I morti dei massacri di La Cantuta e Barrios Altos (Foto di Antonio Escalante. Pubblicata nel fotoreportage di La Mula 2017)

Lima, Perù – Centro di Studi Umanisti Nueva Civilización – Redacción Perú

La scarcerazione dell’ex presidente Fujimori, condannato per crimini contro l’umanità, dovuta alla decisione presa dalla Corte Costituzionale e dall’Istituto Penitenziario Nazionale, con il consenso del presidente della Repubblica, è una decisione sbagliata.

Da un lato, l’indulto di Fujimori trasgredisce le basi del sistema giuridico internazionale, che sostiene i diritti umani fondamentali, di cui il Perù è firmatario. Dall’altro, la grazia danneggia il processo di riconciliazione avviato in Perù all’inizio del 2000 con l’obiettivo di superare, come società, gli effetti del conflitto armato interno che ha messo in lutto migliaia di famiglie peruviane, soprattutto le popolazioni indigene, tra il 1980 e il 2000.

Una delle tappe fondamentali di questo processo è stata la presentazione del Rapporto della Commissione per la Verità e la Riconciliazione (CVR), che quest’anno compie 20 anni, in cui si conclude che la guerra civile ha danneggiato direttamente la popolazione peruviana più povera, rurale, andina e della giungla. Questa non è stata sentita né considerata come propria dal resto del Paese, il che rivela il razzismo e gli atteggiamenti di disprezzo che ancora esistono nella società peruviana quasi due secoli dopo la nascita della Repubblica. In questo contesto, la scarcerazione dell’ex presidente Fujimori è un affronto alle vittime della violenza politica e sociale che ha tragicamente avvolto quel periodo della nostra storia.

La grazia a Fujimori viene concessa senza che il condannato riconosca i suoi crimini, senza che abbia pagato un risarcimento civile, senza che lo Stato si sia adoperato per riparare la situazione che ha permesso il verificarsi di questa barbarie e senza che le condizioni di salute del detenuto giustifichino una grazia umanitaria.

Il bisogno di una vera riconciliazione

La riconciliazione sociale può avvenire solo quando si conosce la verità di ciò che è accaduto senza falsificare la memoria e quando la società riflette sulle vere radici degli eventi. Lo Stato deve creare e diffondere spazi di riflessione in cui sia incoraggiato un dialogo sincero tra gli interlocutori; solo in questo modo si potrà avere una reale comprensione di ciò che è accaduto e del ruolo giocato dal contesto sociale, politico e culturale in questi eventi.

D’altra parte, è necessario intraprendere azioni per riparare i danni causati alla società nel suo complesso e in particolare ai cittadini che hanno subito direttamente le conseguenze. Un’azione indispensabile sarà quella di lavorare tenacemente e instancabilmente per cambiare il sistema che ha portato a questi eventi.

Le conseguenze della grazia

L’indulto a Fujimori è un precedente negativo per il rispetto dei diritti umani, afferma l’egemonia di poteri estranei alla giustizia e all’uguaglianza e apre la porta a situazioni simili in futuro.

Afferma valori antiumanisti ignorando le violazioni dei diritti umani commesse dal regime di Fujimori, genera una perdita di riferimenti per il presente e il futuro, imprime il disprezzo per la vita umana, in particolare delle popolazioni più vulnerabili, e giustifica molte altre forme di violenza correlate, minando così le basi etiche della nostra società.

Si dice che un popolo che non conosce la sua storia è condannato a ripeterla; così vediamo come, un anno fa, i cittadini delle zone andine sono stati assassinati dalle forze dell’ordine con l’appellativo di “terroristi” nel contesto delle manifestazioni di massa che si sono svolte contro il regime di Dina Boluarte (la prima donna a diventare presidente del Perù nel 2022, N.d.R.), facendo rivivere la discriminazione, l’antagonismo e la stigmatizzazione dei popoli delle regioni che chiedevano il rispetto del loro voto, il riconoscimento del loro diritto alla rappresentanza politica.

È tempo di un vero processo di riconciliazione nazionale. A tal fine, è necessario riprendere le linee guida del Rapporto della CVR, riflettere e dialogare, rafforzare i luoghi della memoria come spazi per la riflessione, garantire giustizia alle vittime dirette delle violazioni dei diritti umani producendo un ampio e profondo dialogo nazionale tra coloro che oggi si sentono in contrasto tra loro.

A cura di: Centro di Studi Umanisti Nueva Civilización

Traduzione dallo spagnolo di Gloria Alligri. Revisione di Thomas Schmid.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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