25 APRILE 2024 – 9:41
Dopo anni di tentativi, il Sindaco Brugnaro ce l’ha fatta: oggi, giovedì 25 aprile, inizierà la sperimentazione del ticket d’accesso all’interno del centro storico di Venezia, varato per far fronte al fenomeno del turismo di massa che soffoca le strade della città. Una misura a dir poco controversa, e invisa a parecchi dei comitati cittadini, che contro di essa hanno lanciato numerose iniziative, mobilitando isolani, abitanti della “terraferma” e studenti. Questo perché a detta di molti il “contributo di accesso” non stride solo con i diritti e le libertà personali, ma mina alla radice il concetto stesso di città come luogo di scambio e centro di passaggio, virando invece verso un sempre più incombente smembramento del tessuto urbano. Lungi dal salvaguardare Venezia, il ticket si porrebbe così in linea con quel processo di musealizzazione della città che la investe da anni, rendendola ancora più schiava di quel fenomeno che intenderebbe combattere.
Ticket di accesso: funzionamento e aspetti controversi
A partire dal 25 aprile, per entrare a Venezia nei giorni da “bollino nero” sarà previsto il versamento di un contributo di ingresso pari a cinque euro qualora non si rientri nelle ipotesi che danno diritto all’esenzione dal pagamento. La spesa sarà dunque a carico dei soli turisti giornalieri residenti fuori dal Veneto che non pernottano in quelle strutture ricettive nelle quali è già dovuta la tassa di soggiorno. I giorni interessati sono in totale 29, e vanno dal 25 aprile al 5 maggio per poi, a seguire, tutti i fine settimana fino al 13-14 luglio, fatta eccezione per il weekend della festa della Repubblica. Il pagamento del contributo o l’ottenimento dell’esenzione saranno da provare tramite l’esibizione di un voucher alle autorità competenti nei punti di accesso alla città, che verrà acquisito dopo la richiesta di ingresso al centro storico di Venezia, e che sarà disponibile sotto forma di codice QR. I soli esenti dall’ottenimento del voucher sono i residenti e i nati in Comune di Venezia. Questo significa che anche gli studenti, i lavoratori che risiedono nella città metropolitana, e i domiciliati dovranno munirsi di codice da mostrare al personale di sicurezza veneziano, pena una multa dai 50 ai 300 euro.
Per andare a studiare, a svolgere un esame, a lavorare, o addirittura per entrare in casa propria, si dovrà chiedere il permesso. Questa è la prima delle tante conseguenze e contraddizioni che i comitati cittadini denunciano all’iniziativa del ticket di accesso; il fenomeno del turismo giornaliero è infatti solo uno degli innumerevoli problemi che colpiscono la città di Venezia, e altro non è che il sintomo di una ben più radicata malattia. Lungi dall’essere esso stesso il problema, il turismo di massa è parte di un molto più ampio quadro entro cui rientrano anche le crisi abitativa, sociale e lavorativa che soffocano il centro storico di Venezia. Indirizzare gli sforzi contro il solo turismo, sarebbe in tal senso come tagliare il ramo essiccato dell’ulivo malato, e risolverebbe – sempre che ce la faccia – la questione solo in superficie. Ne abbiamo parlato con Federica di Assemblea Sociale per la Casa (ASC), uno dei gruppi che il passato 9 aprile ha occupato la sede del Consiglio Comunale della città sotto gli slogan “No al ticket, sì a casa e servizi” e “Venezia non è un museo”.
“Contributo di ingresso” o mossa di propaganda?
Secondo Federica, il ticket è «una misura semplice a un problema complesso». Tale iniziativa, infatti, non solo agisce in maniera selettiva, limitandosi a colpire il turismo giornaliero e catalogando le entrate in città in «turisti di serie A e di serie B», ma inquadra il problema come il proverbiale uomo che guarda il dito che indica la luna. La questione della vivibilità di Venezia è ben più radicata e non può essere risolta colpendo unicamente il turismo di massa, ma deve essere affrontata agendo sulle condizioni lavorative e sui servizi dedicati al cittadino. La misura, inoltre, sembra avere tutti gli aspetti per configurarsi più come una mossa propagandistica, che come un reale tentativo di risoluzione dell’emergenza turistica veneziana: come ci dice Federica, l’amministrazione Brugnaro che da anni si batte per l’introduzione del ticket di accesso è la stessa che dall’altro lato non fa che promuovere iniziative atte a incentivare l’arrivo di turisti, che vanno dal tentativo di boicottare i movimenti contro le grandi navi, alla creazione di una nuova fermata di vaporetto a San Giobbe, fino alla costruzione del nuovo hub di San Giuliano. A conferma della possibilità che quella del ticket sia più che altro una iniziativa di facciata arriva il rapido e inaspettato sprint che la misura ha vissuto proprio quando l’UNESCO aveva considerato l’idea di mettere Venezia nella sua black list dei siti Patrimonio dell’umanità a rischio, dicitura contro cui il sindaco Brugnaro si è scagliato in maniera dirompente, rivendicando l’integrità della città.
A fare dubitare della reale intenzione di regolamentare il turismo di massa è anche il lancio del Piano Casa annunciato a dicembre, contro cui ASC si è mossa sin dal suo concepimento. Esso infatti stanziava 28 milioni per l’assegnazione di 500 case pubbliche, di cui, secondo ASC, solo 100 nel centro storico, entro il 2026. Numeri ben al di sotto degli oltre 2.200 appartamenti ed edifici di cui parlano i dati forniti da Ocio!, un collettivo di abitanti e ricercatori che dal 2019 porta avanti attività di monitoraggio, discussione e progettazione per far fronte all’emergenza abitativa; e cifra stanziata piuttosto inferiore ai 93,5 milioni – provenienti dal PNRR – dedicati alla costruzione di un nuovo bosco dello sport a Mestre, quando, come riporta Federica, quei soldi non solo potevano essere usati per far fronte all’emergenza abitativa, ma anche per restaurare le analoghe palazzine del centro storico.
Il problema del turismo di fonte alla questione abitativa
Lo stesso fenomeno del turismo di massa non nasce dal nulla, ma viene alimentato dall’intero impianto cittadino, che l’amministrazione rivolge non a coloro che la città la vivono, ma agli stessi turisti; ed è naturale che se si chiamano turisti, i turisti arrivano. Per contrastare tale fenomeno piuttosto che agire per via diretta sulle modalità di accesso alla città, si dovrebbero dunque ripensare la sua logica e i suoi spazi, rendendoli più a misura di cittadino. Come sottolinea Federica, combattere il turismo facendo pagare un contributo di accesso alla città non farebbe in tal senso che alimentare quella logica che vede in Venezia un proverbiale “museo a cielo aperto”, appunto, musealizzandola. Eppure «Venezia non è un museo», ma una città, e in quanto tale ha bisogno di strutture, servizi, spazi, iniziative e tutele rivolte a coloro che la città la vivono. A tal proposito ASC si batte da tempo per «applicare una regolamentazione alle affittanze turistiche» mettendo un «tetto al numero delle case» dedicate ai turisti, promuovere iniziative volte a «calmierare gli affitti», e per riqualificare quei circa 2.000 spazi «sfitti e inabitabili» che se riesumati potrebbero fungere da abitazioni e sedi per i servizi ai cittadini, primo esempio fra tutti gli asili e le scuole, che a Venezia «fanno a gara» per accaparrarsi gli iscritti necessari per rimanere aperti.
Secondo Federica, insomma, per ridurre il turismo si dovrebbe in primo luogo rendere la città meno turistica, non trasformare il fenomeno in turismo selettivo; e per farlo occorre una amministrazione che indirizzi gli investimenti verso servizi dedicati al cittadino. Secondo Ocio! a oggi, nel centro storico di Venezia si è ormai scesi sotto i 50.000 residenti (a cui comunque vanno affiancati gli studenti e i lavoratori che abitano l’isola), toccando il numero più basso di sempre, mentre i posti letto riservati ai turisti hanno superato tale cifra. Di fronte a tali numeri è facile immaginare come la città si stia rapidamente trasformando, come denuncia la stessa Federica, in una sorta di «parco giochi» fatto apposta per i turisti, entrando in un vero e proprio circolo vizioso; dopo tutto, più strutture vengono riservate ai turisti, più turisti arrivano, e più spazi si convertono in spazi dedicati a essi, togliendo aria all’autentico tessuto urbano. L’unico modo per uscire da tale logica è intaccarla alla radice e cambiare il modello cittadino, rendendolo più attento ai bisogni degli abitanti. È per questo che, come rivendica ASC, la soluzione non può essere quella di ridurre i turisti, ma deve necessariamente passare per un ripensamento della città, attraverso l’introduzione di strutture servizi e spazi realmente a misura di cittadino.
[di Dario Lucisano]