In diversi ambienti è stata lanciata la proposta di promozione per un referendum abrogativo di alcuni passaggi dell’attuale formula elettorale che presenta chiaramente rilevanti profili di incostituzionalità.

Si tratta di soggetti già protagonisti nel referendum 2016 e ancora giustamente contrari alle deformazioni costituzionali in corso di discussione in Parlamento (premierato e autonomia differenziata) ; soggetti da tempo impegnati sul tema della incostituzionalità della attuale formula elettorale (ricordando anche le battaglie vinte in Corte Costituzionale dal compianto Felice Besostri)

Sulla proposta di abrogazione ci si è concentrati su il cosiddetto “voto congiunto obbligatorio, vale a dire il meccanismo in base al quale l’elettore che vota una lista plurinominale vota anche il collegato candidato uninominale e viceversa. Il quesito referendario dovrebbeeliminareil meccanismo della “ripartizione del voto” in base al quale il voto dato esclusivamente al candidato uninominale viene ripartito tra tutte le liste collegate in proporzione alle scelte operate dagli altri elettori nel caso di coalizioni ovvero attribuito alla lista collegata. Ugualmente il voto dato a una lista in coalizione o non in coalizione dovrebbe valere solo per la lista e non essere trasferibile al candidato uninominale collegato.Il quesito richiederebbe anche l’abolizionedelle soglie di sbarramentoper accedere alla ripartizione dei seggi e la possibilità di candidaturaè limitata a un solo collegio plurinominale e a un solo collegio uninominale. Sarebbe anche abolito l’esonero dalla raccolta delle firmeper la presentazione delle liste ai gruppi politici già presenti in Parlamento; pertanto, tutte le liste saranno tenute alla raccolta delle firme necessarie( proposta tratta da una mail di Sergio Bagnasco del 19 gennaio 2024).

Non entro nel merito della proposta ma soltanto pregarvi di avviare una iniziativa di riflessione in positivo ponendo un punto all’ordine del giorno:

Sarà necessario attrezzare da subito il massimo delle risorse possibili prima di tutto per impegnare le forze parlamentari ad impedire che si raggiungano i 2/3 di approvazione delle deforme costituzionali su premierato e autonomia differenziata, in modo da poter aver accesso all’ipotesi referendaria.

Tra l’altro è assolutamente da impedire l’annotazione della definizione “maggioritaria” nel testo della Costituzione.

Nel frattempo, proprio nella prospettiva referendaria rispetto alla deformazione costituzionale, il massimo di risorse impegnabili (umane ma non solo, penso a quelle finanziarie e logistiche) dovrebbero essere rivolte verso l’esito elettorale: in questo senso appare, a mio giudizio, prioritaria la posizione della forze politiche e la loro disponibilità a costruire un fronte “costituzionale” che rappresenti il riferimento fondamentale per la battaglia referendaria.

Nell’ambito di questo “fronte costituzionale” dovrà essere posto come dirimente il tema della formula elettorale valutando in quel contesto l’opportunità referendaria.

A proposito della formula elettorale sarebbe importante anche valutare l’insieme della legislazione in materia: ad esempio nel merito del numero e della dislocazione delle sezioni elettorali, della composizione dei seggi, degli orari di votazione (senza pensare alle formule elettorali per Comuni e Regioni e al voto popolare per le province: temi che meriterebbero comunque particolare attenzione).

Non dovrebbe sfuggire all’attenzione di tutti il punto riguardante l’astensionismo: ormai siamo a livelli tali che non consentono la sottovalutazione del tema come avvenne negli anni’90 anche da parte di importanti politologi che semplificarono parlando di “fenomeno fisiologico di allineamento delle democrazie occidentali mature”).

Deve essere ancora fatto notare come il fenomeno dell’astensionismo sia ben collegato a quello della volatilità elettorale (quindi al tema della natura e del ruolo dei partiti): gli episodi di volatilità elettorale che si sono registrati nel sistema politico italiano da quindici a questa parte hanno – ad esempio – costantemente fatto registrare una perdita di voti in cifra assoluta verso il partito, via via di maggioranza relativa e di parallelo incremento della quota astensionista (un solo esempio: nelle elezioni del 2018 il M5S ebbe la maggioranza relativa con circa 10 milioni di voti; nel 2022 la maggioranza relativa è toccata a FdI con 7 milioni di voti circa mentre il M5S ha perso 6 milioni di voti e la non partecipazione è salita di 4 milioni di unità).

Mi permetto, infine, di insistere perchè i promotori dell’ipotesi referendaria sulla formula elettorale si adoperino per un allargamento di forze culturali impegnate su questo terreno e per un avvio immediato di confronto con le forze politiche dell’opposizione dal PD, a AVS fino al Movimento 5 stelle e Unione Popolare pur nella piena consapevolezza delle difficoltà e delle contraddizioni esistenti.

La presenza delle forze politiche appare ovviamente fondamentale dal punto di vista dell’impianto complessivo dell’operazione di ostacolo al tentativo della destra di fuoriuscire dal quadro costituzionale (cui l’attuale destra di governo non ha mai appartenuto in nessuna delle sue componenti): sarebbe difficile proclamare una riaffermazione della tanto bistrattata centralità del Parlamento senza i partiti e non avanzando una proposta di formula elettorale di tipo sostanzialmente proporzionale con il mantenimento dell’espressione del voto di fiducia al governo da parte delle due Camere.

Di Franco Astengo

Lunga militanza politico-giornalistica ha collaborato con il Manifesto, l'Unità, il Secolo XIX,. Ha lavorato per molti anni al Comune di Savona occupandosi di statistiche elettorali e successivamente ha collaborato con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova tenendo lezioni nei corsi di "Partiti politici e gruppi di Pressione", "Sistema politico italiano", "Potere locale", "Politiche pubbliche dell'Unione Europea".

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