Il 27 giugno si sono tenute in Islanda le elezioni presidenziali, che hanno visto la sfida tra il capo di stato in carica, Guðni Thorlacius Jóhannesson, e lo sfidante Guðmundur Franklín Jónsson.

Eletto nel 2016 con il 39.1% delle preferenze, Jóhannesson aveva annunciato la sua intenzione di ricandidarsi in occasione del suo discorso per il nuovo anno. Entrato in carica a soli 48 anni, il capo di stato in carica vanta anche il primato di presidente più giovane tra i dieci che si sono succeduti nella storia dell’Islanda indipendente. Sin dal suo insediamento, Jóhannesson ha goduto di grande popolarità sull’isola, ottenendo tassi di approvazione sempre ampiamente superiori al 60%. Nel dicembre del 2016, solamente quattro mesi dopo l’inizio del suo mandato, il presidente aveva raggiunto un tasso di approvazione del 96%, un record nella storia della presidenza islandese.

La popolarità del capo di stato in carica spiega anche come mai alle elezioni presidenziali si sia candidato solamente uno sfidante, il cinquantaseienne Guðmundur Franklín Jónsson, rispetto ai nove candidati che avevano partecipato alla tornata di quattro anni fa. Imprenditore nel settore alberghiero in Danimarca, Jónsson ha fondato nel 2013 un partito politico denominato Destra Verde (Hægri Grænir), che tuttavia ha sempre ottenuto risultati poco significativi. Nel 2016, la sua candidatura era stata respinta in quanto residente all’estero.

Jónsson ha presentato un programma che prevedeva il rafforzamento del ruolo del capo di stato nella politica islandese: “È un grande fraintendimento che il ruolo del presidente islandese si limiti a sorridere di fronte a diplomatici stranieri e a tenere discorsi in occasioni festive. L’ufficio non dovrebbe essere affatto una decorazione, ma il presidente deve lavorare attivamente per la nazione e cercare tutti i modi per servirla e sostenerla“, aveva dichiarato al momento dell’ufficializzazione della sua candidatura. Jónsson è inoltre considerato come un’oppositore all’ingresso dell’Islanda nell’Unione Europea: “L’adesione dell’Islanda all’Unione europea non sarà mai accettata senza che la nazione voti per l’adesione”.

Altri potenziali candidati hanno successivamente manifestato il proprio interesse per partecipare alle elezioni, ma non sono riusciti ad ottenere il numero di firme necessarie previste dalla Costituzione islandese (tra le 1.500 e le 3.000). Tra questi, il noto cospirazionista Axel Pétur Axelsson, che ha affermato di voler sollevare dai propri incarichi tutti i membri dell’attuale governo, guidato dal primo ministro Katrín Jakobsdóttir, esponente del partito Sinistra – Movimento Verde (Vinstrihreyfingin – Grænt Framboð, VG).

Nonostante l’opposizione di Jónsson, la conferma di Jóhannesson è apparsa scontata sin dall’inizio della campagna elettorale, non solo per i sondaggi sulla sua popolarità, già citati in precedenza. Il capo di stato in carica, infatti, è riuscito a raccogliere le firme necessarie per presentare la propria candidatura in appena un’ora di tempo.

Il 28 giugno, i dati pubblicati dai media islandesi hanno confermato le impressioni della vigilia: Guðni Jóhannesson ha ottenuto il suo secondo mandato presidenziale con il 92.19% delle preferenze, sfiorando quota 151.000 voti. Lo sfidante, Guðmundur Jónsson, invece, non è andato oltre il 7.82%, con l’affluenza alle urne che è stata del 66.92%, nove punti in meno rispetto alle presidenziali del 2016. Questo dato potrebbe essere stato influenzato dalla pandemia da nuovo coronavirus, che in Islanda ha provocato dieci morti e 1.840 casi positivi, su una popolazione di appena 341.000 abitanti.

Sono onorato e orgoglioso“, ha dichiarato il vincitore. “Il risultato di queste elezioni è, per me, la prova del fatto che i miei connazionali islandesi hanno approvato il modo in cui mi sono avvicinato a questo ufficio“, ha continuato. “È la conferma che la nazione è stata contenta di come ho svolto il mio lavoro qui al Bessastaðir [la residenza presidenziale islandese, ndre un’indicazione e una conferma che il mio dovere è di continuare lungo il stesso percorso. Per questo, sono estremamente grato“. Il risultato ottenuto da Jóhannesson rappresenta anche il secondo margine più netto nella storia delle elezioni presidenziali islandesi: Vigdís Finnbogadóttir, la prima donna al mondo ad essere eletta democraticamente come capo di stato, detiene anche questo recordo, avendo vinto le elezioni del 1988 con il 94,6% dei consensi.

Jóhannesson si è impegnato per spingere il parlamento a portare a termine la riforma costituzionale che dovrebbe limitare il numero dei mandati presidenziali a due o tre. Al momento, in Islanda non esiste un limite di questo tipo, e Ólafur Ragnar Grímsson detiene il primato di cinque mandati presidenziali consecutivi, avendo guidato il Paese ininterrottamente tra il 1996 ed il 2016.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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