MATTIA MADONIA
La recente storia politica italiana si basa su tentativi, spesso riusciti, di rendere credibile un paradosso. Ci stupiremmo tutti se la Chiesa nominasse come nuovo Papa una donna lesbica o se Viktor Orbán fondasse il partito “Forza Soros”. Eppure abbiamo assorbito, facendola passare come un’evoluzione arzigogolata, la transizione della Lega da partito secessionista a nazionalista.
La strategia attuata da Salvini per risollevare il Carroccio e rivitalizzare un partito agonizzante, preso quando aleggiava intorno al 4% dei consensi, non è altro che la storia di un’abiura. Occorreva rinnegare il passato della Lega, ma soltanto in superficie. Dunque defenestrare Bossi, ma dargli un posto sicuro al Senato e non denunciarlo per la vicenda dei 49 milioni di euro. Togliere la parola “Nord” dal nome, ma giurare fedeltà alla Repubblica con la cravatta verde e la spilla di Alberto da Giussano. Promettere vesti e facce nuove, e poi far sedere Calderoli al tavolo per il contratto di governo. Poteva sembrare un azzardo, una tattica suicida di politicanti alla deriva, la narrazione distorta a cui gli italiani non avrebbero mai creduto.
Continua…
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