Mario Lombardo

La proposta di fusione tra Fiat Chrysler (FCA) e Renault ha scosso questa settimana l’industria dell’automobile e gli ambienti finanziari internazionali. Se l’affare dovesse andare in porto, le due compagnie formerebbero un’unica entità con vendite annuali complessive inferiori solo a Toyota e Volkswagen. A dare impulso all’iniziativa partorita da John Elkann è il desiderio, anzi la necessità, di consolidare le operazioni delle due compagnie, ampliare le rispettive quote di mercato e ridurre i costi, il tutto con l’improbabile impegno di preservare le attuali unità produttive e ogni singolo posto di lavoro.

Come ha spiegato una recente analisi pubblicata da Bloomberg News, l’idea della possibile fusione nasce sostanzialmente dalla “disperazione” delle due compagnie. Una considerazione, quest’ultima, apparentemente illogica, visto che FCA e Renault continuano in generale a produrre utili e non sono in nessun modo sull’orlo del collasso. Tuttavia, in prospettiva futura e alla luce dei cambiamenti del mercato automobilistico, diventa sempre più importante attuare strategie per affrontare il continuo calo delle vendite e l’aumento dei costi legati agli investimenti per lo sviluppo di auto elettriche o semplicemente più efficienti.

Molti commentatori hanno fatto così notare come le caratteristiche delle due compagnie siano per certi versi complementari. FCA è ad esempio in ritardo sul fronte dell’elettrico, a differenza di Renault, mentre vanta una crescente presenza sul mercato nordamericano, soprattutto nel segmento SUV e pick-up, dove la compagnia francese è invece decisamente più debole.

L’accordo, se accettato dal consiglio di amministrazione di Renault, dovrebbe produrre risparmi pari a ben 5 miliardi di euro, attraverso una serie di “sinergie” che, secondo le informazioni contenute nel comunicato ufficiale della fusione, spaziano dalla razionalizzazione degli acquisti a quella del settore “ricerca e sviluppo”.

Sempre secondo Bloomberg, questi numeri suggeriscono un certo scetticismo, poiché le voci elencate da FCA e Renault potrebbero produrre forse non più di 3,5 miliardi di euro di risparmi. La questione centrale potrebbe diventare perciò quella della chiusura di qualche sito produttivo di una o entrambe le compagnie, vale a dire ricorrendo al metodo “tradizionalmente più rapido e doloroso” per ridurre i costi nell’industria dell’auto.

Da queste stime e dai precedenti del settore, l’impegno a salvaguardare i livelli odierni di occupazione di FCA e Renault appare dunque poco credibile. Che esso sia stato comunque preso esplicitamente dai vertici delle due compagnie è però comprensibile. Per cominciare, l’eventuale fusione coinvolgerà necessariamente i governi di Italia e Francia, non solo perché quello di Parigi detiene il 15% di Renault.

In un clima sociale già infuocato, è evidente che nessun politico intende sostenere un accordo che preveda un bagno di sangue dal punto di vista occupazionale. Infatti, ambienti vicini al presidente francese Macron e lo stesso Matteo Salvini hanno accolto positivamente la notizia, avvertendo però della necessità di evitare licenziamenti o chiusure di impianti produttivi.

Per quanto riguarda soprattutto FCA e il mercato USA, inoltre, le trattative per l’affare con Renault sono in corso a pochi mesi dalla scadenza del contratto del settore automobilistico che coinvolge più di 150 mila lavoratori di questa stessa compagnia, così come di Ford e General Motors. Come già avvenuto in occasione dei precedenti rinnovi, lo scontro tra i vertici aziendali e i lavoratori, spesso opposti ai loro sindacati, si preannuncia durissimo e le notizie di possibili future chiusure e licenziamenti renderebbero i prossimi negoziati ancora più complessi.

A conferma di queste implicazioni, va ricordato che, prima di Renault, FCA aveva valutato il gruppo Peugeot (PSA) per una possibile fusione. L’ipotesi era apparsa da subito complicata, perché avrebbe dovuto includere l’annuncio ufficiale di tagli all’occupazione e la chiusura di vari stabilimenti. Di fronte alla prospettiva di provocare fortissime resistenze tra politici e sindacati, FCA aveva alla fine preferito sondare il terreno con un’altra compagnia.

FCA, in ogni caso, non si farà alcuno scrupolo a procedere con i programmi di ristrutturazione che questa settimana ha escluso nell’eventualità di una fusione “alla pari” con Renault. Nel 2011, due anni dopo la fusione con Chrysler, la FIAT decise ad esempio la chiusura definitiva dello stabilimento di Termini Imerese, liquidando quasi 1.600 posti di lavoro. Più recentemente, FCA ha poi licenziato migliaia di lavoratori in Nordamerica, inclusi circa 1.400 nel mese di febbraio presso l’impianto di Belvidere, nello stato dell’Illinois.

L’occasione dell’intesa con Renault, secondo alcuni, potrebbe fornire l’occasione per FCA di ridimensionare in particolare le proprie operazioni in Europa, dove si concentra un terzo della sua manodopera ma una frazione decisamente inferiore dei profitti globali. D’altra parte, svariati impianti di FCA nel vecchio continente stanno già operando al di sotto del 50% delle proprie capacità.

Al di là di proclami e promesse, d’altronde, ciò che conta e non promette nulla di buono per i lavoratori del settore auto è il contesto internazionale nel quale stanno avendo luogo fusioni e accordi vari tra le principali compagnie. La tendenza è appunto quella di unire le forze per creare gruppi sempre più grandi in grado di far fronte al rallentamento delle vendite e di sostenere la crescente concorrenza internazionale. Questi processi stanno avvenendo, sotto le pressioni di banche e colossi finanziari, sulle spalle dei lavoratori, costretti a pagare con licenziamenti o, quanto meno, con drastici ridimensionamenti delle loro condizioni di vita e di lavoro.

Un ulteriore potenziale ostacolo alla fusione FCA-Renault è infine la partnership, spesso complicata, che la compagnia francese ha in essere con la giapponese Nissan e l’affiliata Mitsubishi. La relazione è sbilanciata a favore di Renault, nonostante Nissan venda un numero nettamente più alto di autovetture a livello mondiale.

La compagnia giapponese non si è ancora espressa sulla proposta di FCA, ma tutto fa pensare che Nissan-Mitsubishi e Renault siano destinate ad allontanarsi. Voci di una fusione tra queste due compagnie erano circolate nel recente passato, soprattutto dopo l’incriminazione e l’arresto del CEO, Carlos Ghosn. Una volta appurate le resistenze di Nissan, però, il nuovo numero uno di Renault, Jean-Dominique Senard, ha iniziato a cercare una possibile alternativa, aprendo così alla proposta di John Elkann e di FCA.

http://www.altrenotizie.org/primo-piano/8472-fca-renault-i-sospetti-della-megafusione.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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