La sera del 7 settembre 1952 tutte le luci di Broadway vennero spente e la strada dei teatri di New York rimase buia e in silenzio. Non era mai successo: il giorno prima era morta una regina, era morta Gertrude Lawrence.
Probabilmente non conoscete questo nome e neppure il suo viso, dalla bellezza così irregolare. O la sua voce calda e penetrante. Eppure Gertrude Lawrence è stata una delle più grandi attrici e cantanti del Novecento. Per lei, perché fosse proprio lei a cantare le loro canzoni, scrissero Noël Coward, i Gershwin, Cole Porter, Kurt Weill, Rodgers e Hammerstein. Per trent’anni, dagli inizi dei Roaring Twenties fino a quando morì, Gertrude ispirò alcune delle pagine più belle del teatro musicale di qua e di là dell’Atlantico.
Era nata a Londra il 4 luglio 1898, era poco più giovane di altri due attori inglesi, due comici e saltimbanchi, Stan Laurel e Charlie Chaplin, che come lei avevano debuttato negli spettacoli di varietà dei teatri popolari di Londra. Gertrude è una ballerina di fila, che, a differenza degli altri due, non era riuscita ad andare in America negli anni avventurosi in cui nasceva il cinema. Gertrude rimane a Londra, continua a cantare e a ballare nelle riviste prodotte da André Charlot e finalmente nel 1921 arriva il colpo di fortuna. Beatrice Lillie si ammala e Charlot scrittura Gertrude come protagonista del suo nuovo spettacolo, A to Z, accanto a Jack Buchanan. In quello spettacolo di successo Gertrude spicca per la sua interpretazione di Limehouse Blues.
Gertrude e Noël Coward si erano conosciuti da ragazzini, alla prestigiosa scuola di teatro di Italia Conti, una celebre attrice inglese, figlia del cantante d’opera Luigi Conti, che aveva partecipato alla spedizione dei Mille e poi si era trasferito a Londra, dove si era sposato. Gertrude e Noël rimarranno legati tutta la vita, in un rapporto a volte conflittuale, ma sempre molto forte. Coward scrive nel ’23 la sua prima rivista per Charlot, con Gertrude come protagonista: è un successo, tanto che ne viene commissionata subito una seconda, che viene fatta debuttare anche a Broadway.
Anche Gertrude adesso è arrivata in America. E’ un successo dopo l’altro, un critico molto temuto, soprannominato il “macellaio di Braodway”, scrive di lei

è la personificazione dello stile e della sofisticatezza, l’ideale della star!

L’8 novembre 1926 debutta a New York Oh, Kay!: è la prima volta che un’attrice inglese è la protagonista di un musical a Broadway. George e Ira Gershwin hanno scritto per lei questo lavoro. Durante le prove, George acquista in un negozio di giocattoli di Philadelphia una bambola di stracci: da sola in scena, ballando con quella bambola, Gertrude canta uno dei capolavori dei Gershwin, Someone to watch over me.
Il personaggio interpretato da Gertrude è il primo di una serie che segnerà la carriera di questa grandissima attrice. Kay è una donna forte, indipendente, che distilla alcolici di contrabbando. I Gershwin scelgono questo nome perché vogliono fare un omaggio a Kay Swift, la prima donna che ha composto un musical. Oh, Kay! è un successo: 256 recite a Broadway e 213 nel West End.
Nel 1930 Gertrude e Coward recitano insieme in Vite private, che Noël ha scritto per loro due, così come Tonight at 8.30, un ciclo di dieci atti unici. Nel 1933 debutta a Londra Nymph errant che Cole Porter ha scritto pensando a lei, l’unico musical che realizza esclusivamente per il teatro inglese. Nymph errant – che Porter considera il proprio capolavoro – verrà rappresentato per la prima volta negli Stati Uniti nel 1982 e, anche se la 20th Century Fox aveva acquistato i diritti negli anni Trenta, non è mai stato realizzato un film.
Nymph errant è la storia di una giovane inglese che, lasciato il collegio di Losanna, viaggia per l’Europa, dalla Svizzera alla Francia, da Venezia ad Atene, con l’obiettivo dichiarato di perdere la propria verginità. E, nonostante i suoi sforzi, non ci riesce, per la manifesta incapacità degli uomini dell’alta società, che parlano molto, ma concludono poco: dovrà tornare ad Oxford per riuscire nella sua impresa, grazie a un giovane giardiniere. La canzone più celebre dell’opera, Experiment, invita le ragazze a sperimentare, a essere curiose. In tutti i campi. Proprio come fece Eva quella volta della mela. Questa canzone invita le donne, tanto più quando sono giovani, a essere protagoniste della propria vita, senza dipendere da nessun altro. Decisamente troppo per l’America degli anni Trenta. E forse anche per i nostri tempi.
Nel 1940 Kurt Weill e Ira Gershwin scrivono per lei Lady in the dark. Per Gertrude ancora il ruolo di una donna forte, la direttrice di una grande rivista di moda, una donna che decide con quali uomini stare, che è pronta a tradire quello che dovrebbe sposare con un uomo più giovane. Per Gertrude un altro successo a Broadway – The saga of Jenny sarà un’altra delle sue più celebri interpretazioni – ma un altro rifiuto a Hollywood: questa volta il film verrà fatto, ma senza le canzoni di Weill e Gershwin e con un altro tono. E con la più rassicurante Ginger Rogers.
Intanto è scoppiata la seconda guerra mondiale e nel 1944 Gertrude ottiene il permesso di volare in Gran Bretagna per fare alcuni spettacoli per le truppe. Viene imbarcata in un volo diplomatico, insieme a Beatrice Lillie. Arriva a Londra nel maggio del ’44 e appena atterrata, dopo un volo di trentasei ore, si esibisce immediatamente di fronte alle truppe americane e inglesi che da lì a poco parteciperanno all’Operazione Overlord. E anche Gertrude sbarcherà in Normandia, seguendo le truppe in Europa, per partecipare a spettacoli in cinema e teatri francesi distrutti dai bombardamenti.
Alla fine della guerra Gertrude interpreta Eliza in Pigmalione: questa volta un testo collaudato, una scelta sicura. Bernard Shaw non approva la scelta: Gertrude è troppo vecchia per il ruolo. A dire il vero non era un problema anagrafico: Eliza non era un personaggio per Gertrude, non era una delle donne che lei aveva sempre rappresentato, era una succube che alla fine cede al professor Higgins. Lo spettacolo ha comunque successo, ma Gertrude vuole qualcosa di più.
Così torna in Gran Bretagna e la scrittrice Daphne du Maurier, l’autrice di Rebecca, la prima moglie, scrive per lei September tide, la storia di una donna della Cornovaglia che fa innamorare il genero. Un’altra delle donne forti di Gertrude, delle donne che scelgono. E anche una nuova, intensa, storia d’amore per Gertrude: con Daphne.
Gertrude torna negli Stati Uniti e qui Rodgers e Hammerstein scrivono per lei Il re e io, che debutta a Broadway il 29 marzo del 1951. A giugno vengono assegnati i Tony: miglior musical e miglior attrice protagonista. Un’altra donna dal carattere volitivo e fermo per Gertrude, l’istitutrice inglese Anna Leonowens, indipendente, padrona del proprio destino, che sa tenere testa a un re. Gertrude spera che Il re e io diventerà un film e lei è pronta finalmente per questa nuova avventura a Hollywood, l’unica che ancora le manca nel mondo dello spettacolo.
Ma Gertrude ha un cancro, per quanto non ancora diagnosticato, e recitare diventa sempre più faticoso: lo spettacolo dura più di tre ore e il magnifico vestito del secondo atto, con cui balla insieme a Yul Brinner nel numero più famoso del musical, cantando Shall we dance?, pesa trentaquattro chili. In estate deve rinunciare alle due pomeridiane settimanali e quindi interpreta Anna “solo” nelle sei recite serali. In autunno riprende le otto recite settimanali, ma a dicembre deve smettere per una settimana. I mesi successivi saranno un alternarsi continuo di ricoveri e di spettacoli.
Intanto nel settembre del 1951 ha accettato un incarico alla Columbia University, alla School of dramatic art. Il 28 settembre, il giorno della sua prima lezione, la diva che aveva calcato le scene migliaia di volte, ebbe un attacco di panico, di fronte agli studenti della classe 107. Alla Columbia University, alla notizia della morte di una propria insegnante, le bandiere vengono calate a mezz’asta, in segno di lutto.
Gertrude viene sepolta vestita con il magnifico abito di scena del suo ultimo spettacolo: degno di una regina. Certo era morta la regina del teatro, ma soprattutto era morta una donna, curiosa e furiosa: nessuna mela era mai troppo in alto per lei.

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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