un election day fissato per metà settembre 2020, che accorperebbe le elezioni amministrative e il referendum costituzionale, tra loro differenti per natura e per finalità.

È noto, infatti, che il referendum, sia esso abrogativo o costituzionale, è una consultazione elettorale ma avente un oggetto diverso dalla selezione della rappresentanza, che verte, al contrario, su una deliberazione popolare di grado legislativo o costituzionale: esiste, infatti, una profonda differenza nella scelta alla quale è chiamato l’elettore, da una parte in sede referendaria e dall’altra in sede di voto per le elezioni degli organi politici. Nel primo caso, abbiamo una scelta secca e dilemmatica, positiva o negativa, diretta a conseguire un effetto puntuale rispetto al quesito; nell’altro, abbiamo una scelta complessa e connessa a valutazioni politiche relative a una pluralità di elementi di giudizio legata alla personalità del candidato e destinata a produrre effetti nel lungo periodo nell’attività amministrativa, legislativa e di governo, nazionale o territoriale.

Detta differente natura si riverbera, a cascata, soprattutto sulla differente finalità della campagna elettorale: la campagna elettorale referendaria potrebbe vedere alleate tra loro forze politiche che si contendono i seggi nelle elezioni amministrative, creando di fatto un cortocircuito tra forze politiche nella competizione elettorale per le due consultazioni e idoneo a generare un’alterazione nella formazione della volontà elettorale e nell’informazione del corpo elettorale, con conseguente violazione della “sincerità” e “genuinità” del voto (Corte cost. sent. 344/1993 e 155/2002).
Le due consultazioni hanno, infatti, una diversa ratio: le elezioni sono infatti esercizio della democrazia rappresentativa, mentre i referendum, tanto abrogativi quanto costituzionali, sono esercizio di democrazia diretta. Le due consultazioni non sono pertanto fungibili ma vanno trattate in modo differente.

E se si può individuare una ragione di opportunità dell’accorpamento del referendum abrogativo, stante il quorum partecipativo che potrebbe essere più facilmente conseguito in caso di contestualità di più consultazioni elettorali, detta ratio è completamente estranea al referendum costituzionale che non prevede il quorum partecipativo, ma unicamente il quorum deliberativo e che, incidendo sulla materia costituzionale, richiede la massima consapevolezza e informazione del corpo elettorale.

Va altresì ribadito che la proroga del divieto di riunioni, incontri ed eventi impedisce lo svolgimento della campagna elettorale con effetti diversi in relazione alla diversa natura delle consultazioni elettorali: la natura nazionale del referendum costituzionale impone un uguale trattamento dei cittadini nell’accesso alla campagna elettorale e sarebbe costituzionalmente illegittimo imporre differenziazioni sul territorio nazionale legate alle possibili evoluzioni del contagio. Viceversa, le consultazioni elettorali amministrative essendo di natura territoriale possono prevedere modalità di svolgimento temporalmente scaglionate, ove esigenze sanitarie lo imponessero.

In tale contesto è, perciò, impensabile poter condurre una corretta campagna referendaria per permettere ai cittadini di formarsi un’idea slegata dagli slogan su di una riforma, ricordiamolo, davvero molto impattante sugli assetti istituzionali della nostra Repubblica, essendo fortemente compressa la possibilità di organizzare incontri o eventi aperti alla partecipazione pubblica, anche tra tecnici del diritto, che consentano de visu lo scambio di idee e opinioni in merito alla revisione costituzionale oggetto di consultazione. Ed è singolare che un governo che ha tanto utilizzato task force tecniche nella gestione dell’emergenza impedisca un sano confronto fra tecnici su una riforma costituzionale …Né lo strumento informatico può essere considerato sostituivo dello scambio sociale, culturale e politico, ponendosi semmai come strumento complementare di diffusione della campagna elettorale.eADV

Ancora, è appena il caso di sottolineare che fissare la data del referendum a ridosso della stagione estiva, limita fortemente la campagna elettorale che dovrebbe in parte svolgersi in pieno agosto, rendendo di fatto impossibile garantire la più ampia partecipazione del corpo elettorale, presumibilmente lontano dalle città di residenza. Inoltre, il fatto che il dl del 16 maggio 2020 n. 33 conferma la chiusura di scuole e Università (art. 1, comma 13), nonché il divieto di riunioni in luoghi pubblici e aperti al pubblico (art. 1, comma 8), priva di fatto i cittadini della possibilità di esercitare il proprio diritto ad informare e ad informarsi in merito ai contenuti del referendum costituzionale, comprimendo oltre ogni ragionevole misura gli spazi informativi che, considerato l’ampio potere lasciato ai Presidenti delle Regioni di intervenire con misure ulteriormente restrittive ove la curva epidemiologica dovesse virare in positivo, espone lo svolgimento della campagna referendaria ad una disparità di trattamento tra cittadini residenti in diverse aree territoriali del Paese.

È appena il caso di ribadire che la regolarità della campagna elettorale si riverbera sulla regolarità dell’esercizio del diritto di voto. Un referendum costituzionale, per la sua rilevanza, deve avere adeguati spazi dedicati allo scambio di opinioni e di informazioni sia per coloro che sono contrari sia per coloro che sono favorevoli alla riforma costituzionale.

Il referendum costituzionale va, pertanto, indetto in una data autonoma rispetto alla data che verrà fissata per le elezioni amministrative perché il rispetto del principio democratico ex art. 1 e del principio di buona amministrazione ex art. 97 Cost. impone il rinnovo periodico degli organi rappresentativi tanto a livello nazionale quanto a livello locale e dunque impone anche una data certa e per la fissazione delle elezioni amministrative, mentre tale esigenza non ricorre per il referendum costituzionale, per il quale, al contrario, si impone una maggiore ponderazione da parte del corpo elettorale e dunque rende opportuno uno slittamento della consultazione al fine di garantire pienamente l’espressione di un voto libero e consapevole.

Abbiamo il dovere civile ed etico di denunciare quanto sta accadendo, perché non possiamo, né dobbiamo, giustificare e legittimare tutto ciò che giustificabile non è, perché il nostro compito è di esercitare sia l’antichissimo diritto di resistenza politica a difesa della Costituzione sia ogni azione che l’ordinamento giuridico ci riconosce.

A sostegno delle nostre ragioni in merito alla violazione dei diritti di partecipazione politica rammentiamo che sullo Stato italiano pende una condanna della Commissione dell’ONU per i diritti Umani che ha rilevato la violazione del diritto di partecipazione alla vita politica perché non predispone le misure idonee a garantire la pubblica informazione sulle campagne referendarie.

Rivendichiamo pertanto con orgoglio e determinazione il diritto di agire a tutela dei nostri diritti violati contro un Governo che ha abusato del proprio ruolo istituzionale, travalicando i limiti che la Costituzione pone a difesa dei diritti dei cittadini e svendendo la democrazia.

Per questo manifestiamo l’intenzione che, ove l’azione di Governo non rientri con immediatezza nell’alveo costituzionale, garantendo ai cittadini il pieno esercizio dei propri diritti di partecipazione politica,siamo pronti ad affiancare ad adiuvandum il Comitato promotore del referendum nell’esercizio dell’azione per conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale, affinché il supremo Garante della Costituzione intervenga a ristabilire la legittimità costituzionale violata e chiediamo, altresì, che si proceda all’individuazione della data del referendum costituzionale di concerto con i comitati e le associazioni per il NO e per il SI al referendum, come promesso dal Presidente del Consiglio prima dello scoppio della pandemia.

Perché il rischio di cripto-involuzioni striscianti è insito nella pericolosa assuefazione all’abbandono delle forme costituzionali a garanzia dei diritti fondamentali e allo svuotamento del potere decisionale dell’istituzione rappresentativa.
Perché la Costituzione è di tutti noi cittadini. Non di un partito. Non di un uomo solo.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy