di Chris Hedges – 8 aprile 2019

L’ascesa di Donald Trump alla presidenza, come indica Max Blumenthal nel suo acuto libro “The Management of Savagery: How America’s National Security State Fueled the Rise of Al Qaeda, ISIS, and Donald Trump,” [La gestione della barbarie: come lo stato della sicurezza nazionale statunitense ha alimentato l’ascesa di Al-Qaeda, dell’ISIS e di Donald Trump] è stata resa possibile non solo dalla massiccia disuguaglianza sociale e concentrazione della ricchezza e del potere politico nelle mani delle élite oligarchiche, ma anche dai disastrosi e prolungati interventi militari all’estero dello stato della sicurezza nazionale.

Dall’invio da parte della CIA di più di un miliardo di dollari a militanti islamici nella guerra degli anni ’70 in Afghanistan contro l’Unione Sovietica, al miliardo di dollari speso per addestrare ed equipaggiare i jihadisti radicali che attualmente combattono in Siria, gli Stati Uniti hanno ripetutamente rafforzato estremisti che hanno colmato i vuoi degli stati falliti da essi creati. Gli estremisti si sono rivoltati a vendicarsi dei loro patroni. L’alimentazione di questi conflitti da parte di Washington è stata direttamente responsabile dell’ascesa di figure quali Ayman al-Zawahiri e Osama bin Laden e alla fine hanno creato il terreno per gli attacchi dell’11 settembre. Hanno anche generato l’islamofobia rabbiosa in Europa e negli Stati Uniti che definisce la visione razzista di Trump ed è stata utilizzata con successo per giustificare lo sradicamento di libertà civili e diritti democratici fondamentali.

Gli interventi mal diretti dell’apparato della sicurezza nazionale hanno determinato centinaia di migliaia di morti, più di cinque milioni di profughi disperati in fuga verso l’Europa, la distruzione di intere città, lo sperpero di circa cinque trilioni di dollari dei contribuenti statunitensi, corruzione e criminalità rampanti. I mandarini della sicurezza nazionale, anziché spuntare l’ascesa del jihadismo radicale, ne hanno assicurato la diffusione in tutto il globo. Gli architetti di questa follia imperiale hanno un rapporto simbiotico con quelli che professano di odiare. I due estremismi radicali – gli interventisti presso l’apparato della sicurezza nazionale e i jihadisti radicali – giocano tra loro lo spareggio nel consentire atti sempre più gravi di barbarie. Quanto più perfido il tuo nemico, tanto più il tuo estremismo è giustificato. Siamo bloccati in una danza macabra con gli assassini che abbiamo creato e incoraggiato, accoppiando crimine di guerra a crimine di guerra, tortura a tortura e assassinio ad assassinio. Questa violenza sfrenata è un impeto sinistro che sfugge alla gestione e al controllo. Esacerba la stessa insicurezza che afferma di tentare di eliminare creando costantemente legioni di nuovi nemici.

“Gli attacchi dei droni eliminano, certo, alcuni cattivi figuri, ma uccidono anche un gran numero di civili innocenti”, sostiene un ex vicecapo missione statunitense in Yemen. “Considerata la struttura tribale dello Yemen, gli Stati Uniti generano grosso modo da quaranta a sessanta nuovi nemici per ogni agente AQAP [al-Qaida nella Penisola Arabica] ucciso da droni”.

La visione binaria del mondo immaginata da ideologi di destra quali Richard Pipesdurante la Guerra Fredda, definita come una lotta alla morte contro il comunismo senza dio, è stata re-immaginata dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e da neoconservatori statunitensi quali Mike Pompeo, John Bolton, Fred FleitzRobert Kagan, Steve Bannon, William Kristol, Paul Wolfowitz e Donald Rumsfeld e dal leader della destra cristiana, tra cui Gary Bauer e William Bennett, per diventare una lotta alla morte tra la “barbarie” dell’Islam e l’etica “civilizzata” dell’occidente giudeo-cristiano. E’ un cambiamento d’insegna della Guerra Fredda, così utile per le forze retrograde del capitalismo nel reprimere il dissenso popolare e così redditizia per l’industria degli armamenti. Le sue voci di maggior spicco sono un bizzarro insieme di ideologi neofascisti e di impostori teorici cospirazionisti quali Bannon, Sean Hannity, Stephen Miller e Pam Geller, che afferma che Barack Obama è il figlio illegittimo di Malcom X.

Questa ideologia, come l’ideologia dell’anticomunismo, cancella non solo la storia, ma anche il contesto. Quelli che si oppongono a noi sono rimossi dal regno della razionalità. Sono considerati incomprensibili. Il loro odio non ha giustificazione. Sono incarnazioni umane del male che vanno sradicate. Ci disprezzano per i nostri “valori” o perché sono mossi da una forma perversa di Islam. Il non porre questi conflitti in contesto, come scrive Blumenthal, il non esaminare la nostra complicità nell’alimentare una rabbia giustificabile, persino furore, ci condanna alla perpetua incomprensione e alla guerra perpetua. La nostra reazione consiste nell’impiegare livelli di violenza sempre maggiori che non fanno che espandere l’estremismo in patria e all’estero. Questo progetto demente, come scrive Blumenthal, fa crollare “il fragile spazio nel quale sopravvivono società multiconfessionali”. Biforca lo spazio politico in forme concorrenti di estremismo tra i jihadisti e i contro-jihadisti. Crea una strana e persino comoda “simbiosi mutuamente rafforzantesi” che dipende “su un senso di antagonismo in costante intensificazione”.

I metodi usati su un pubblico diffidente dallo stato della sicurezza nazionale, specialmente dall’FBI e dalle agenzie dei servi segreti, per giustificare e far progredire queste guerre sono sempre più disgustosi. Mussulmani, molti sofferenti di disabilità emotive e mentali, sono adescati dalle forze dell’ordine in piani “terroristici” che pochi di loro avrebbero potuto concepire o organizzare da soli. Gli arresti e le repressioni molto pubblicizzate di questi “piani terroristici” nascenti esagerano la presenza di jihadisti radicali nel paese. Mantengono la paura a un livello febbrile tra la popolazione statunitense. Trevor Aaronson, autore di ‘Terror Factory: Inside the FBI’s Manufactured War on Terror’  [Fabbrica del terrore: la guerra al terrorismo fabbrica dall’FBI vista dall’interno], ha scoperto che quasi la metà dei processi per terrorismo tra l’11 settembre 2001 e il 2010 ha implicato informatori, tra cui con passati criminali, pagati fino a 100.000 dollari dall’FBI. Aaronson ha indicato che nell’ultimo anno dell’amministrazione di George W. Bush il governo non ha processato nessun arrestato in una “retata” terroristica. Ma tali retate sono esplose sotto Barack Obama, una tattica che Blumenthal descrive come “mirata a presentare l’amministrazione dura contro il terrorismo come qualsiasi repubblicana”; l’amministrazione Obama  “ha annunciato un arresto derivante da una retata di terroristi ogni sessanta giorni”. Questo ha suggerito, scrive Aaronson, “che c’è un mucchio di terroristi incapaci negli Stati Uniti o che l’FBI è diventato molto efficace nel creare lo stesso nemico cui sta dando la caccia”.

Quanto più lunga e confusa diventa la “guerra al terrore”, in corso da quasi due decenni, tanto più irrazionale diviene il nostro discorso nazionale. Le narrazioni paranoiche e razziste dell’estrema destra hanno avvelenato il dialogo prevalente. Questi tropi razzisti sono ripetuti dalla Casa Bianca, da membri del Congresso e dalla stampa.

“L’islamofobia è diventata il linguaggio di un impero ferito, il ruggito gutturale della sua malevola violenza riportato dalle sabbie dell’Iraq e dai passi montani dell’Afghanistan e diretto contro la moschea lungo l’autostrada, contro gli hijabi nelle file alle casse, contro il sikh dietro il registratore di cassa, contro i vicini che paiono simili al Nemico”, scrive Blumenthal.

Partiti di estrema destra stanno cavalcando questa islamofobia rampante, alimentata da fallimenti catastrofici in Medio Oriente, per arrivare al potere in Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Polonia e Ungheria. Questo odio tossico è anche il tema centrale dell’amministrazione Trump, che demonizza i mussulmani, specialmente i profughi mussulmani, e cerca di impedire loro di entrare negli Stati Uniti.

L’arrivo di milioni di profughi mussulmani in Europa da stati quali Libia, Siria (che da sola ha prodotto un milione di profughi in Europa), Iraq e Afghanistan ha enormemente rafforzato l’attrattiva dei neofascisti europei. Quasi il 73 per cento dei britannici che hanno votato perché la loro nazione lasciasse l’Unione Europea hanno citato l’arrivo dei migranti come il loro motivo più importante per appoggiare il referendum.

I jihadisti radicali hanno a lungo manifestato il desiderio di cancellare lo spazio democratico in occidente. Sono consapevoli che il taglio delle libertà civili, lo svuotamento delle istituzioni democratiche, specialmente del sistema giudiziario, e l’odio aperto nei confronti dei mussulmani mettono nelle loro mani i mussulmani dell’occidente. Tali condizioni accrescono anche le cantonate militari degli Stati Uniti e dei loro alleati all’estero, offrendo ai jihadisti una provvista costante di nuove reclute e di stati falliti dai quali possono operare. La strategia jihadista sta funzionando. Nell’anno prima delle elezioni presidenziali del 2016, la violenza contro mussulmani negli Stati Uniti è esplosa, comprendendo sparatorie e attacchi incendiari contro moschee. La disapprovazione pubblica nei confronti dei mussulmani, secondo sondaggi d’opinione, è a un livello record.

Il Partito Democratico, aderendo all’interminabile crociata dello stato della sicurezza nazionale nel nome dell’intervento umanitario, è altrettanto complice. L’amministrazione Obama non solo accelera le operazioni sotto copertura negli Stati Uniti contro supposti terroristi ma, nelle sue operazioni all’estero, ha accresciuto l’utilizzo di droni militarizzati, inviato altri soldati in Afghanistan e stupidamente rovesciato il regime di Moammar Gheddafi in Libia, creando ancora un altro stato fallito e un rifugio sicuro per i jihadisti.

I jihadisti radicali, in un’ironia non mancata da Blumenthal, sono spesso armati e incoraggiati deliberatamente dall’apparato statunitense della sicurezza nazionale, assieme a Israele, come un modo per esercitare pressioni o rovesciare regimi considerati antagonisti a Israele e agli Stati Uniti. Il segretario di stato di Obama, John Kerry, in un audio trapelato da una riunione a porte chiuse con attivisti dell’opposizione siriana, ha ammesso che gli Stati Uniti avevano usato lo Stato Islamico come strumento per premere sul governo siriano. Ha anche riconosciuto che la complicità di Washington nella crescita dell’IS in Siria è stata la causa principale dell’intervento russo nel paese.

In un editoriale d’apertura del 2016 intitolato “La distruzione dello Stato Islamico è un errore strategico”, Efraim Inbar, direttore del Centro di Studi Strategici Begin-Sadat, ha sostenuto che “l’occidente dovrebbe perseguire l’ulteriore indebolimento dello Stato Islamico, ma non la sua distruzione”. Ha affermato che l’occidente dovrebbe sfruttare l’IS come uno “strumento utile” nella lotta contro l’Iran e il suo delegato, Hezbollah. “Un IS debole è, contro intuitivamente, preferibile a un IS distrutto”, ha concluso Inbar. Ha proseguito appoggiando il prolungamento del conflitto in Siria, affermando che l’esteso bagno di sangue settario produrrebbe un “cambiamento positivo”.

In precedenza nel 2016 l’ex ministro israeliano della difesa Moshe Ya’alon aveva detto analogamente: “In Siria, se la scelta è tra l’Iran e lo Stato Islamico, io scelgo lo Stato Islamico”.

Israele cerca di creare zone cuscinetto tra sé e Hezbollah nel sud del Libano. Considera un mortale nemico la confinante Siria, a causa della sua alleanza con l’Iran. La soluzione è consistita nell’indebolire questi tradizionali nemici dando temporaneamente potere a jihadisti sunniti radicali e ad al-Qaida. Ci sono numerose notizie dell’uso israeliano, assieme agli Stati Uniti, dell’aviazione e dell’esercito in Siria per aiutare gli stessi jihadisti che Washington e Gerusalemme affermano di voler cancellare dalla faccia della terra.

Questo pantano ingestibile, sostiene Blumenthal, ha condotto direttamente alla demonizzazione della Russia. La retorica anti-interventistica di Trump, per quanto insincera, ha innescato quello che Blumenthal definisce un “feroce isterismo” tra le élite della politica estera. Trump definisce un errore l’invasione dell’Iraq. Contesto l’armamento di jihadisti siriani e l’impiego di forze statunitensi in Siria. E’ critico della NATO. Al tempo stesso ha sollecitato relazioni migliori con la Russia.

“Unendosi a quelli del vicolo cieco della campagna elettorale della Clinton, alla ricerca disperata di deflettere la loro schiacciante sconfitta, i mandarini dello stato della sicurezza nazionale hanno attivato i loro contatti nei media per generare la narrazione della collusione Trump-Russia”, scrive Blumenthal. “Il furore del Russiagate è nato dalla disperazione postelettorale di élite liberali e della sicurezza nazionale. L’indignazione nazionale ha sostituito la Russia all’ISIS come nuovo demonio popolare del paese e ha dipinto Trump come il candidato della Manciuria del presidente russo Vladimir Putin”.

“Quasi da un giorno all’altro, centinaia di migliaia di liberali si sono presentati a manifestazioni postelettorali con cartelli che mostravano Trump in abbigliamento russo e circondato da simboli sovietici di falce e martello”, scrive Blumenthal. FBI e comunità dei servizi segreti, organizzazioni che hanno a lungo spiato e molestato la sinistra e spesso i liberali, sono diventati eroi popolari. La NATO, strumento usato per destabilizzare il Medio Oriente e aggravare le tensioni con la Russia a causa della sua espansione in Europa orientale, è divenuta sacrosanta.

“Nella sua ossessione per la supposta interferenza di Mosca, l’élite del Partito Democratico ha entusiasticamente riabilitato i neoconservatori dell’era Bush, accogliendo nei ranghi della cosiddetta ‘resistenza’ il fondatore del PNAC (Progetto per il Nuovo Secolo Statunitense) William Kristol e l’autore dell’asse del male’ David Frum”, scrive Blumenthal. “Il Centro per il Progresso Statunitense, lo studio semiufficiale di esperti del Partito Democratico, ha consolidato l’alleanza liberali-neoconservatori forgiando un’associazione operativa formale con l’America Enterprise Institute, il nido dei neoconservatori bellici dell’Iraq, per ‘opporsi’ alla Russia”.

Quelli che nei media alternativi contestano la narrazione russa e i cronici disastri imperiali, in questa nuova versione della Guerra Fredda sono marchiati come agenti di una potenza straniera e attaccati con algoritmi da Google, Facebook, YouTube e Twitter per deviare gli utenti dal leggere o ascoltare le loro critiche. Politici quali Bernie Sanders e il leader del Partito Laburista Jeremy Corbyn, che respingono la brama di guerra sono diffamati con la stessa nefasta accusa. E’, come scrive Blumenthal, un tentativo disperato dell’industria bellica e degli interventisti di mascherare la maggior cantonata strategica della storia statunitense, una che segnala la fine dell’egemonia statunitense.

“Di fronte al proprio fallimento, le élite della sicurezza nazionale degli Stati Uniti sono riusciti a progettare una nuova Guerra Fredda, scommettendo che il conflitto riacceso preservi la loro gestione della barbarie all’estero e rimandi la resa dei conti che meritano in patria”, conclude Blumenthal.

Lo stato dell’industria, con la sua legittimità a brandelli, cerca di spaventarci al fine di conservare il suo controllo sulle istituzioni economiche, politiche e militari. Ha bisogno di nemici mortali, fabbricati o reali, in patria o all’estero, per giustificare la propria esistenza e mascherare la propria mala gestione e corruzione. Questa narrazione di paura è quella che Antonio Gramsci chiamò una “dottrina di legittimazione”. Non si tratta di renderci sicuri – in realtà le politiche perseguite dallo stato ci rendono più insicuri – ma di indurci ad arrenderci alla volontà delle élite. Quanto più crescono disuguaglianza e ingiustizia, tanto più la dottrina della legittimazione sarà utilizzata per mantenerci impauriti e accondiscendenti. La dottrina fa sì che i nemici degli Stati Uniti non siano mai distrutti, ma cambieranno e si espanderanno; sono troppo utili per permettere che scompaiano. Significa che il linguaggio principale dello stato sarà la paura. Quanto più a lungo lo stato della sicurezza nazionale gioca questa partita, tanto più fascisti sono assicurati gli Stati Uniti.

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://www.truthdig.com/articles/reckoning-with-failure-in-the-war-on-terror/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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