Loris Campetti

Elvira Calderone, avvocato, scoperta dal talent scout Matteo Renzi, è oggi ministro del lavoro del Governo Meloni. Per 18 anni è stata presidente dell’Ordine dei consulenti del lavoro, carica che ha lasciato lo scorso anno proprio per poter fare il ministro e non ha trovato di meglio che passare lo scettro a suo marito, Rosario De Luca. Chi può azzardarsi a dire che è in conflitto d’interessi? Perché bisogna sapere che l’Ordine è al servizio delle imprese per la gestione dei rapporti di lavoro, cioè rappresenta la controparte di lavoratori e sindacati. Un po’ come la pitonessa Santanché che, per fare il ministro del turismo, ha lasciato gli ombrelloni del Twiga da 500 euro al giorno, sdraio e spritz esclusi, al suo compagno attuale Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena (parente della contessa Serpelloni Mazzanti Vien dal Mare?), al di lui gemello Soldano e alla sorella Anastasia, nonché al di lei socio storico Flavio Briatore (qualcuno sostiene addirittura che i due sodali potrebbero aver fatto insieme il militare a Cuneo, ma non ci sono prove). Claudio Durigon, fascioleghista laziale-veneto e nostalgico della bonifica mussoliniana, è sottosegretario al lavoro sempre nel Governo Meloni. Da piccolo è stato segretario generale dei metalmeccanici Ugl e poi vicesegretario generale della stessa confederazione erede del sindacato fascista Cisnal. Va ricordato che il sindacato di Durigon è firmatario del contratto pirata con Delivery che riduce i rider a schiavi su due ruote. Adesso la destra di governo, nell’opporsi al salario minimo finalmente proposto dalle opposizioni, dice che bisognerebbe evitare i contratti pirata firmati da sindacati poco rappresentativi, o rappresentativi solo dell’interesse dei padroni, tipo Ugl per intenderci. Tra le sue performance più famose, Durigon è titolare della proposta di cambiamento del nome del parco di Latina oggi dedicato a Falcone e Borsellino: vuole intitolarlo “Parco Mussolini” in onore di Arnaldo, fratello del duce.

Ci si può aspettare, da un Governo che affida il tema scottante del lavoro a due personaggi siffatti, la possibilità di raggiungere un accordo sulla proposta di legge per l’introduzione del salario minimo? Questo è un Governo che odia i poveri e i lavoratori, che cancella il reddito di cittadinanza e arriva a dimezzare il sostegno alle famiglie delle vittime sul lavoro. Un Governo che lesina sulla cassa integrazione per caldo a chi raccoglie i pomodori alle 14 quando la colonnina di mercurio segna 45 gradi. Pochi giorni fa è morto di caldo, tra i tanti, un gruista di settantacinque anni. Come se non fossero già abbastanza i morti sul lavoro per aggiungercene degli altri. Nel primo semestre del 2023, in Italia sono morti 688 lavoratori, di cui 436 sul luogo di lavoro e i rimanenti in itinere, il 15% in più rispetto all’anno record che è stato il 2022 quando erano conteggiate anche le vittime del Covid tra i lavoratori della sanità. In tutto il 2022 sono morti 1.499 lavoratori. Se si conteggiano solo i morti sul posto di lavoro, l’aumento nel semestre dell’anno in corso è addirittura del 34%. Dati certificati dall’Osservatorio di Bologna, fondato da Carlo Soricelli nel 2008 «per non dimenticare i sette operai morti nella strage della ThyssenKrupp nella fonderia di Torino». Soricelli è un operaio metalmeccanico in pensione e artista sociale. I dati che ha raccolto in questi anni dimostrano che dal 2008 le vittime accertate del lavoro raggiungono la cifra spaventosa di 19.519. Uomini e donne, giovani e anziani, italiani e immigrati, a tutte le vittime l’Osservatorio ha dato il nome e il cognome, un’opera di misericordia, di giustizia e di rabbia. Certo, questa strage non è imputabile solo al Governo fascista in carica. Così come va ricordato che non è stata Meloni né era stato Berlusconi a cancellare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori bensì Renzi. Si può però dire che il Governo Meloni riesce a fare ancora peggio di chi l’ha preceduto. Avere ripristinato appalti e subappalti a cascata aumenta la precarietà e le morti cosiddette bianche che sono nere come il carbone, consente alle grandi aziende di salvarsi la coscienza scaricando il lavoro sporco sulle piccole, sulle piccolissime aziende, sulle false cooperative che usano i caporali, costringono i lavoratori al nero e allo sfruttamento selvaggio con salari ben lontani dai 9 euro netti l’ora.

Nella farsa inscenata per bloccare l’introduzione del salario minimo per legge che ci chiede persino l’Europa, le destre guidate da Giorgia Meloni cercano solo una scusa per nascondere la loro natura classista, antioperaia e antisindacale. È un misero imbroglio dire che la strada per intervenire sui working poor è la contrattazione collettiva mentre non si rinnovano neanche i contratti dei lavoratori pubblici, o che bisogna fermare i contratti pirata mentre si sostiene chi li sottoscrive e ci si rifiuta di varare una legge sulla rappresentanza sindacale per dare un valore erga omnes al contratto di lavoro. Meloni prende tempo e butta la palla in tribuna, altro che concertazione invocata a sproposito da Calenda nel fronte politico e dalla Cisl in quello sindacale.

Le posizioni sindacali rispetto al salario minimo sono modificate nel tempo perché sono modificate le condizioni, i rapporti di lavoro e la legislazione che li regola a tutto vantaggio delle imprese. Oggi, in seguito alla deregulation che ha decuplicato la precarietà, i sindacati rappresentano una minoranza di lavoratori concentrati soprattutto nelle grandi imprese e, in parte, nel pubblico impiego. Fuori da questi capisaldi c’è la giungla e, sempre più spesso, la guerra tra poveri; la cultura liberista è penetrata nella società facendo il miracolo di far credere a chi guadagna 1.000 euro al mese che la colpa non è del suo amministratore delegato che ne guadagna 100.000 ma dell’operaio dell’appalto che ne prende 500. La frantumazione del lavoro e delle sue filiere ha moltiplicato paurosamente il numero dei contratti, addirittura più di 1.000, molti dei quali pirata che prevedono salari ben al di sotto dei 9 euro lordi. Alcuni di questi contratti con salari al di sotto dei 9 euro l’ora, pochi per fortuna, recano la firma di Cgil, Cisl e Uil. Questi e altri ragionamenti hanno portato il sindacato di Landini ad aprirsi rispetto alla necessità di fissare per legge una soglia salariale minima per restituire la dignità ad almeno tre milioni di lavoratori poveri. Un atto di solidarietà verso i lavoratori più svantaggiati. Insieme, però, andrebbero: rafforzata la contrattazione, varata una legge sulla rappresentanza e la democrazia sindacale, rivisto radicalmente il meccanismo degli appalti e subappalti, mandati in pensione i voucher. Perché il salario minimo è una buona base di partenza, ma non risolve da solo tutti gli immensi problemi di chi lavora nell’era del liberismo.

Rappresenta un segnale positivo la proposta presentata dall’opposizione unita di introdurre il salario minimo per legge. Unita, se si prende atto che Renzi altro non è che la ruota di scorta della maggioranza così come potrebbe dirsi per la Cisl, mentre Calenda rimane tra color che son sospesi, sostiene la proposta ma plaude al presunto passo indietro della Meloni e ottiene una promessa d’incontro e qualche moina. Meloni si limita a prendere tempo rimandando lo scontro a settembre, promettendo che in autunno anche il Governo presenterà una sua proposta di legge in sostegno dei salari, magari detassando gli straordinari che al contrario, se si vuole sostenere l’occupazione, andrebbero aboliti. Elly Schlein, a sua volta, pur prendendo timidamente le distanze dall’afflato concertativo di Calenda, plaude alla vittoria delle opposizioni che hanno costretto le destre a ritirare l’emendamento ammazza-legge sui salari. Unione Popolare (Prc e PaP) raccolgono firme per un referendum per il salario minimo a 10 euro. A pensar male viene in mente il vecchio vizio della sinistra del più uno. Conte diffida del passo a lato di Meloni. Restano agli atti le parole del vicepremier Tajani, secondo cui il salario minimo per legge ci getterebbe nell’orbita dell’Unione sovietica, peraltro dissoltasi oltre trent’anni fa. O le parole di Musumeci, il ministro siciliano che dovrebbe proteggerci da alluvioni, incendi e colpi di sole e che si lancia invece nell’agone politico del lavoro sostenendo che il salario minimo sarebbe puro assistenzialismo. Dovrebbe andare a dirlo ai rider o ai raccoglitori di pomodori, alle badanti o ai muratori, ai lavoratori delle piattaforme, che nove euro di salario sarebbero assistenzialismo.

C’è un aspetto della questione totalmente rimosso, ma che pure per Meloni dovrebbe rappresentare un problema se cerca il consenso del Paese: oltre il 70% degli italiani è favorevole al salario minimo per legge. Del resto, la maggioranza assoluta dei cittadini è contraria all’invio di armi all’Ucraina, mentre il Parlamento che decide è favorevole per oltre l’80%. Della serie: chi se ne frega. È la postdemocrazia, bellezza

https://volerelaluna.it/commenti/2023/07/28/un-governo-che-odia-i-poveri-e-i-lavoratori/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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