Amazon vuole farti sapere che non sfrutta i suoi lavoratori, come spesso si dice. Vuole farti sapere che non devi credere a quei racconti maliziosi sui lavoratori costretti a fare la pipì nelle bottiglie perché non possono andare in bagno. Vuole farti sapere che sono solo cattiverie. Il colosso dell’e-commerce è così desideroso di comunicare tutti questi punti che è arrivato a pagare il proprio staff per twittare delle dichiarazioni positive.

di Arwa Mahdawi – The Guardian

Magari ti stai chiedendo: è la vita reale o una fantasia distopica? Mi dispiace, ma è proprio la vita reale. Di recente, […] un certo numero di magazzinieri di Amazon hanno iniziato a perlustrare Twitter alla ricerca di critiche nei confronti dell’azienda, critiche a cui davano risposte fin troppo allegre. La scorsa settimana, ad esempio, un account chiamato @AmazonFCShaye ha risposto a un tweet che affermava che l’azienda dovrebbe pagare di più i suoi lavoratori. “Lo sai che Amazon paga i magazzinieri il 30% in più rispetto ad altri distributori? Sono orgogliosa di lavorare per Amazon – si sono presi cura di me”.

@AmazonFCShaye è uno dei tanti ambasciatori di Amazon. […] Come ha dichiarato Amazon la scorsa settimana: “gli ambasciatori sono dipendenti che hanno lavorato nei nostri centri di distribuzione (l’FC sta, appunto, per “fulfilment centre”, n.d.T.) e hanno scelto di ricoprire questo ruolo a tempo pieno e ricevere lo stesso compenso e le stesse agevolazioni”. In altre parole, i magazzinieri che twittano dati super-specifici su quanto Amazon sia meglio di altre aziende lo fanno perché sono pagati per fare proseliti su quanto siano appagati dai loro lavori nei centri di distribuzione.

Il fatto che una delle aziende più importanti del mondo, amministrata da Jeff Bezos, la persona più ricca del mondo, abbia ritenuto necessario assemblare un piccolo esercito di Amazombie per difendere il suo onore online la dice lunga. Come prima cosa, dimostra quanto Amazon sia diventato uno dei simboli più evidenti delle disuguaglianze. Bernie Sanders ha recentemente criticato l’azienda direttamente, twittando: “La ricchezza di Jeff Bezos è aumentata di 260$ milioni al giorno, quest’anno, ma lui continua a pagare ai suoi dipendenti salari così bassi che per sopravvivere sono costretti a dipendere dai sussidi”.

In generale, il programma degli ambasciatori di Amazon è indicativo di come lo sfruttamento emotivo sia diventato la norma nell’economia di oggi. Non è più sufficiente andare al lavoro e guadagnarsi il salario; sempre più, un lavoratore deve anche professare di amare il proprio lavoro. Sempre più, un lavoratore deve comportarsi come se il suo impiego lo rendesse felice. Prendiamo ad esempio Pret a Manger, che potrebbe essere uno dei più importanti casi di studio sulla felicità imposta ai dipendenti. La catena […] è famosa per aver reso obbligatoria un’atmosfera dove chiunque è aggressivamente accondiscendente. Nel 2013, l’AD del Pret, Clive Schlee, scatenò indignazione quando disse al Daily Telegraph che i suoi lavoratori erano soggetti a una sorveglianza costante per assicurarsi che comunicassero abbastanza entusiasmo […].

Le dichiarazioni di Schlee scatenarono una forte reazione, ma gli fecero anche guadagnare dei sostenitori. Bill Taylor, il co-fondatore della rivista economica Fast Company, scrisse una difesa del Pret sull’Harvard Business Review, in cui affermava: “Sono convinto che il lavoro emotivo diventerà una parte sempre più importante degli impieghi, nelle aziende che vogliono crescere parecchio in futuro – e questo è uno sviluppo delle cose che mi fa sorridere”. L’introduzione da parte di Amazon degli ambasciatori della positività sembrerebbe dare ragione a Taylor. C’è da chiedersi però quanti di questi lavoratori dei centri di distribuzione sorridano.

http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/amazon-paga-i-lavoratori-per-difendere-azienda-sui-social/