L’Italia, nonostante sia un Paese immensamente importante dal punto di vista culturale, non riesce a valorizzare quanto potrebbe l’istruzione. Rispetto alla media europea, la partecipazione degli adulti alla formazione è molto bassa. Prendendo in considerazione la fascia di popolazione tra i 25 e i 64 anni, in Italia solo il 20,1 percento è in possesso di una laurea; la media europea è invece del 32,8 percento. Senza parlare di chi è arrivato a prendere almeno il diploma: 62,9 percento contro la media in Europa del 79,0 percento. Una volta compreso a livello statistico il problema, il vero focus è sui motivi che portano l’Italia a trovarsi tanto indietro rispetto al resto d’Europa. Inoltre, la Penisola è molto vicina, a livello culturale, storico, di organizzazione scolastica, ad altri Paesi europei dove invece scuole e università sembrano essere gestite in maniera molto migliore. Allora il vero problema in Italia non può essere relativo a una “svogliatezza” della popolazione, ma forse a una struttura che porta alcuni alla rinuncia della formazione “classica”, andando direttamente alla ricerca di un lavoro, o a vivere esperienze all’estero e via dicendo. Di strade alternative per accrescere il proprio sapere ce ne sono ormai molte, specialmente con l’avvento di internet. Con il periodo pandemico poi, esisteva la grande paura di vivere un vero e proprio crollo delle immatricolazioni. Invece gli atenei italiani nell’autunno 2020 hanno registrato un aumento di oltre il 5 percento delle nuove iscrizioni ai corsi triennali. Una delle ragioni per un’inaspettata crescita di nuovi studenti è stata la possibilità di seguire i corsi online, che ha dimezzato i costi. Perché uno dei principali ostacoli di tanti possibili studenti risiede proprio nelle tasse universitarie fin troppo alte in Italia.

Tasse universitarie troppo alte, aiuti mai efficaci

Nel report “National Student Fee and Support Systems in European Higher Education – 2020/21” pubblicato da Eurydice (rete di informazione sull’istruzione Ue) vengono confrontate tasse e aiuti messi a disposizione dagli Stati agli studenti in tutta Europa; e il Belpaese è uno dei luoghi più costosi per formarsi a livello universitario. La media è di 1.628 euro all’anno, con le dovute differenze relative ai corsi di studi e all’ISEE di ognuno. In media la triennale oscilla tra i 200 euro per i redditi più bassi fino ai 2.721 euro per quelli più alti. Per quanto riguarda invece la magistrale, si arriva a pagare fino ai 2.906 euro. E si parla delle tasse delle università pubbliche, ovviamente. Ma per fare un reale confronto con gli altri Paesi bisogna anche prendere in considerazione l’intero mondo economico a cui lo studente deve far fronte (e non solo le tasse universitarie) per cui esistono borse di studio, agevolazioni in generale sui trasporti, sugli affitti, i pasti.

Esistono Paesi europei organizzati in modo da consentire a chiunque di studiare senza preoccuparsi – almeno non del tutto – delle spese. Oltre a tasse universitarie quasi nulle, come in Germania, Norvegia, Nuova Zelanda per fare degli esempi, esistono sostegni concreti ed efficaci per garantire a chiunque sia uno studente di potersi dedicare, appunto, allo studio. Vero è che i Paesi citati possono essere molto lontani dalla bella Italia. Se quindi diviene necessario riportare un esempio di chi è più “vicino”, si può parlare della Francia, tra l’altro uno dei 47 Paesi che fa parte del Processo di Bologna, volto a costruire una “Europa del sapere” con obiettivi comuni. Con la Dichiarazione di Bologna (1999) la volontà era quella di armonizzazione i vari sistemi di istruzione superiore europei, per creare un’Area Europea dell’Istruzione Superiore e di promuoverla poi su scala mondiale per accrescerne la competitività internazionale. In linea con quanto ratificato nel processo di Bologna, le università francesi seguono uno schema simile a quello italiano sia per durata dei corsi, che per modalità di acquisizione dei titoli (i CFU italiani, che in Francia prendono invece il nome di ECTS) e di validità degli stessi.

La Francia è poi simile all’Italia da tanti punti di vista e culturalmente i due Paesi hanno da sempre vissuto una storia affine. Eppure, in Francia allo studio viene data un’importanza maggiore, riconoscendo non solo a parole l’importanza e il diritto di tutti ad accedere a percorsi di studi. Le università pubbliche francesi hanno infatti tutte gli stessi costi: 181 euro all’anno per la cosiddetta licence (ovvero la laurea triennale) e 250 euro per i master (corrispettivi della laurea magistrale italiana), dati dell’Agenzia francese per la promozione dell’istruzione universitaria (Campus France). Gli studenti ricevono anche borse di studio in base al reddito, aiuti che esistono anche in Italia ma funzionano peggiormente, senza parlare dei tagli continui che vengono fatti ai fondi. In Italia infatti solo il 14 percento circa degli studenti percepisce in media borse di studio e la Penisola si riconferma essere uno tra i Paesi che hanno erogato meno borse di studio negli ultimi anni. A stabilire gli importi minimi delle borse è il Miur che ogni anno rilascia un decreto ma “dimentica” di considerare quanti fondi sono disponibili. Altrimenti, come negli ultimi anni, si rischia di escludere studenti che hanno diritto ad aiuti economici, perché non si hanno abbastanza fondi (7 mila studenti sono stati esclusi dal 2018 al 2021). Intanto in Francia, alcuni studenti davvero bisognosi quasi non pagano le tasse (30 euro all’anno) questo perché è lo Stato a farsi carico di gran parte delle spese per la formazione. Salgono i prezzi solo per alcune scuole pubbliche di ingegneria o ovviamente alcuni istituti privati, anche se sono molto meno diffusi e di successo rispetto, per esempio, all’Italia. E comunque, col fine di garantire il diritto all’istruzione ai più, anche in istituti privati le tasse spesso coprono solo il 30 percento dei costi effettivi degli studi mentre il resto è costituito da sussidi statali o risorse interne. Molto buona e “democratica” è anche la tortuosa strada degli studi in medicina in Francia, dove non c’è il tanto temuto test d’ingresso come in Italia, ma si dovrà superare un concorso di selezione una volta effettuato il primo anno di studi, da cui lo studente sceglierà dove specializzarsi.

Nel territorio francese è nota l’esistenza di università tra le più importanti e rinomate d’Europa e del mondo, come per esempio la Sorbonne. Si rimane positivamente sorpresi quando si viene a sapere che la Sorbona, in quanto università pubblica, ha un costo assai contenuto. Se poi si considera la vita nella città di Parigi, sicuramente i costi aumentano a dismisura. Ma non è certo impossibile formarsi nella capitale francese. Ci sono infatti aiuti concreti per gli affitti (CAF) bandi per case studentesche anche nel centro della romantica città proprio vicino alla Sorbona madre, svariati sconti che si possono avere grazie alla carte étudiant. Tanto per gli studenti francesi, quanto per gli studenti stranieri. Non che in Italia manchi del tutto un’organizzazione volta a valorizzare gli studenti e far sì che i percorsi di studio siano il più possibile contro ogni disuguaglianza, ma è ben dimostrato quanto certi mezzi siano stati fallimentari, facendo sì che nel Belpaese in pochi decidano di completare percorsi di studio o puntino a una formazione privata, molto costosa ma che assicura – almeno apparentemente – la raccolta di frutti futuri. Certo è che lo studio è un diritto di tutti e in questo modo diviene un diritto dei pochi che se lo possono permettere.

[di Francesca Naima]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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